09 novembre 2018

Rituale, libera, pittorica. Alla DAFNA di Napoli, una serata dedicata alla Performance Art

 

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Un momento di confronto su ciò che accade nel mondo dell‘arte contemporanea, un incontro dal carattere scientifico ma anche un dibattito informale, quello organizzato ieri, 8 novembre, negli spazi napoletani di DAFNA Gallery, al quale il pubblico ha risposto con vivacità. Il tema affrontato nel corso della serata è quello della performance art vista nelle sue diverse sfaccettature, dall’intuizione che spinge un artista a entrare in contatto con questo particolare linguaggio, fino ai diversi modi di rendere fruibile questa tipologia d‘arte al pubblico contemporaneo. All’incontro erano presenti l’artista Romina de Novellis, il direttore del museo MADRE, Andrea Viliani, e un protagonista instancabile della scena dell’arte contemporanea come Peppe Morra, i quali, moderati dalla giornalista Alessandra Pacelli, hanno raccontato le proprie storie, vicende e punti di vista intorno a questo modo di fare arte che ha caratterizzato fortemente, in particolare, tutto il secondo Novecento, condizionando enormemente gli artisti dei nostri giorni. 
De Novellis ha parlato dei suoi ultimi lavori performativi, soffermandosi in maniera specifica su Gradiva, realizzato proprio in collaborazione con DAFNA gallery presso il Parco Archeologico di Pompei. Partendo da quella performance, ha descritto la prepotenza del corpo nudo all’interno delle arti visive e come a volte l’utilizzo di questo mezzo di espressione risulti ancora un tabù, quasi un impaccio o, addirittura, un ostacolo insormontabile, che ne impedisce la fruizione al pubblico, che non riesce sempre a coglierne la purezza estetica, nonostante la ormai lunga tradizione delle tematiche legate al corpo e al nudo nell’arte dei nostri giorni. 
Villiani invece ha fatto riflettere su come la performance abbia costituito anche un superamento del concetto di White Cube, che rappresenta anche una sorta di prigione nella fruizione, spiegandoci come i musei d’arte contemporanea si ingegnino per collezionare, esporre e trasferire conoscenza al meglio proprio su questo linguaggio, citando il caso specifico della Tate Moder, che ha dedicato uno spazio esclusivo alla Performance Art. Morra, invece, ha illustrato alcune fasi importanti della storia della performance art, insistendo sul fatto che in realtà sia nata ben prima degli anni ’60, prima di Allan Kaprow e degli Happening, prima di Yoko Ono, Joseph Beuys o Marina Abramović – che ancor giovanissima arrivò a Napoli proprio grazie a Morra, nel 1975 – ma considerando già gli americani dell’Espressionismo Astratto, come Jackson Pollock, come artisti che, de facto, cominciavano a slegarsi dal supporto della tela per avventurarsi verso un confronto intimo tra il proprio corpo e il pubblico. (Emanuele Castellano
In alto: Romina de Novellis, Gradiva

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