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BOAA, la Biennale di arte australiana ideata da Julie Collins, si è dimostrata un progetto forse troppo ambizioso, chiudendo in deficit e senza riuscire a pagare molti degli artisti partecipanti.
Il festival, descritto come «la più grande vetrina di artisti australiani», era stato inaugurato nell’autunno del 2018 e aveva in programma l’esposizione di più di 1500 opere di arte visiva e alcuni spettacoli, sparsi in oltre 60 diversi siti di Ballarat (Victoria), allo scopo di incrementare e rinvigorire il turismo della città.
Collins, ex curatrice della Biennale di scultura di Lorne, trasferitasi a Ballarat aveva subito pensato che fosse il luogo perfetto per lanciare un festival in stile europeo e, per il suo progetto, era riuscita ad ottenere finanziamenti dallo stato e dai governi locali, per un totale di 365mila dollari.
Le vendite dei biglietti, però, si sono rivelate nettamente inferiori alle attese e se alla prospettiva troppo ottimistica si aggiunge il fatto che molti eventi fossero gratuiti, allora è facile capire come mai il festival abbia chiuso i suoi bilanci in rosso.
Già alla fine di ottobre era chiaro che i conti non stavano tornando ma soltanto al termine della manifestazione agli artisti fu comunicato che i pagamenti sarebbero stati posticipati. Dopo sei mesi dal termine di BOAA, dozzine di artisti – ma anche appaltatori e altri lavoratori coinvolti nel progetto – ancora non hanno ricevuto il loro dovuto compenso e affermano di aver ormai perso ogni speranza di essere pagati. Fra questi, Kim Anderson e Perth Tanya Schultz – verso il quale il debito ammonta a 21mila dollari.
Molti artisti si sono anche rivolti a NAVA-National Association for the Visual Art, chiedendo assistenza all’organizzazione.
Per cercare di colmare il deficit, nel frattempo, Collins si era impegnata a organizzare eventi e raccolte fondi ma senza ottenere risultati sufficienti. A poco è servito anche BarBOAA, un locale pop-up a Ballarat, in cui si vendevano vino e birra avanzati dal festival con l’intenzione dichiarata di utilizzare il ricavato per sanare il debito. Dopo tutti questi tentativi falliti, lo scorso 3 maggio la Collins ha dichiarato, attraverso un post sulla pagina Facebook di BOAA, che il festival è “in amministrazione”, una situazione simile alla bancarotta: «Come forse sapete, abbiamo fatto di tutto per raccogliere i fondi necessari per pagare tutti a causa della mancanza di entrate del nostro evento del 2018. Abbiamo organizzato raccolte di fondi e pop-bar, ricevuto donazioni da persone straordinarie e abbiamo avuto debiti generosamente cancellati da alcuni creditori e artisti». Il post continua, spiegando quanto doloroso sia stato doloroso per la Collins prendere questa decisione, necessaria, però, in vista di una possibile seconda edizione di BOAA, prevista per il 2020: «Come potete immaginare, siamo devastati da questa situazione, è sempre stata nostra intenzione assicurarci che tutti fossero pagati e di essere in grado di presentare BOAA 2020». Infine, prima di ringraziare partecipanti e collaboratori, si legge: «Ho potuto mostrare i migliori artisti di tutta l’Australia, è stato un vero riflesso dell’arte contemporanea australiana e sono orgogliosa e piena di ammirazione per tutti gli artisti che hanno contribuito». (Lucrezia Cirri)
Fonte: Artnet