24 febbraio 2003

fototalking intervista a Roberta Valtorta

 
Roberta Valtorta si occupa da anni di critica fotografica e ha curato innumerevoli esposizioni e cataloghi di fotografia. Sempre tra le più attive nel promuovere e valorizzare la fotografia del e nel territorio italiano, da alcuni anni coordina le attività che preparano alla nascita del Museo di Fotografia Contemporanea Villa Ghirlanda di Cinisello Balsamo…

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Lei si occupa delle attività di quello che sarà il futuro Museo di Fotografia Contemporanea. Il museo nasce per valorizzare il patrimonio fotografico lombardo, ci sarà attenzione anche per gli ambiti nazionale e internazionale?
Non è esattamente come lei dice. Non vi è una particolare attenzione alla situazione lombarda né gli intenti progettuali sono stati questi. Le attuali collezioni accolgono certamente e logicamente opere di autori milanesi e lombardi (Patellani, Tollini, Nocera, Del Comune, Basilico, Berengo Gardin, Cesare Colombo, Gentili, Ballo Charmet, per fare solo alcuni esempi) ma anche più in generale di autori italiani (faccio i nomi di Jodice, Ghirri, Guidi, Barbieri, Castella, Ventura, Garzia, Fossati, Gioli, Niedermayr, De Pietri, Chiaramonte) ma anche opere di artisti stranieri (per esempio Hammacher, Struth, Fischli e Weiss, Graham, Davies, Willmann). Le attività espositive e tutte le attività in generale terranno conto delle origini del museo ed esso avrà a cuore senza Marco Signorini dubbio la fotografia italiana, ma allargherà armoniosamente la sua attenzione sempre di più alla scena internazionale e all’attualità della fotografia fra le arti contemporanee.

Si tratteranno autori comunque già affermati o anche giovani promesse?
L’attenzione sarà certamente rivolta sia ad autori noti che a giovani artisti, come già le attività finora svolte hanno indicato.

Qual è la caratteristica distintiva di una fotografia che possa essere chiamata tale? Che so, un fotomontaggio ottenuto da due negativi o un semplice viraggio, sono più fotografici di una ripresa digitale non manipolata?
L’universo delle produzioni e dei comportamenti fotografici è molto vasto da che la fotografia è stata inventata. Ritengo che la fotografia, essendo nata ed essendosi sviluppata in epoche storiche di grandi mutamenti per la nostra civiltà (quella industriale prima e quella postindustriale adesso), abbia come una delle sue caratteristiche principali l’elasticità e la mutevolezza. Non è importante stabilire che cosa è più o meno fotografia, ma come, in che modo lo è: solo adottando uno sguardo molto aperto è possibile capire in quanti modi la fotografia si è espressa e si esprime.

Quale tipo di fotografia contemporanea verrà privilegiata, o ci sarà piuttosto una visione a 360 gradi senza remore verso qualsivoglia utilizzo del mezzo fotografico?
Nel futuro museo, per quanto io possa dire al momento poiché non posso dire quali saranno gli sviluppi del progetto e chi di fatto si occuperà del museo una volta che esso sarà nato, non vi dovranno essere remore non solo nei riguardiPaola di Bello delle varie declinazioni della fotografia ma nemmeno nei riguardi del dialogo che la fotografia intrattiene con le altre forme artistiche.

Ci parli anche dei suoi gusti personali, sganciati dal ruolo istituzionale, quali sono i suoi autori preferiti e perché?
Poiché io ho sempre condotto il mio lavoro su un piano storico-critico e non solo su un piano critico, tendo ad analizzare, a studiare e a cercare significati nei diversi autori e nei diversi codici che la loro opera presenta all’interno appunto di un disegno storico. Più che parlare di autori, in generale posso dire che il mio interesse va ed è sempre andato a quell’area della fotografia che, a partire dalle avanguardie e poi sempre più sensibilmente a partire dagli anni Sessanta, intesse un dialogo molto importante e complesso con le arti. Mi interessano comunque le forme più “instabili” e critiche di fotografia, e meno i generi consolidati dalla pratica professionale, e nel tempo ho capito di non avere interesse per le forme narrative e illustrative di fotografia.

Confidando nella lungimiranza che gli specialisti acquistano nei confronti della materia da loro trattata, concludo sempre le interviste con questa domanda: Quale futuro per la fotografia?
Come sempre la fotografia è un’arte di mezzo: sta “fra”. Oggi, fra tecnica e tecnologia vive una radicale trasformazione. Penso che la fotografia storica da un lato occuperà una interessante nicchia fra le arti, dall’altro sarà presto del tutto superata dall’immagine digitale, o potremmo dire che lo è già. Però i giovani la amano molto anche nella sua forma classica, fisica, tangibile, e su questo sto riflettendo, perché ciò che sentono i giovani per me conta sempre moltissimo.

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roberto maggiori

[exibart]

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