21 maggio 2019

FOCUS ON CANVAS Archivio Almaviva

 

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Molte buone ragioni per realizzare qualcosa di impossibile…

Perché, dopo oltre 70 anni dalla nascita dello Spazialismo, è importante pensare alla realizzazione di un “olio su tela” senza disporre della tela su cui dipingere?

Milano 1965 – Nel corso di una discussione con Giorgio Kaisserlian il problema emerse con tutta evidenza. Tutto partiva dalla tela, sentita come ostacolo, impedimento da superare per procedere verso l’infinito. E la realizzazione, la forma-tela, al di là della pittura e della scultura.

Era la dinamica stessa dell’innovazione, del proiettarsi oltre, che non ammetteva fraintendimenti: con le “Attese”, ormai, si era giunti definitivamente al superamento della vecchia mentalità e del tradizionale modo di fare dell’artista – ad iniziare proprio dall’idea inveterata della tela come supporto piano su cui “fondare” e organizzare il proprio lavoro.

L’azzeramento della pittura. L’atto risolutorio che ormai non consentiva più alla pittura di proporsi ricorrendo alla tela, come se la stessa tela fosse stata requisita e confinata in un luogo inaccessibile agli artisti.

Da qui il necessario concetto-limite che interveniva a definire, a dar pienezza di senso alla risoluzione di Fontana. Era, ed è, la logica stessa dell’innovazione che, data l’impossibilità di disporre della tela, portava a concepire, come suo esito consequenziale, un evento paradossale: la realizzazione di un dipinto, e nello specifico, di un olio su tela senza disporre della tela su cui dipingere.

Ci sono, dunque, buone ragioni per concretizzare qualcosa d’impossibile…

Marco Almaviva

Contatti

Via Cessana, 28, 51011 Buggiano PT, Italia

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