01 luglio 2019

In Iraq, la siccità fa emergere le antiche rovine della misteriosa città di Zakhiku

 

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Sono passati esattamente due anni dalla riconquista di Mosul, capoluogo iracheno del governatorato di Ninive, occupata nel giugno del 2014 dai miliziani dello Stato Islamico e liberata il 9 luglio 2017 dall’esercito iracheno e dalla resistenza dei curdi peshmerga, con il supporto delle forze speciali statunitensi. Oggi, la città fa fatica a ripartire dalle sue macerie ma, finalmente, arriva una buona notizia. Uno splendido palazzo dell’età del bronzo è riemerso nell’area del bacino idrico della diga a nord di Mosul, nella regione di Duhok, nel Kurdistan iracheno. 
L’edificio, che probabilmente faceva parte della mitica città di Zakhiku, è giunto a noi in ottime condizioni, al riparo delle acque del bacino che, una volta ritiratesi a seguito di un periodo di siccità, hanno rivelato il loro tesoro nascosto. Una scoperta dall’alto valore non solo archeologico ma anche simbolico. Tutti ricordiamo le immagini delle atroci violenze perpetrate dai jihadisti, che diedero al rogo i numerosi manoscritti della Biblioteca, alcuni dei quali inseriti nell’elenco di testi rari stilato dall’Unesco, distruggendo le moschee di Giona e al-Nuri e le millenarie mura di Ninive. 
Le mura delle stanze del Palazzo sono ricoperte da preziose pitture murali blu e rosse, difficili da reperire in edifici così antichi. Sono state ritrovate anche una decina di tavolette di argilla, i cui testi in scrittura cuneiforme sono in traduzione. Le ricerche potrebbero far luce su un impero ancora poco conosciuto, che ha dominato la regione dal 1500 al 1350 a.C. circa. 
Il sito, noto come Kemune, è noto ai ricercatori già dal 2010, quando il bacino aveva iniziato a restringersi. L’area era stata sommersa per la prima volta negli anni ’80, con la costruzione della diga di Mosul, progettata per fornire alla città energia idroelettrica e approvvigionamento idrico. L’Università di Tubinga in Germania e l’Organizzazione archeologica del Kurdistan hanno annunciato la scoperta giovedì scorso e l’archeologo Hasan Ahmed Qasim, l’ha definita «una delle scoperte archeologiche più importanti della regione negli ultimi decenni».
Qasim, membro della Direzione delle Antichità di Duhok, ha guidato il progetto insieme a Ivana Puljiz dell’Università di Tubinga. Per circa tre settimane e mezzo a settembre e ottobre, hanno lavorato febbrilmente per scavare il sito prima che le acque tornassero. «La ragione principale per cui abbiamo iniziato a scavare è stata la scoperta di pitture murali colorate sulla superficie del sito. Tuttavia, a quel tempo non sapevamo a che tipo di edificio appartenessero questi dipinti. Ciò è diventato chiaro solo dopo aver scavato i resti architettonici e aver realizzato quanto sono estesi», ha spiegato Puljiz al Washington Post. Il livello dell’acqua ha continuato a ritrarsi per ogni giorno della scavo e, alla fine, è emerso un monumentale muro a terrazza corrispondente alla parte occidentale del palazzo, che era stato completamente sommerso. Alla fine dei lavori, i resti del palazzo erano alti circa sette metri. 
I ricercatori credono che il sito possa risalire all’Impero Mittani, un regno che si estendeva attraverso la Mesopotamia settentrionale e la Siria. Le notizie sono scarse ma alcune scoperte archeologiche precedenti hanno suggerito l’ipotesi che i suoi re avevano rapporti gli egiziani e i babilonesi. Nel XIII secolo a.C., l’Impero Mittani entrò in una fase di declino e, alla fine, fu assorbito dai suoi più noti successori, gli Ittiti e gli Assiri. 
Ma rimangono ancora molti particolari da scoprire prima dell’inverno, quando il livello dell’acqua dovrebbe rialzarsi.

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