21 luglio 2019

La parabola di Dora Marr, al Pompidou di Parigi

 

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Tutti la conoscono di nome, ma pochi sanno che è stata una grande artista surrealista. Dora Maar, la musa e amante di Picasso, è la protagonista di una retrospettiva inedita al Centre Pompidou. Il tocco femminile delle due curatrici è evidente: vogliono mostrare la sua carriera da fotografa professionista negli anni ‘20, iniziata con ritratti di moda.
Il percorso, in ordine cronologico, mostra gli inizi di Dora presso il Comité des Dames, la prima scuola d’arte per donne a Parigi. Se le sue origini sono altoborghesi, fin da subito rivela il suo carattere indipendente e anticonformista, decidendo di aprire, con Pierre Kéfer, una agenzia di fotografia specializzata in moda e in pubblicità. Tra i committenti, un produttore di ferri per capelli, come dimostrano le numerose foto esposte con donne seminude e acconciature anni ‘30. La modella Assia, fotografata più volte completamente nuda, nel 1933, è la famosa musa degli artisti – solo uomini – del quartiere Montparnasse. Una scelta che permise a Dora di inserirsi nell’ambiente bohémien delle avanguardie e di affermarsi al pari dei suoi colleghi.
Le committenze allo studio Kéfer-Dora Maar diventarono un pretesto per sperimentare con fotomontaggi e prove chimiche sui negativi delle foto. Disegnava con colori le ciglia delle modelle o sottolineava le loro parti intime, in una pratica tra pittura, collage e sovrapposizione di più fotografie. Su alcune di esse arrivava a grattare la superficie del negativo, come se volesse sacrificare la stessa comprensione dell’immagine.
Tra il 1935 e il 1938, Dora fece parte del movimento surrealista, partecipando a tutte le mostre internazionali, lasciandosi pero un forte margine di indipendenza. Unica fotografa insieme a Man Ray, lasciò il segno con il fotomontaggio Le Simulateur (1935), collage di due diverse fotografie, una dell’Orangerie di Versaille, un porticato di cui “tappa” le arcate, e una di un bambino che si inarca verso l’indietro. Capovolgendo la volta del porticato, lo spazio diventa claustrofobico e misterioso. Fotografò, quindi, una seconda volta il collage per dare uniformità ai diversi pezzi e non avere la percezione del lavoro di forbice e colla ma di uno spazio realistico e ansiogeno. La sezione successiva è dedicata ai suoi reportage a Barcellona e a Londra, ritratti di denuncia sociale, inediti al pubblico. Il suo impegno politico è fortissimo, è un abbandono totale delle sue origini borghesi. Per Dora la fotografia era emancipazione, anche attraverso la scelta di ritrarre i numerosi mendicanti e poveri colpiti dalla crisi degli anni ‘30. Anziane elemosinanti sedute davanti a una banca non posano affatto e dimostrano la bravura di Dora nel rendere il soggetto della fotografia come farà la corrente naturalistica.
La mostra si chiude con il periodo dell’amore con Picasso, durante gli anni di Guernica. Un rapporto tormentato la cui fine determinerà la perdita di Dora del suo genio creativo, come dimostrano le pitture realizzate negli ultimi anni della sua vita, lontane dallo splendore e dell’irriverenza della giovinezza. «Dopo Picasso non può esserci che Dio» diceva Dora, spegnendosi in una casa di cura nel 1997. (Asia Ruffo di Calabria)

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