18 maggio 2019

Non si può correre contro il tempo. A Venezia, le pause di riflessione di Mortalia Dement

 

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Le soiree alla galleria di Maria Livia Brunelli sono ormai un appuntamento fisso a Ferrara. Stavolta però in occasione della mostra “Mortalia Dement”, la home gallery si trasferisce momentaneamente a Venezia, a palazzo Martinengo, luogo storico per la prima volta aperto al pubblico, dove visse Mariano Fortuny, pittore, fotografo, scenografo ed esperto di tessuti, ora di proprietà della marchesa Maria Giuseppina Sordi
Qui, tra le volte settecentesche, i “merletti” veneziani, non solo attratti dall’esposizione ma anche dalla personalità eccentrica della Brunelli, la “Peggy” italiana, ci si ritrova a cena con tavole imbandite con gusto e semplicità ma sempre innaffiate da ottimo vino. È il nuovo salotto dell’arte contemporanea dove, grazie alla convivialità innata di Fabrizio e Livia, si trascorre del tempo a chiacchierare di arte e di progetti di mostre, dove lo scambio autentico di esperienze avviene in modo spontaneo. Non a caso, durante la Biennale d’arte è stato il punto di ritrovo per giornalisti (Tonelli, Leonardis, Salsi, Naldi) e critici, collezionisti (Fasol, Lomonaco, Piccioni, Piazza), esperti vari, artisti, scrittrici (Ferrario), personalità del mondo dell’arte (Adele Re Rebaudengo e Maria Gabriella Rinaldi, Presidente del Guggenheim Circle) e del mondo giuridico (Dalle Rose), docenti (Pasi) e amici nuovi come i Biasca Caroni (promotori dell’archivio Luigi Pericle di Ascona).
Le occasioni però sono sempre delle mostre sui generis, come questa, che si sviluppa sul modello di una “corsa contro il Tempo” e il cui titolo, “Mortalia dement”, suggerito dalla nonna della proprietaria, la Contessa Ina Nani Mocenigo, rappresenta proprio il motto della famiglia. 
I prodotti anti-age raccolti negli anni e poi ricoperti di filo rosso sono stati installati da Ketty Tagliati in forma di rosa su una parete del palazzo con l’affaccio sul Canal Grande. Matteo Valerio recupera antichi corredi e pigmenti, anche per offrire una chance di ripresa economica a quei Paesi che, per colpa di un ordine sovrimposto, subendo feroci scelte politiche ed economiche sono destinati a essere sfruttati. Hiroyuki Masuyama assembla più stagioni attraverso le immagini di prati o alberi in un’unica light-box. Bertozzi & Casoni, con la maestosa opera in ceramica, Waiting, che riavvolge il nastro in una sorta di volta celeste dedicata al tema natale di Rotkho, l’artista morto suicida. Hans Op de Beeck costruisce tavole o mini banchetti imbanditi di nature morte ma composte non soltanto da frutti. C’è il teschio che si ricollega a quell’iconografia del memento mori che ha avuto un ruolo cardine nella pittura soprattutto del cinque-seicento. «Le opere – come sostiene Sordi in catalogo – sono legate tra loro dal fil rouge della riflessione sul tempo che trasforma e modifica, consuma e dissolve». 
In un momento storico caratterizzato da un modus vivendi frenetico, la mostra, anche nella contemplazione del luogo che la ospita, offre un attimo di pausa, una parentesi dal sapore sospeso. (Anna De Fazio Siciliano)

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