11 giugno 2007

fino al 30.IX.2007 Ghada Amer Roma, Macro

 
Autoerotismo e sensualità, celati da un groviglio di fili colorati. Una tecnica artigianale per raccontare l’immagine della donna nella società post-industriale. Sul ponte tra Oriente e Occidente…

di

Brandelli di cotone disegnano forme astratte dai toni variopinti, quasi fossero colate di pittura. Bisogna avvicinarsi per scoprire che, sotto la texture colorata, vivono parole e immagini, dal significato tutt’altro che secondario. L’intera opera di Ghada Amer (Il Cairo, 1963; vive a New York) è improntata sul gioco dialettico tra negazione ed enfatizzazione, su ciò che si può vedere e ciò che invece si deve “spiare”. Come una novella Penelope, l’artista ha eletto il ricamo a personale mezzo espressivo: “volevo rappresentare la donna all’interno di un veicolo che fosse manifestamente femminile, al fine di potenziarne le immagini e liberarle tramite il potere della seduzione”. Ma il rigore che tale attività richiede viene annullato dalle “sbavature”, che rendono queste composizioni vitali ed indisciplinate, soprattutto nelle opere più recenti.
In un continuo gioco di contrasti, emerge la differenza tra la serie delle donne impegnate in attività domestiche (1992) e le provocatorie pin-up protagoniste dei lavori successivi. Posate e ben delineate nei contorni le prime, silhouette standardizzate le seconde, identiche nelle pose e nei lineamenti. La ripetizione di figure sempre uguali pare emulare la pratica meccanica del cucito e, al contempo, sembra attingere ad un’iconografia pop che, tramite la reiterazione ossessiva, ottiene null’altro che perdita di interesse e svuotamento di senso.
Altro contrasto è quello che vede convivere, sullo stesso supporto, rappresentazioni delle eroine delle fiabe e immagini tratte dal mondo Ghada Amer – Barbie loves Ken, Ken loves Barbie – 1995-2004 – ricamo su cotone – 180x70x10 cm della pornografia. L’impressione è che, ad operare, siano due mani differenti: la prima infantile, dal tratto insicuro e dai colori arbitrari; la seconda più esperta, già donna, che si mostra in secondo piano. Due mani che mettono in scena uno sdoppiamento quasi freudiano o, più semplicemente, un passaggio temporale che si rivela non privo di fratture. Fratture dolorose, tormentate: questi gli aggettivi che ricorrono nelle frasi cucite (e scucite) sulla tela, anch’essi nascosti dall’intreccio dei fili di cotone. I temi toccati dalla Amer vanno molto più a fondo di quanto possa sembrare, così come occorre scandagliare le tele in profondità, per poter leggere. Ciò che emerge è la volontà di mostrare quanto sbagliate siano sia la sottomissione femminile nei Paesi Arabi che l’ostentazione del nudo nel mondo occidentale. Una donna che riscopre il proprio corpo attraverso l’autoerotismo, o che si lascia andare al piacere di un bacio saffico, dovrebbe farlo per sé, non per compiacere gli occhi di qualche maschietto voyeur. Sembra così che la critica si muova su due fronti, così come nelle opere di Sukran Moral, altra artista che ha fatto del corpo uno strumento per provocare tanto la natia terra turca quanto l’Italia adottiva. È sul ponte tra le radici orientali e il presente occidentale che la Amer cuce i propri pensieri. Muovendosi come un ago che entra ed esce, dolce e crudele allo stesso tempo.

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Ghada Amer a New York

alessandra troncone
mostra visitata il 25 maggio 2007


dal 25 maggio al 30 settembre 2007 – Ghada Amer – a cura di Danilo Eccher
MACRO, Museo d’arte Contemporanea di Roma, via Reggio Emilia, 54 (Porta Pia/Nomentano) – Orario: da martedì a domenica 9.00-19.00/ festivi 9.00-14.00. Lunedì chiuso – tel. +39 06671070400, fax 06 8554090 – www.macro.roma.museummacro@comune.roma.it – Biglietti: 1€ – catalogo Electa – Ufficio stampa: Adicorbetta, Electa


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