10 giugno 2019

Estuario è il nuovo spazio di Prato dove le acque si agitano. Ce ne parlano i protagonisti

 

di

Estuario si configura come occasione di incontro e collaborazione tra artisti, curatori e autori, riuniti dalla volontà di ragionare sulla dimensione attuale delle pratiche artistiche e di proporre una piattaforma di scambio, riflessione e produzione, aperta a un pubblico eterogeneo, tramite diversi formati laboratoriali ed espositivi, tra cui workshop con artista, talk e mostre. Ci raccontano tutto i protagonisti. 
Il gruppo nasce nel 2019 con una conformazione estremamente eterogenea, quali sono stati i motivi che vi hanno portato alla creazione di questo gruppo? 
Matteo Innocenti «Al termine del 2018 si è presentata un’occasione specifica, un avviso pubblico da parte del Comune di Prato finalizzato alla nascita di studi e residenze d’artista negli spazi di Officina Giovani. Abbiamo deciso di partecipare formando un gruppo, Estuario, otto persone in tutto tra artisti e curatori: Marina Arienzale, Serena Becagli, Francesca Biagini, Roberto Fassone, Matteo Innocenti, Dania Menafra, Enrico Vezzi, Virginia Zanetti. Direi che la composizione del gruppo non è risultata da criteri oggettivi ma dalla condivisione di una visione e di una sensibilità: pensare e praticare l’arte come un processo di costante sperimentazione, mantenendo un’impostazione aperta alle differenze nonché agli imprevisti. Da qui la definizione di Estuario come project space; non intendiamo questo luogo come un canonico spazio espositivo, ma come spazio di lavoro e come opportunità per avviare una serie di progetti variabili, relazionati alle arti visive e non solo». 
In pochi mesi avete già dato vita a una serie di proposte variegate, penso al laboratorio fare arte contemporanea e al progetto WHERE TO NOW?. Empiricamente parlando, come traducete questo suggestivo senso del “ribollire”, da cui etimologicamente derivate il nome di Estuario? 
Francesca Biagini: «L’etimologia della parola stessa aestuarium, “luogo dove le acque si agitano” si presta a molteplici interpretazioni in cui la lode del dubbio si rende necessità della dialettica. Su questi presupposti la riflessione e l’atto di interrogare la contemporaneità permettono una nuova forma di resistenza. Tutto ciò si riflette con la volontà di dare un maggior peso nei linguaggi contemporanei al fluire multidisciplinare come scelta di intenti in cui esprimere la libertà sperimentale contro gli strumenti di controllo che si nascondono nelle pratiche di definizione, incasellamento e settorializzazione». 
Come è stato strutturato nello specifico WHERE TO NOW?? 
Serena Becagli: «È il primo progetto con cui usciamo pubblicamente e nasce come risultato del primo workshop realizzato all’interno di Estuario. Abbiamo pensato di costruire insieme ai ragazzi che hanno partecipato al laboratorio fare arte contemporanea la prima mostra, il primo progetto, lavorando con gli artisti stessi di Estuario. Siamo partiti con degli incontri con i quattro artisti residenti. È stato un modo, anche per noi fondatori, per conoscerci meglio, e approfondire il lavoro di ciascuno. Negli incontri successivi ci siamo resi tutti co-curatori della mostra, ipotizzando, e definendo insieme agli artisti, gli interventi e l’allestimento degli spazi, oltre a trovare suggestioni per il titolo e per la grafica, che fossero in sintonia con i presupposti di Estuario e con le idee nate durante le giornate di lavoro». 
Avete in programma prossimi eventi? 
Francesca Biagini e Virginia Zanetti: «Il finissage di WHERE TO NOW? si terrà il 12 giugno con open studio e la possibilità di vedere la mostra collettiva tenutesi per l’opening. Durante il finissage avrà luogo l’azione collettiva Come un fiume/ Like a river di Virginia Zanetti, dove l’artista inviterà le persone a partecipare ad una performance corale il cui risultato resterà come opera permanente sul muro dell’edificio di Estuario. L’azione si svilupperà seguendo le regole di un gioco in cui lasciare una parola o una frase d’AMORE in controtendenza alla chiusura, la violenza del linguaggio politico e la razionalità sempre più totalizzante della tecnica e del mercato». 
Prato presenta un retroterra fertile per la scena artistica toscana, tanto da essere più attiva della vicina Firenze, sicuramente per quanto riguarda la presenza di esperienze e progetti artistici indipendenti, attivati da artisti e curatori. Come si inserisce Estuario in questo contesto? 
Serena Becagli «La presenza del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci contribuisce a rendere la città di Prato attiva e ricettiva, rispetto anche a proposte indipendenti. Ci ha fatto particolarmente piacere ricevere la visita di alcuni collaboratori del Centro Pecci, ma anche di altri colleghi proprio nel giorno dell’inaugurazione. Molti di noi collaborano, o hanno collaborato, con altre realtà pratesi; alcuni di noi si sono conosciuti proprio a Prato, lavorando insieme a mostre e progetti, e forse non è un caso che il nostro spazio mentale abbia trovato rifugio qua». 
Vorrei concludere con una domanda più ampia, forse generica, ma credo fondamentale. Perché aprire uno spazio (sia fisico che mentale) per riflettere sull’arte oggi? Quale esigenza sentite di poter rispondere tramite questo impegno? 
Roberto Fassone «C’è uno scopo molto preciso dietro l’apertura di Estuario. Come detto Estuario è composto da otto amici: il riff di Money For Nothing dei Dire Straits, una nuvola a forma di montagna, la montagna più bassa del mondo, Mattia Colpevoli, una coperta trasformata in una sedia, la divisione della gioia, la luce delle otto un quarto a Fiesole il due giugno 1997 e una motocicletta dieci HP (non cromata). Questi otto amici hanno fatto una promessa: non incontrarsi mai nella stessa stanza per assicurarsi che anche questo Natale un bimbo di nome Alfredo riceva almeno un regalo». (Alessandra Franetovich
In alto: WHERE TO NOW?, 2019, Estuario project space, Prato. Ph. Valeria Valluzzi

1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui