31 gennaio 2005

fino all’1.V.2005 Jenny Saville Roma, Macro

 
Ibridi di identità maschile e femminile, occhi sbarrati, volti tragicamente segnati dai ferri della chirurgia. O dalle lamiere di un auto. La pittura patologica della young british artist sposa museo e visioni allucinate. Senza clamore…

di

Per la prima personale in un museo italiano Jenny Saville espone dieci tele di grande formato, alcune delle quali realizzate per l’occasione. L’odore d’olio aggredisce l’olfatto prima che il sipario si apra sulle figure e sulle scene, emana fresco dalle pennellate pesanti, dalle lingue di colore che esumano i corpi di donne e animali. In effetti, come è stato notato, a dispetto delle misure lo spettatore sembra talvolta ritrovarsi in una galleria di quadri “osceni”, la più segreta e la più raffinata, come nel cuore di una collezione seicentesca.
Sono passati quasi dieci anni da Sensation, la mostra dei Young British Artists che nel 1997 consacrò Saville e altri protagonisti del panorama odierno, alimentando al contempo una riflessione sull’estremo in arte. Oggi è possibile, qui al Macro, a Napoli e in alcune gallerie del Nord, considerare gli esiti di quell’onda violenta, svolgerne in parte le storie.
Il sentimento più diffuso nella critica, se non nel mercato, è che le cariche trasgressive sprigionate dalle creazioni di Hirst e compagni si siano dissolte in una costellazione di sapienze formali, minata ai limiti da un peccato di autoreferenzialità.
jenny saville, suspension, courtesy gagosian gallery
Le opere di Saville non turbano questo quadro, e anzi propongono un sicuro intreccio di effetti e motivi. Il primo dato è la fortissima volontà di pittura (anche nel senso di una personale storia dell’arte), confrontata senza timidezze con altri codici novecenteschi, in primis la performance art femminista, la body art, l’oggetto fotografato e Cindy Sherman.Jenny Saville, Passage, 2004-2005
I corpi obesi, le teste tumefatte e le carcasse decollate, originati da una fotografia scattata dall’artista, sono insieme il risultato di una messa in scena calcolata otticamente e un’immissione potente di materia e colore. Sono percorsi a tratti quasi autonomi, e comportano da una parte una differenziazione percettiva e interpretativa a seconda della distanza con cui si guardano le tele, dall’altra una sorprendente precarietà di esistenza delle stesse figure sanguinolente. Questo doppio registro seduce e irretisce lo sguardo, lo invita alla cruda classificazione delle speci, dove il coltello ha inciso una carne già devastata o mutata dai rituali contemporanei.
Non è solo il momento lesivo dell’integrità di un corpo o di un’identità a strutturare le narrazioni di Saville; il punto finale è una pittura descrittiva e analogica, una immaginaria ricomposizione post mortem, come se ai fini dell’arte la pittrice adottasse pratiche “neutre” di osservazione scientifica.

francesca zanza
mostra visitata il 25 gennaio 2005


Jenny Saville
a cura di Danilo Eccher
fino al 1 maggio 2005, MACRO, via Reggio Emilia 54 (Piazza Fiume), tel. 06/671070400, sito web www.comune.roma.it/macro , e-mail macro@comune.roma.it
orari d’ingresso: da martedì a domenica 9-19, festività 9-14, lunedì chiuso
biglietto € 1
Catalogo ELECTA con testi di Danilo Eccher e Bary Schwabsky, € 24 in mostra


[exibart]

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui