31 gennaio 2006

fino al 18.III.2006 Giuseppe Veneziano – American Beauty Milano, Galleria Inga Pin

 
Sbatti il mostro in prima pagina e tutti parleranno di te. La testa mozzata di Oriana Fallaci attira l’attenzione della stampa nazionale. Una mostra-scandalo che cerca e trova la giusta amplificazione mediatica...

di

Il volto simbolo dell’accesa demonizzazione della cultura islamica viene decapitato. Il viso di Oriana Fallaci, sapientemente ritratto da Giuseppe Veneziano (Caltanissetta, 1971), con tecnica illustrativa, viene posto come immagine-slogan di un evento, che ha più a che fare con la pubblicità che con l’arte. Senza inneggiare ad alcuna censura, la mostra in questione è portatrice di un messaggio inconsistente, anche se indubbiamente ben architettato.
Scendendo nel dettaglio dell’opera discussa, la pittura semplice e chiara affonda le basi nella resa fumettistica e, si ispira (a dire della curatrice e di Veneziano) a personaggi del calibro di Andrea Pazienza. Fortunatamente lo stesso artista enuncia nel catalogo quali sono i suoi maestri, si potrebbe sennò commettere l’immane errore di accostare, per taglio e posa del soggetto, la testa decapitata della Fallaci alla Medusa caravaggesca… Ma è in ben altri “capolavori” che si ritrova il riferimento più diretto al film di Sam Mendes, a cui l’esposizione chiede in prestito il titolo.
Introdotti dal ricordo, neanche troppo implicito, della data più famosa degli ultimi anni, si deve fare i conti con la rappresentazione metaforicamente banale di una New York ferita, il cui sangue scende sulle gote della Statua della Libertà. Strana commistione tra un provocatorio memoriale e un dissacrante riferimento alla montatura informatica di due episodi tra loro molto distanti (le finte lacrime della Madonna di Civitavecchia e l’attentato alle Torri), la tela esplicita perfettamente l’atmosfera percepita nelle sale.
Il titolo American Beuty ritorna come graffito insanguinato sui piccoli dipinti che ritraggono frame dei video che pongono sotto accusa i soldati americani, rei di aver torturato prigionieri iracheni.
Giuseppe Veneziano – American Beauty – 2005 – acrilico su tela – cm 18x14
Nel testo di presentazione si allude ad una particolare attitudine dell’artista verso gli articoli di cronaca, ad un modo di raccontare la realtà attraverso l’arte, che avvicina la figura dell’artista a quella del cronista d’assalto. Accanto a questa panoramica della violenza, si pongono le immagini che dovrebbero stigmatizzare gli stereotipi della cultura occidentale americanizzata. Un primo piano del clown simbolo della McDonald’s, che prenderebbe (sempre secondo il testo in catalogo) le inquietanti fattezze del mostro protagonista del romanzo Stephen King, IT. La “strana coppia” Harry Potter – Micheal Jackson, di fronte al continuamente redivivo Kenny di South Park. Per finire con una vignetta di un bieco sarcasmo che ritrae il noto artista Jeff Koons nell’atto di appartarsi, niente di meno che con la Pantera Rosa.
È del tutto inutile però proporre una serrata –se pur fondata– critica quando, attraverso il circuito mass mediale, l’arte contemporanea continua ad occupare spazi concreti sotto forma di scadente caricatura della complessità del reale, o, peggio, di parco dei divertimenti per giovani e carine (altrimenti disoccupate) starlette in abiti succinti (vedi l’incursione di Mascia Ferri e Alessia Fabiani alla scorsa Biennale). E dunque va bene anche la scontata e didascalica pittur-cronaca di Veneziano, teniamocela…

claudio musso
mostra visitata il 19 gennaio 2006


Giuseppe Veneziano – American Beauty
a cura di Chiara Canali e Ivan Quaroni
Galleria Luciano Inga Pin – Via Pontaccio, 12 – 20121 – Milano
orario di visita: da martedì a sabato 15,30–19,30
(possono variare, verificare sempre via telefono)
ingresso: libero – per informazioni:
+39 02874237 (info), +3902874237 (fax)
info@lucianoingapin.com


[exibart]

