15 giugno 2019

Il museo più antico della Puglia riparte dal contemporaneo. Ecco il nuovo Castromediano

 

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150 anni di storia ma uno spirito tutto contemporaneo, a partire dalle fondamenta. Dal 22 giugno, gli spazi del Museo Sigismondo Castromediano di Lecce, il più antico museo pubblico della Puglia, saranno restituiti alla città, con una serie di interventi concepiti per permettere una fruizione innovativa dei 5mila metri quadrati di spazi espositivi completamente rinnovati. I restauri sono stati voluti dall’Assessorato all’industria turistica e culturale della Regione Puglia che, da circa un anno, con la nascita dei Poli Bibliomuseali e avvalendosi della collaborazione del Teatro Pubblico Pugliese-Consorzio Regionale per le Arti e la Cultura, ha assunto la cogestione della struttura, insieme alla Provincia di Lecce, proponendo così un originale modello di gestione. 
Il museo venne fondato nel 1868 da Sigismondo Castromediano, duca di Cavallino e nella sua collezione può annoverare numerose testimonianze della civiltà messapica e degli insediamenti romani, una sezione preistorica e dipinti che documentano gli influssi bizantini e veneziani sul lavoro degli artisti locali, dal medioevo fino al XVIII secolo. In effetti, gli ultimi anni erano stati piuttosto difficili per il museo, che giaceva in polverosa solitudine, ma la situazione era già stata ripresa nel 2018, con il progetto Musei Accoglienti e il passaggio all’Assessorato all’industria turistica e culturale. 
La visita inaugurale del 22 giugno si aprirà alle 21 con La Notte della Taranta, spettacolo ispirato agli iconici Bachi da setola di Pino Pascali. Le coreografie del corpo di ballo La Notte della Taranta, sulle note di Pizzica di Stifani, racconteranno il minimalismo mediterraneo, tra materiali pop e immaginario transmediale, del grande artista nato a Bari nel 1935. La serata sarà introdotta dall’intervento di Giuliano Volpe, del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, e dai saluti di Luigi De Luca, direttore del Polo bibliomuseale di Castromediano, con Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, Loredana Capone, assessore all’industria turistica e culturale della Regione Puglia, Stefano Minerva, presidente della Provincia di Lecce, Carlo Salvemini, sindaco della Città di Lecce, Thalita Vassali, direttore servizio gestione e valorizzazione dei musei e dei luoghi della cultura del MIBAC, Maria Piccarreta, soprintendente archeologia belle arti e paesaggio per le province di Brindisi Lecce e Taranto. 
Nelle sale del museo, si potranno vedere i Cinque bachi da setola e un bozzolo di Pascali, capolavoro della scultura internazionale del XX secolo. L’opera, tra le più significative dell’artista, è stata acquisita di recente dalla Regione Puglia, dalla Collezione Fabio Sargentini, per la Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare. L’opera si sposterà poi tra i grandi attrattori culturali regionali, tra i quali Castel del Monte e, al termine del viaggio, troverà definitiva collocazione nella sala dedicata della Fondazione Pascali a Polignano a Mare. 
Sempre nelle sale del nuovo museo, troveremo anche The Human Tools, film dell’artista Nico Angiuli, curato e promosso da Cittadellarte-Fondazione Pistoletto in stretta partnership con il Museo Sigismondo Castromediano. L’opera è tra i progetti vincitori della III edizione del bando Italian Council, concorso ideato dalla DGAAP-Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane del MIBAC. Angiuli partendo dal significato della parola robot, dal ceco robota, letteralmente schiavo o lavoratore forzato, sviluppa un’indagine sul corpo inteso come attrezzo, dallo schiavismo antico alle sex dolls dotate di AI, fino all’indottrinamento di stampo politico o industriale. 
La facciata del museo sarà poi deformata da Samar, un videomapping di Hermes Mangialardo che rappresenterà visivamente il viaggio musicale di Una terra, un mare, un popolo, concerto inaugurale diretto da Carolina Bubbico con Eliseo Castrignanò. Sempre da ascoltare ci sarà anche Memore Muto, serie di installazioni sonore negli spazi del museo, realizzate con il coordinamento di CoolClub. Ma lo spazio non poteva mancare per l’archeologia, citata dalla colonnina di Patù, lacerto di quella che doveva essere una colonnina votiva appartenente alla civiltà dei Messapi.

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