13 dicembre 2017

Per Yinchuan si parte dal deserto

 
Annunciata la seconda Biennale della città cinese, con la curatela italiana di Marco Scotini e una riflessione sulla geografia come “storia”

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Marco Scotini, ieri sera insieme alla direttrice del MOCA di Yinchuan Suchen Hsieh, ha presentato la seconda edizione della Biennale della città omonima. Una nuova curatela in terra cinese, raccogliendo il timone lasciato Bose Krishnamachar, co-fondatore della Biennale indiana di Kochi-Muziris e direttore della prima edizione a Yinchuan, intitolata “For an image, faster than light”. La manifestazione di Scotini, però, promette il direttore artistico di Frigoriferi Milanesi, prenderà non poche distanze dal concept del 2016, andandosi a situare in una zona teorica che parte dal deserto. 
Esattamente, perché «si parla sempre del deserto come luogo geografico e mai della storia», mentre a Yinchuan (che confina a nord con l’area dei Gobi, con alte montagne e a sud con il fiume Giallo) il passato è presente anche se, continua Scotini «Sembra che per la potenza della natura qui la storia non sia mai passata». E invece qui il terreno è pervaso della storia araba (nonostante gli abitanti del luogo siano ormai cinesi da decine di generazioni) così come del nomadismo, nelle pratiche legate alla coltivazione e all’agricoltura, in quello che viene descritto come “sapere materiale e immateriale”. 
Una biennale del “genius loci” che porta un titolo emblematico: “Starting from the desert. Ecologies on the edge”. E come la stratificazione del luogo la kermesse si infilerà, stavolta, non solo nelle sale del museo ma anche in una serie di lavori sparsi per la città e, soprattutto, realizzati su commissione e, dunque, quasi certamente site-specific.
“Quasi certamente” perché la lista degli invitati è ancora top-secret, anche se si parla di un’ottantina di partecipazioni da Africa, Europa e, ovviamente, molta Cina. 
«Con la Biennale, con il MOCA, e con una presenza internazionale, cerchiamo di risollevare quest’area della Cina dal deserto culturale, ed è anche per questo che entreremo anche negli spazi della città», spiega Hsieh, che ha incontrato Scotini dopo aver scoperto la mostra “Too early, too late” che analizzava fenomeni e pratiche dal Middle-East, e che in questo caso potrebbe porsi come l’incipit ideale nel seguire l’antica rotta della via della seta, che partendo da Venezia e passando per Istanbul arrivava proprio a Yinchuan per chiudersi a Xi’an, la famosa città dell’esercito di terracotta. 
I paradigmi della mostra? Il libro come modello di tradizione, anche, visto che le antiche biblioteche cinesi permettevano ai cittadini di trasferire le informazioni incise nei libri di pietra sulla carta di riso, con la tecnica del frottage, l’ecologia e l’agricoltura, e ovviamente il rapporto tra confini. Stay tuned! 

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