06 maggio 2010

fino al 15.V.2010 Alan Charlton Roma, Pino Casagrande

 
Un’opera in quattro atti, come una partitura musicale. Strutture rigorose nella migliore tradizione della Minimal Art di provenienza britannica. Per uno dei maestri storici del movimento...

di

Ritorna a Roma, con una mostra allo Studio Pino
Casagrande, un grande maestro della Minimal Art britannica: Alan Charlton (Sheffield, 1948; vive a Londra).
Come nel suo stile, che si mantiene coerente da quarant’anni a oggi, l’artista
ha realizzato per l’occasione un’unica opera, divisa in quattro “atti”, che
fraziona, incorporandolo, lo spazio espositivo. Perfetta è dunque la fisionomia
del white cube della galleria romana, che offre le condizioni ideali
all’attualizzarsi performativo del lavoro di Charlton.
Quattro composizioni rettangolari, di identiche
dimensioni, sono modulate attraverso una scansione di quadri rettangolari,
montati a parete, dove la distanza tra ogni elemento è sempre la medesima.
L’artista compie dunque un’operazione di partizione di un’unica forma primaria,
che è senza eccezione un rettangolo, avvalendosi delle combinazioni di rapporti
proporzionali legati a una specifica unità di misura, che si riconduce al
numero 6.
È sorprendente, avvicinandosi al lavoro, osservare la
solida struttura dei telai, che l’artista realizza personalmente, l’estrema
qualità della tela e l’andamento uniforme e regolare della stesura del colore.
Tali fattori concorrono a determinare in modo inequivocabile il carattere
dell’opera: un lavoro assoluto e impersonale, e dunque universale.
Alan Charlton - veduta della mostra presso lo Studio Pino Casagrande, Roma 2010 - photo Ottavio Celestino
Un altro carattere che distingue il lavoro di Charlton è
la scelta di utilizzare esclusivamente il colore grigio: “I am an artist who
makes grey paintings

è un’auto-definizione che Charlton ha espresso già nella prima fase della sua
attività, rimanendovi sempre fedele dal 1970 a oggi.
Il colore si distende sulle superfici mutando di volta in
volta fra tonalità più chiare o più scure nello spettro della gamma dei grigi,
producendo una partitura cromatica rigorosissima, giocata su armonie delicate
che cambiano anche attraverso le variazioni della luce, registrando i fenomeni
che determinano la relazione tra il lavoro e il contesto in cui esso vive.
Di fatto, l’artista britannico utilizza gli strumenti
classici della pittura, le tele e il colore, innescando però nella modalità
d’uso di tali mezzi un’operazione del tutto anti-pittorica, che pone in essere
un processo di radicale annullamento visivo. Questo lavoro, come tutte le opere
che compongono la sua storica produzione, è concepito non come forma
autosignificante ma come azione, processo.
Alan Charlton - veduta della mostra presso lo Studio Pino Casagrande, Roma 2010 - photo Ottavio Celestino
Forse ancora di più oggi rispetto alle istanze degli anni
’70, sembra necessario all’artista ripartire da un grado zero dell’immagine e
riportare l’opera in un ambito più ampio, che potremmo definire quasi
architettonico.
La composizione del lavoro nasce per Charlton, ogni volta,
dall’indagine dell’ambiente dove si trova a operare e si determina come lettura
e sintesi dei complessi rapporti spazio-temporali che legano l’opera allo
spazio circostante e delle relazioni tra il lavoro e l’esperienza dell’uomo.

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dal 12 marzo al 15 maggio 2010
Alan
Charlton
Studio d’Arte Contemporanea Pino Casagrande
Via degli Ausoni, 7/a (zona San Lorenzo) – 00185 Roma
Orario: da lunedì a venerdì ore 17-20
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel./fax +39 064463480; gallcasagrande@alice.it

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