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15
aprile 2010
fino al 15.V.2010 Richard Serra Roma, Gagosian Gallery
roma
L’effetto è, come sempre, solenne. Questa volta l’artista delle sculture monumentali predilige la leggerezza della carta. Un’altra chicca della cerchia di artisti sostenuta dal mercante Larry Gagosian...
La Gagosian Gallery
di Roma, dopo aver sfoggiato nomi illustri come Cy Twombly, Francesco Vezzoli, Anselm Kiefer e Richard Prince, può vantare ora la personale di
uno dei più noti artisti americani viventi, Richard Serra (San Francisco, 1939), con un
ciclo di lavori su carta, esposto per la prima volta, dal titolo Greenpoint
Rounds.
Nella sala
principale, otto carte di due metri per lato ospitano al loro centro penetranti
sfere nere affioranti nel bianco. Il visitatore, muovendosi nella stanza ovale,
resta avvolto al centro del mirino. Il senso di vertigine è accentuato dal
penetrante odore del pigmento. Trattasi del “paintstik”, un pastello a olio
puro che l’artista scalda, fino a rendere liquido, e cola lentamente sulla
carta, estendendo una forma irregolare che scontorna la perfezione del cerchio.
L’impasto denso, che emerge dalla superficie porosa della carta, crea un
effetto tridimensionale e materico, vicino a quello della scultura.
Il termine
‘disegno’, che traduce questi ‘work on paper’, è in realtà riduttivo per
descrivere la complessità di lavori al confine tra pittura e scultura. Non sono
disegni preparatori di progetti scultorei, non sono un momento di riflessione
che attende una successiva conclusione, sono lavori indipendenti, fini a se
stessi, paralleli e al tempo stesso complementari alla sperimentazione
scultorea di Serra. La ricerca su carta ha, infatti, da sempre accompagnato
l’impegno riposto nelle realizzazioni in metallo, predominanti nel lavoro
dell’artista.
Visto da vicino, il
colore crea un sottile filamento reticolare che gareggia con la fragilità e la
difformità del supporto cartaceo. La materia sembra ribollire come protuberanze
solari che schizzano fuori, oltre la corona sferica. Si può leggere forse un
riferimento al Sole Nero, tanto profetizzato da Giordano Bruno. Una stella buia
che inghiotte tutti i pianeti a causa del suo forte
campo gravitazionale, così come l’osservatore gravita nell’orbita creata dalla
disposizione delle carte. Ma tanti sono i significati allegorici conferiti alla
sfera nera, come tanti sono i riferimenti al cerchio e alla spirale nei lavori
di Richard Serra.
Incuriosisce
che ogni opera porti il nome di scrittori stimati dall’artista, i quali
tuttavia non sembrano avere alcun legame con il titolo della mostra.
Il ciclo Greenpoint Rounds inizia
esattamente un anno fa. Le opere sono state
realizzate nello studio di New York e ciascuna porta con sé l’impronta
dell’artista. Impronta nel senso letterale della parola. Si vedono, infatti,
numerosi calchi di piedi e striature di dita, come in Melville, unica opera esposta
nella prima sala, o in Calvino, dove si può chiaramente intravedere l’intera
sagoma di una suola di scarpa.
La
superficie pittorica diventa terreno da calpestare, come suolo di nuovi mondi
contrassegnato dall’uomo.
di Roma, dopo aver sfoggiato nomi illustri come Cy Twombly, Francesco Vezzoli, Anselm Kiefer e Richard Prince, può vantare ora la personale di
uno dei più noti artisti americani viventi, Richard Serra (San Francisco, 1939), con un
ciclo di lavori su carta, esposto per la prima volta, dal titolo Greenpoint
Rounds.
Nella sala
principale, otto carte di due metri per lato ospitano al loro centro penetranti
sfere nere affioranti nel bianco. Il visitatore, muovendosi nella stanza ovale,
resta avvolto al centro del mirino. Il senso di vertigine è accentuato dal
penetrante odore del pigmento. Trattasi del “paintstik”, un pastello a olio
puro che l’artista scalda, fino a rendere liquido, e cola lentamente sulla
carta, estendendo una forma irregolare che scontorna la perfezione del cerchio.
L’impasto denso, che emerge dalla superficie porosa della carta, crea un
effetto tridimensionale e materico, vicino a quello della scultura.
Il termine
‘disegno’, che traduce questi ‘work on paper’, è in realtà riduttivo per
descrivere la complessità di lavori al confine tra pittura e scultura. Non sono
disegni preparatori di progetti scultorei, non sono un momento di riflessione
che attende una successiva conclusione, sono lavori indipendenti, fini a se
stessi, paralleli e al tempo stesso complementari alla sperimentazione
scultorea di Serra. La ricerca su carta ha, infatti, da sempre accompagnato
l’impegno riposto nelle realizzazioni in metallo, predominanti nel lavoro
dell’artista.