16 Commenti

  1. L’anno scorso Fernando Botero presentò una ciquantina di tele sugli orrori del carcere di Abu Ghraib, tema toccato in questo dipinto di Veneziano che vedo nella recensione e che con il sarcastico e sanguinolento titolo “American Beauty” sembrerebbe quasi presentarsi come il manifesto pittorico della mostra.
    Nel caso di Botero, che usò toni più posati, e visto forse anche il prestigio consolidato del pittore colombiano, i giornali diedero ampio spazio alla sua initiziava “sponsorizzando” anche positivamente un’artista che non aveva osato avventurarsi sulle punte più malignamente incisive dell’ironia. Lo “scandolo” invece che si è creato in relazione al quadro della decapitazione della Fallaci mi fa riflettere su un fatto legato allla cronaca e al nostro mondo reale che non trovo affatto “banale”, ossia su come far leva sull’immaginario prodotto dai mezzi di comunicazione di massa possa indurre effetti altrettanto mediatici, vista la risonanza che ha ricevuto il dipinto di un pittore sconosciuto ai molti. L’impiccaggione dei bambini di Cattelan non è lontana da quest’uso dei media, che arriva a concretizzarsi come tecnica di comunicazione, come vera e propria poetica, in una società che in gioco di specchi, come nella spettacolarizzazione cinematografica di un film da oscar, si nutre e riproduce le immagini dei suoi stessi orrori fino anche a premiarle con delle statuette d’oro.

  2. Chiedo a exibart quale serrata e puntigliosa selezioni adotti per scegliere i suoi collaboratori. Leggendo questa recenzione ho l’impressione che il discorso sull’arte contemporanea sia stata messa in mano a uno che potrebbe fare benissimo un altro mestiere, che so, il pasticcere per esempio. Un pasticcio di sitazioni raccontate male pensando soltanto a come cercare il moscerino per non accorgersi del travo di legno che ha conficcato nell’occhio. Celebre l’intuizione che se a un artista piace Andrea Pazienza non fare riferimento a Caravaggio… è impossibile che tale opera abbia referenti iconici nella storia dell’arte!!! Perchè se così fosse, Giuseppe Veneziano potrebbe averci avuto dei meriti nel riportare nel nostro tempo un’immagine di tale crudezza, appartenete alla storia… e azzerare, con una sola opera, qualsiasi evoluzione di civilizzazione di questa terra. Creare degli eventi mediatici dove anche i quotidiani e telegionali si occupino finalmente di arte contemporanea e molto semplice a sentire Musso. Lo possono fare tutti, basta architettarlo bene!!! che genio! Però chissà perchè ci riescono in pochi. C’è riuscito Cattelan e poi questo giovane pittore siciliano. Che dal catalogo ho scoperto che Flash Art qli ha già dedicato una copertina nel 2004. Forse non era così sconosciuto. Fare delle critiche strapaesane senza conoscere cosa sta succedento in Europa,
    cosa sta producendo questa nuova schiera di giovani pittoti che usano il pennello come un mause, che vedovo il quadrato di una tela come lo schermo di un televisore, che non vivono con la testa tra le nuvole ma che si guardano intorno e cercano di capire, e cercano di rappresentare il proprio tempo… tutto questo e tanto altro, può benissimo chiudersi in una lucida dichiarazione del recensore: “metti il mostro in prima pagina e diventerai famoso”.
    Semplice!!! Lettura critica di una mostra direi geniale. Per quale motivo bisogna studiare e avere capacità di lettura un pò più sofisticata degli altri?

