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Ancora qualche settimana per godere della bellezza della mostra di Robert Mapplethorpe a Roma, a Palazzo Corsini. A conti fatti, una scommessa vinta quella della direttrice Flaminia Gennari Sartori che, mostra dopo mostra, sta riportando alla ribalta un luogo assai prezioso per la città ma sconosciuto ai più fino a qualche anno fa.
Le opere sono perfettamente integrate nel museo, le fotografie, scelte accuratamente dalla direttrice tra le tantissime dell’archivio, dialogano in maniera armonica con i dipinti delle sale, come se fossero esposte lì in maniera permanente.
La mostra vuole celebrare i 30 anni dalla morte del grande fotografo, che ci ha lasciato prematuramente. L’idea di questa mostra, a nostro avviso vincente, è stata quella di soffermarsi sulla figura del fotografo come collezionista di fotografie, di ceramiche ma anche di vetri italiani e altro. Un uomo, dunque, dai molteplici interessi, esattamente come il cardinale Neri, che creò la collezione che ancora vediamo e che visse in questo appartamento dal 1738 fino alla sua morte.
Come affermato dalla direttrice, non è casuale qui la presenza Mapplethorpe. La simmetria, l’euritmia, il controllo formale, sono le caratteristiche della quadreria del Settecento e sono anche le peculiarità del fotografo. Si capisce infatti da queste foto come fosse ossessionato dalla forma. «Abbiamo pensato a questa mostra – continua Gennari – considerando l’importanza di lui come ritrattista e volendo comprendere ancora meglio come si possa formare lo sguardo di un ritrattista contemporaneo, proprio in virtù del fatto che noi nel museo abbiamo una folta ritrattistica del passato».
Quello ci si vede in mostra è un fotografo molto diverso dal solito cliché a cui siamo abituati. Le tante fotografie di nudo infatti sono pressoché assenti ma non per un discorso di preclusione, semplicemente perché il dialogo con le altre opere riesce sicuramente meglio laddove sono evidenziati elementi più tradizionali, come i canoni stilistici conformi alle regole del ritratto. In mostra, 45 opere, collocate in modo consono e opportuno in ogni sala dell’appartamento, con alcuni connubi incredibilmente ben riusciti, come per esempio la foto di Lisa Lyon posta nell’alcova di Cristina di Svezia. Vicino al motto della regina, “nacqui libera, vissi libera e morirò liberata”, quale ritratto migliore della famosa culturista ritratta da sempre come manifesto di libertà fisica ed intellettuale?
La mostra si iscrive in una serie di eventi che provano a creare un connubio tra l’arte del passato e quella del presente, tenendo in opportuna considerazione entrambe, anche se «L’apertura al Contemporaneo – ha concluso la direttrice – è un mezzo assai efficace per entrare nella collezione, una strategia di guardare con occhi nuovi». (Sabrina Vedovotto)
In alto: Robert Mapplethorpe. L’obiettivo sensibile. Installation view at Galleria Corsini, Roma 2019. Photo Alberto Novelli