10 aprile 2008

fino al 20.IV.2008 Pietro Consagra Verona, Galleria dello Scudo / Museo di Castelvecchio

 
Una mostra di carattere museale, di quelle che lasciano il segno. Un anno chiave, il 1964. La rivoluzione cromatica in scultura vissuta da Pietro Consagra come necessità etica, contro la sociologia comunicativa della Pop Art. Con un piccolo torto alle radici della svolta. Il tutto a Verona, fra una galleria e un museo. A tre anni dalla morte dell’artista di origini trapanesi...

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Nel giugno del 1947 Enrico Prampolini e Gino Severini, di ritorno da Parigi, arrivarono a Roma in quello che era stato lo studio di Renato Guttuso, in via Margutta. Li aveva invitati Pietro Consagra (Mazara del Vallo, 1920 – Milano, 2005), che da ospite era diventato padrone, per mostrar loro i lavori dei giovani artisti che avevano formato il gruppo Forma 1. Quell’incontro avrebbe convinto i due maturi futuristi a presentare alla Galleria dell’Art Club la prima mostra di quei ragazzi ventenni – Dorazio, Guerrini, Perilli, Turcato, Maugeri, oltre allo stesso Consagra – che avevano appena pubblicato il dirompente Manifesto del Formalismo.
È questo dato a fornire la risposta al quesito che si pone Luca Massimo Barbero nel peraltro ottimo saggio a catalogo di questa affascinante mostra veronese. “Ho cercato più volte di trovare una possibile chiave per poter ‘incontrare’ l’intendere dell’autore nei confronti di questo elemento”, scrive il curatore riferendosi alla comparsa del colore nella scultura dell’artista siciliano, negli anni ‘60, che è il tema della rassegna. “Non solo colore, ma senso del contrasto dinamico, costruzione, composizione, presenza dell’opera come dato sensibile ed etico: sociale”. Colore, contrasto dinamico: elementi che lo stesso Barbero riconosce appartenere a Consagra fin dagli inizi e di cui è naturale ravvisare le radici in queste giovanili frequentazioni futuriste. Delle quali invece non v’è traccia nel lungo e circostanziato testo del critico, colposa omissione probabilmente figlia della conventio ad excludendum che Pietro Consagra - Piano sospeso viola - 1965 - alluminio dipinto - cm 145x124,2x2– prima della rivalutazione degli anni ’80 – nella storiografia ufficiale degli ideologizzati anni del dopoguerra ha colpito il Futurismo, ridotto a mero fiancheggiatore del fascismo.
Queste radici rimangono comunque a lungo latenti negli sviluppi dell’opera di Pietro Consagra, che sulla scorta di altri incontri capitali – a Parigi, nel 1946, con Brancusi, Giacometti e, soprattutto, con l’opera di Julio Gonzalez – e del successivo apparire dell’Informale, orienta la sua ricerca sulle potenzialità della materia, bronzo o legno bruciato, in rilievi scultorei dei quali tende progressivamente ad annullare lo spessore verso una bidimensionalità che lo porterà alla conquista della “visione frontale”, in nome di un ricercato colloquio con lo spettatore che mutua molto dalle dinamiche teatrali.
È il 1964 l’anno che segna la svolta dalla quale muove questa preziosa mostra. Le superfici in metallo si assottigliano e sovrappongono in composizioni di moduli dal profilo morbido e curvilineo, che formalmente rimandano per certi versi al post-cubismo francese. Ma soprattutto nelle straordinarie serie dei Piani sospesi, nei capolavori dei Ferri trasparenti, ottimamente documentati alla Galleria dello Scudo, nei Piani appesi, nei Giardini torna a emergere con prepotenza questa “necessità del colore”. Un’opzione sempre presente nel bagaglio di Consagra, ma che ora diventa un passaggio imprescindibile nella continua ricerca dell’artista di porsi in sintonia con le mutevoli esigenze percettive della società, suo costante riferimento.
L’attenzione al colore e l’anno in questione, il 1964, potrebbero mettere sul tavolo la contemporanea apparizione della Pop Art, debuttata in grande stile in Italia alla Biennale di Venezia. Ma il parallelo non potrebbe condurci più distanti dalla temperie consagriana, che in quegli anni guardava più agli Stati Uniti che alla madrepatria, e semmai da oltreoceano riportava echi dell’opera di Calder. E i cromatismi dello scultore, artificiali, astratti, eminentemente antiretorici, sono lontani anni luce da quelli della Pop, che del resto si propone come propaggine post-moderna della filiera realista e neorealista da sempre avversata da Consagra, fin da quando sottoscriveva un manifesto che dichiarava seccamente: “Ci interessa la forma del limone, e non il limone”.
È nella galleria veronese, si diceva, che si sviluppa il nucleo di questa mostra dal taglio scientifico, che nel complesso presenta una cinquantina opere di pittura e scultura, coprendo l’arco di quarant’anni di lavoro. Pietro Consagra - Ferro trasparente fucsia - 1966 - ferro dipinto - cm 66,2x24,8x2,5È qui che, all’ingresso, si incontra una sala con i Ferri trasparenti, opere che mutuano dai lavori precedenti le dinamiche compositive delle superfici, esaltando ulteriormente il contrasto cognitivo tra forza della materia e levità della linea. Ma soprattutto che sostanziano quel lento superamento della frontalità consagriana verso la scultura totale, ponendosi come elementi scenografici dove il “retro” esiste anche nella trasparenza.
Superamento della frontalità che fa un passo deciso con le Bifrontali che, se in galleria sono presenti con alcuni lavori in marmo, vengono documentate nella misura monumentale negli spazi del Museo di Castelvecchio. Come la Doppia bifrontale, ferro bianco di cinque metri di lunghezza eseguito nel 2000, successivamente ingrandito ulteriormente per la sede del Parlamento Europeo di Strasburgo. O le imponenti Muraglia “Cangrande”, rosso Magnaboschi e Muraglia, giallo Mori e verde Alpi, posizionate nel giardino dopo il restauro, proprio dove Carlo Scarpa le aveva collocate nella grande mostra del 1977, di cui questa occasione vuole celebrare il trentennale. E lo fa -con l’impeccabile cura di Gabriella Di Milia e Luca Massimo Barbero- più che degnamente, anche grazie al ponderoso catalogo edito da Skira, arricchito fra l’altro da un contributo di Fabrizio D’Amico centrato sulla valenza autonoma della pittura, anche questa documentata alla Galleria dello Scudo, e da un testo inedito di Abraham M. Hammacher.
Una mostra autorevole e impegnativa, di quelle che quando quando esci sai che lasceranno il segno. Il segno lieve e al tempo stesso eterno di Pietro Consagra.

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massimo mattioli
mostra visitata il 23 gennaio 2008


dal 16 dicembre 2007 al 20 aprile 2008
Pietro Consagra – Necessità del colore. Sculture e dipinti 1964-2000
a cura di Luca Massimo Barbero e Gabriella Di Milia
Galleria dello Scudo
Via Scudo di Francia, 2 – 37121 Verona
Orario: da lunedì pomeriggio a sabato ore 9.30-13.30 e 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 045590144;fax +39 0458001306; info@galleriadelloscudo.com; www.galleriadelloscudo.com
Museo di Castelvecchio
Corso Castelvecchio, 2 – 37121 Verona
Orario: lunedì ore 13.45-19.30; da martedì a domenica ore 8.30-19.30
Info: tel. +39 0458062611; fax +39 0458010729; mostre.castelvecchio@comune.verona.it; www.comune.verona.it/castelvecchio/cvsito
Catalogo Skira

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