  3. DIFFIDATE DELLA SEMPLICITA’ VERA ARMA LETALE DELL’ARTE.

    Credo non abbia più senso o per lo meno credo sia chiaro ai giorni nostri, che i sentieri immani praticati dalle ricerche artistiche non portino più nessun suggello che stabilisca un’opera o un’operazione comunicativa quale “Arte o non Arte”. Faccio presente quindi a chi si limita a dare sentenze incompetenti e vuote di significanti, che in modo tale sono viste da chiunque viva seriamente e in modo impegnato il proprio cammino dell’arte. E’ inutile divagare su questi quesiti, come è stato sempre farlo nella stessa era in cui si vive un cambiamento. E’ normale, e la storia insegna, che ogni pratica estetica contemporanea sia rifiutata.
    Vorrei porre invece il quesito rivolto “all’inatteso” che oggi si con-fonde sempre più con il “facile arrivo” di una soluzione/messaggio. E vorrei porre anche la questione che se il facile arrivo di queste soluzioni non faccia parte di un nuovo modo di intendere l’arte come comunicazione di un messaggio ridotto ad uno scheletro senza rimandi/armadi, pubblicitario che sia, di un pensiero altro/alto talmente importante e diretto da sembrare scontato. Oscar Wilde pensava un tempo: “L’arte non deve mai cercare di diventare popolare. E’ il pubblico che deve cercare di diventare artistico.” L’arte viaggerà sempre sul filo di queste parole, “diventare artistico” oggi ha senso nell’affidarsi ai messaggi che sempre più spesso sono talmente semplici da ripresentarsi disarmanti.

    Questo è un ottimo giuseppe veneziano

  4. Meglio queste immagini banali di Veneziano che gli assemblaggi forzati e brutti di Arruzzo: sono stressanti alla vista, figuriamoci al pensiero.

  5. La banalità di Veneziano è a dir poco disarmante, giusto per non soffermarsi anche sulle capacità tecniche… possibile che si portino avanti personaggi del genere quando ci sarebbe l’imbarazzo della scelta tra le giovani leve??? Veneziano, ovvero braccia negate all’agricoltura, spero di riverti (se è proprio necessario) il più tardi possibile sulla scena milanese e non solo… a. m.

  6. Bravo Veneziano? Ma staremo seriamente scherzando, io spero!
    Proprio quello che ci mancava, un altro figlio della decadente cultura mediatica che mastica tutte le cose che definiamo “di senzazione” e le rivomita in un contesto dalle figure piatte e dai colori volutamente ripetitivi e fastidiosamente sparati, spacciando il tutto come provocazione e attacco alla censura, tanto alzare il polverone fa sempre colpo; non riesco nemmeno a capire se la pessima resa anatomica delle figure e la completa assenza di espressività e dinamismo sia un altro elemento volutamente di fastidio o sia semplicemente una carenza tecnica, anche se con un occhio più attento opterei per la seconda: di solito SE il cervello conosce bene l’anatomia e le sue dinamiche, la mano, anche se tenterà volutamente di storpiare il disegno otterrà comunque una certa armonia ed una posa quantomeno bilanciata, e questo l’ho potuto osservare direttamente con alcuni ragazzini delle medie; al contrario questo fenomeno non si presenta quando il ragazzino invece di studiare l’anatomia e cercare di applicarla, si limita solo a ricopiare fedelmente dai cartoni o dai fumetti che segue (il che mi sembra più o meno il risultato del signor Veneziano). Ma comunque, gusto dell’orrido a parte (che ci potrebbe anche star bene o essere voluto, non si sa mai) mi sconvolge la banalità dei temi ed ancora di più le persone che ci cascano ancora gridando allo scandalo, non facendo altro così che alimentare l’ego del pittore, convincendolo di aver colto nel segno, quando invece si tratta solo di trovatelle semplicissime scpopiazzate qua e là, con le quali i miei ragazzini riempiono quaderni interi, a volte con risultati decisamente migliori.
    Sinceramente sono un stufa di questi cosiddetti artisti che nascondono dietro la scusa della “provocazione” e del “simbolismo” per nascondere la propria incapacità tecnica.
    I Simbolisti, quelli veri ed i Provocatori, quelli veri, prima di arrivare a gettare le basi dello stile, hanno attraversato ben più di una fase di autoperfezionamento (molto spesso nelle mostre viene dato spazio minore agli Schizzi d’autore, che invece sono il VERO specchio dello stile di un vero artista e della sua formazione) e sono arrivati a toccare con mano la perfezione tecnica dell’immagine, per POI scomporla (ma solo successivamente a questo studio), nelle sue forme essenziali o trasformarla in qualcosa di totalmente diverso e provocatorio.
    Un pò troppe persone oggigiorno si convincono che se uno ha disegnato due baffetti ad una cartolina della gioconda non è necessario saper disegnare o avere una vera formazione artistica profonda per farsi chiamare artista, ma basta usare un mezzo veloce e una bella trovata (si tende sempre a dimenticare che Duchamp, prima di cominciare a lavorare sul suo simbolismo era anche un pittore molto preparato).
    Cari artisti moderni, vi vorrei rivolgere una supplica: basta ostinarsi nell’uso dell’arte commerciale basata su ciò che ti propinano TV, cinema e media alla Andy Wharol; l’ha fatto lui ed è stato bello, ma poi sono diventati tutti uguali, appunto, tutti prodotti seriali e di consumo! Ebbene, visto che ormai il consunismo è decaduto (peccato che ci sia voluta una crisi mondiale, ma vabbè) non è il caso di tentare un’altra strada?

