22 marzo 2019

Alla Biennale di Saint-Etienne sta crescendo il nuovo mondo del design

 

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La Biennale Internationale Design Saint-Étienne ha aperto la sua undicesima edizione sotto il segno dell’intesa, per parlare d’inclusione, velocità, risorse e numeri, ovvero, “Me You Nous, designing common ground”. Che cos’è il design oggi, un tavolo, un treno, una comunità? Le risposte le troviamo in una serie di esposizioni dislocate lungo 10mila metri quadrati presso la Manifacture, nei locali di una vecchia fabbrica d’armi, che oggi comprende, tra l’altro, la Scuola d’arte e design Saint-Étienne-ESADSE, con specializzazioni in arte e design, e dal 2009 anche la Cité du design.
Lisa White, curatrice invitata, con “Systems, not Stuff” presenta le nuove tendenze del design che guardano alla natura attraverso la biofabbrica, alla tecnologia come alla meccanica del futuro, ma anche alle difficoltà linguistiche o motorie nello spazio urbano, per riflettere, dunque, su nuovi sistemi di produzione. Il tutto attraversato da dieci colori, anzi, rigorosamente Coloro, un nuovo sistema di codifica che ne conta 3500, per una sfida al dominio di Pantone. Fili conduttori dell’evento sono restituiti da nastri assemblati insieme per decorare l’entrata cioè la Passerelle de l’Inclusion, come diversi luoghi della biennale. «Abbiamo scelto dieci colori di tendenza per la Primavera Estate 2019 che possiamo definire estroversi e introversi. Nella nostra società si dà la parola più facilmente a chi è estroverso, e si ascolta meno chi è introverso. Insomma è un modo simbolico per dare la parola a tutti, per questo nel percorso c’è un gilet jaune, perché il colore è anche una questione politica. In linea generale ho voluto dare più importanza alla manualità che alla tecnologia», ha dichiarato Lisa White. 
Nella sezione da lei curata, troviamo le ultime tendenze nel campo della sperimentazione, cha vanno dai nuovi materiali come un similcuoio vegetale per fare scarpe o borse, a lampade restituite da piante luminescenti, fino alla bioplastica fai da te con ingredienti naturali. La sperimentazione sembra essere la linea guida della biennale che vede la presenza di studenti in design nella sezione Stefania, o nell’installazione Il tavolo delle Trattative, restituita da sedie disposte a cerchio ma anche oggetti, video e altro, per allargare il concetto stesso di scambio verbale conflittuale ed esclusivo, che vede nel tavolo il simbolo per eccellenza della negoziazione. 
Perfettamente in linea con gli attuali movimenti socio-politico francesi, questa edizione, che si chiude il 22 aprile, propone inoltre un focus sulla Cina con un percorso che va dal 1949 al 2019, dal titolo Equi-Libre, curato dall’artista Fan Zhe. Si va da una selezione di oggetti tradizionali d’uso quotidiano, vedi una bici in bambù o la macchina da scrivere della Héros, fino ad arrivare al design del futuro con nuove proposte intorno alla megalopoli Shenzhen, rinomata per la sua spasmodica e perpetua mutazione tecnologica. 
Star dell’evento, l’americano John Maeda, pioniere del design digitale, nonché artista, grafico, insegnante e ricercatore, che presenta gli apporti del design computazionale nei sistemi di produzione. Da non perdere il progetto di Alexandra Daisy Ginsberg dal titolo Resurrecting the Sublime, ossia un’esperienza olfattiva unica e originale, grazie alla creazioni di profumi di fiori estinti in seguito alla colonizzazione. (Livia De Leoni)

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