Visto da vicino, il
colore crea un sottile filamento reticolare che gareggia con la fragilità e la
difformità del supporto cartaceo. La materia sembra ribollire come protuberanze
solari che schizzano fuori, oltre la corona sferica. Si può leggere forse un
riferimento al Sole Nero, tanto profetizzato da Giordano Bruno. Una stella buia
che inghiotte tutti i pianeti a causa del suo forte
campo gravitazionale, così come l’osservatore gravita nell’orbita creata dalla
disposizione delle carte. Ma tanti sono i significati allegorici conferiti alla
sfera nera, come tanti sono i riferimenti al cerchio e alla spirale nei lavori
di Richard Serra.
Incuriosisce
che ogni opera porti il nome di scrittori stimati dall’artista, i quali
tuttavia non sembrano avere alcun legame con il titolo della mostra.
Il ciclo Greenpoint Rounds inizia
esattamente un anno fa. Le opere sono state
realizzate nello studio di New York e ciascuna porta con sé l’impronta
dell’artista. Impronta nel senso letterale della parola. Si vedono, infatti,
numerosi calchi di piedi e striature di dita, come in Melville, unica opera esposta
nella prima sala, o in Calvino, dove si può chiaramente intravedere l’intera
sagoma di una suola di scarpa.
La
superficie pittorica diventa terreno da calpestare, come suolo di nuovi mondi
contrassegnato dall’uomo.
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mostra visitata il
9 aprile 2010
dal
9 aprile al 15 maggio 2010
Richard
Serra – Greenpoint Rounds
Gagosian
Gallery
Via Francesco Crispi, 16 (centro storico) – 00187 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 10.30-19 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0642746429; fax +39 0642014765; roma@gagosian.com; www.gagosian.com
[exibart]
Purtroppo queste recensioni, sopratutto quando entrano nel tecnico, fanno emergere la scarsa dimestichezza con la materia dei recensori. Il forte odore non è del pigmento ma è il classico odore dell’olio, da qui poi il resto perde di credibilità.
Sarebbe interessante discutere perchè queste opere siano catalogate come disegni e non come dipinti, nel pezzo c’è solo un accenno. Ancora più interessante sarebbe il resoconto dell’inaugurazione, dove non mancava praticamente nessuno di quelli che contano e dove tutti si guardavano tra loro cercando di trovare il personaggio chiave. Le cose appese alle pareti non destavano nessuna attenzione. Ormai il protagonista del sistema dell’arte è il sistema stesso
In realta’ non era il classico odore dell’olio
delle carte di Richard Serra, ma era un odore di naftalina, fortissimo, con altre persone presenti alla mostra siamo perfino andati dalle responsabili della galleria, chiedendo se quel forte odore facesse parte della mostra, ci hanno risposto di no.
Qualcuno ovviamennte si e’ divertito a gettare della naftalina nella galleria. grazie
In realta’ non era il classico odore dell’olio
delle carte di Richard Serra, ma era un odore di naftalina, fortissimo, con altre persone presenti alla mostra siamo perfino andati dalle responsabili della galleria, chiedendo se quel forte odore facesse parte della mostra, ci hanno risposto di no.
Qualcuno ovviamennte si e’ divertito a gettare della naftalina nella galleria. grazie
i quadri puzzavano inequivocabilmente di olio, difficile confonderla con la nafatalina. Io ero li con altri pittori e noi creciuti a pane e olio di lino l’odore l’odore lo conosciamo. La nafatalina forse serviva per conservare le mummie che giravano
l’odore era nauseante, non sono riuscito a vedere la mostra.
dai quadri veniva solo odore o puzza, dipende dai gusti, di olio.
Interessante la questione se le opere siano pittura o disegno. In questo caso penso che sia pittura, dato probabilmente la tecnica con i colori ad olio fusi difficilmente mi pare compatibile col disegno.
Ricordo di aver discusso con Alvise Bittente della differenza tra le due tecniche e lui suggeriva che frequentemente le persone imparano a disegnare collocando il supporto orizzontalmente e a dipingere invece verticalmente, il che fa sviluppare percezioni diverse rispetto il soggetto.
C’erano tutti, una serata bellissima, belli i lavori di serra, ma l’odore di naftalina era insopportabile, non si riusciva a stare nella galleria gagosian. ciao
tra i pittori di scenografie è diffuso da diverso tempo il dipingere con il supporto a terra, potremmo citare anche più di qualcuno dell’action painting. E se la differenza fosse nella quantità di materia che si deposita sul supporto?