  7. Bravo Veneziano? Ma staremo seriamente scherzando, io spero!
    Proprio quello che ci mancava, un altro figlio della decadente cultura mediatica che mastica tutte le cose che definiamo “di senzazione” e le rivomita in un contesto dalle figure piatte e dai colori volutamente ripetitivi e fastidiosamente sparati, spacciando il tutto come provocazione e attacco alla censura, tanto alzare il polverone fa sempre colpo; non riesco nemmeno a capire se la pessima resa anatomica delle figure e la completa assenza di espressività e dinamismo sia un altro elemento volutamente di fastidio o sia semplicemente una carenza tecnica, anche se con un occhio più attento opterei per la seconda: di solito SE il cervello conosce bene l’anatomia e le sue dinamiche, la mano, anche se tenterà volutamente di storpiare il disegno otterrà comunque una certa armonia ed una posa quantomeno bilanciata, e questo l’ho potuto osservare direttamente con alcuni ragazzini delle medie; al contrario questo fenomeno non si presenta quando il ragazzino invece di studiare l’anatomia e cercare di applicarla, si limita solo a ricopiare fedelmente dai cartoni o dai fumetti che segue (il che mi sembra più o meno il risultato del signor Veneziano). Ma comunque, gusto dell’orrido a parte (che ci potrebbe anche star bene o essere voluto, non si sa mai) mi sconvolge la banalità dei temi ed ancora di più le persone che ci cascano ancora gridando allo scandalo, non facendo altro così che alimentare l’ego del pittore, convincendolo di aver colto nel segno, quando invece si tratta solo di trovatelle semplicissime scpopiazzate qua e là, con le quali i miei ragazzini riempiono quaderni interi, a volte con risultati decisamente migliori.
    Sinceramente sono un stufa di questi cosiddetti artisti che nascondono dietro la scusa della “provocazione” e del “simbolismo” per nascondere la propria incapacità tecnica.
    I Simbolisti, quelli veri ed i Provocatori, quelli veri, prima di arrivare a gettare le basi dello stile, hanno attraversato ben più di una fase di autoperfezionamento (molto spesso nelle mostre viene dato spazio minore agli Schizzi d’autore, che invece sono il VERO specchio dello stile di un vero artista e della sua formazione) e sono arrivati a toccare con mano la perfezione tecnica dell’immagine, per POI scomporla (ma solo successivamente a questo studio), nelle sue forme essenziali o trasformarla in qualcosa di totalmente diverso e provocatorio.
    Un pò troppe persone oggigiorno si convincono che se uno ha disegnato due baffetti ad una cartolina della gioconda non è necessario saper disegnare o avere una vera formazione artistica profonda per farsi chiamare artista, ma basta usare un mezzo veloce e una bella trovata (si tende sempre a dimenticare che Duchamp, prima di cominciare a lavorare sul suo simbolismo era anche un pittore molto preparato).
    Cari artisti moderni, vi vorrei rivolgere una supplica: basta ostinarsi nell’uso dell’arte commerciale basata su ciò che ti propinano TV, cinema e media alla Andy Wharol; l’ha fatto lui ed è stato bello, ma poi sono diventati tutti uguali, appunto, tutti prodotti seriali e di consumo! Ebbene, visto che ormai il consunismo è decaduto (peccato che ci sia voluta una crisi mondiale, ma vabbè) non è il caso di tentare un’altra strada?

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