21 febbraio 2011

fino al 3.IV.2011 Km011 Torino, Mrsn

 
Arte, letteratura, architettura e cinema per ricostruire il panorama del capoluogo piemontese. Con l’eco dei Subsonica, 15 anni di eccellenze creative - presunte, reali e di cortesia - dal prefisso 011...

di

Già in forma embrionale, Km011 era avvolta da un alone di
polemiche di metodo e pettegolezzi di merito. Definita a priori “mostra politicamente schierata”, non è
l’appartenenza a uno o all’altro gruppo politico, degli artisti o del curatore,
a stabilirne il livello, quanto invece il lasciare all’arte la possibilità di
esprimersi e manifestarsi.

Una mostra che si dichiara a Km0
– a dimostrazione di come la cultura possa sostenersi con risorse low budget – sminuisce
l’importanza degli investimenti in questo settore che, con altri, è fra i più
trascurati. Se i finanziamenti pubblici alla cultura corrispondono allo 0,2%
del bilancio, è da chiedersi cosa succederebbe se i musei lasciassero visibile
nelle esposizioni la sola percentuale a loro riservate. Forse ombre. Le stesse
presenti in una mostra-evento che ha invece la pretesa di restituire il
panorama delle eccellenze creative degli ultimi quindici anni a Torino.

Nella cornice del Museo di
Scienze Naturali, infatti, fra resti di animali preistorici e tassidermizzati,
Nicola Bolla - Vanitas/Suicide - 2009 - installazione in swarovsky - dimensioni ambientaliin un’atmosfera cupa prendono forma su scarni piedistalli le frattaglie
decadenti di quella che è descritta come la fertile creatività del capoluogo.

Ad aprire la collettiva, le
nostalgie pop di Sergio Cascavilla,
le fioche luci di Enrico De Paris e
le note del video di Coniglioviola. Le vent nous portera dei Noir Désir può
forse diventare il monito dell’esposizione, perché se l’aria che tira oggi
appare amara e cinica, come ben rappresenta la Vanitas/Suicide in swarovski di Nicola
Bolla
, allora è proprio in un miglior vento futuro, dal sapore fatalistico
e manzoniano, che bisogna riporre le speranze.

Senza alcun legame organolettico
poiché sconnesse dalla totalità, sebbene interessanti analizzandole
singolarmente, sono le “nuove proposte” Scroppo,
Aceto e Valente, alcuni di loro ancora sui banchi dell’Accademia. Trova
invece una collocazione concettualmente coerente, seppure mal allestita e spettrale,
una generazione oggi negletta ma fortemente attiva a Torino dalla fine degli
anni ‘90 e che, pur avendo caratterizzato il decennio appena trascorso, non è
mai stata ufficialmente celebrata da un’istituzione museale cittadina. Pierluigi Pusole, Daniele Galliano, Paolo
Leonardo
, Paolo Grassino, Saverio Todaro, Nicus Lucà, Laura Viale,
Maura Banfo, Giulia Caira e Monica
Carocci
hanno infatti segnato una “torinesità” tracciando in un certo senso
una storia, e contribuendo alla creazione di un sistema dell’arte che davvero
partiva dal basso.

Attraverso un reinventato e
personale uso della pittura e della fotografia, questi artisti (alcuni eredi
del saper fare, maturato in qualità di assistenti ai noti Mainolfi e Zorio) hanno
partecipato a iniziative significative sostenute dalla Regione, anche in
termini di formazione allargata, come Nuovi
Arrivi
e Proposte; rassegne che,
sempre dallo stesso ente, sono oggi raggruppate per esiguità dei fondi e forse
destinate a scomparire.

KM011 - veduta della mostra presso il Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino 2011
Molti gli assenti che, nella definizione
di una geografia recente di Torino, avrebbero meritato di diritto almeno una
citazione nell’esposizione o nel testo in catalogo: critici, artisti e
galleristi che da tempo lavorano sul e con il territorio. La storia è in fondo
fatta di storie. E le relazioni e gli incroci intessuti fra i molti attori
della scena torinese, oggi tasselli nascosti, sono forse solo archiviati in un
dimenticatoio temporaneo. In attesa delle prossime elezioni.

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Beatrice presidente del Circolo dei Lettori

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e Politica: Da che arte stai? di Beatrice

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fusione di Nuovi Arrivi e Proposte

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mostra
visitata l’11 febbraio 2011


dall’undici febbraio al 3 aprile 2011

KM011. Arti a Torino 1995-2011

a cura di Luca
Beatrice

MRSN – Museo Regionale
di Scienze Naturali

Via Giolitti, 36 (zona piazza Carlina) – 10123 Torino

Orario: da mercoledì a lunedì ore 10-19; giovedì ore 10-22

Ingresso: intero € 5; ridotto € 2,50

Catalogo Allemandi

Info: tel. 800329329 / +39 0114326354; fax +39 01143207301; museo.mrsn@regione.piemonte.it; www.regione.piemonte.it/museoscienzenaturali

[exibart]

30 Commenti

  1. del basso budget, 60.000 più iva cioè 72.000, è stata assolutamente strumentalizzata. A Torino ed in Piemonte sono state realizzate manifestazioni e vengono gestite varie operazioni di natura museale con budget inferiori anche di un quarto. Nel merito della mostra non mi pronuncio perchè non l’ho ancora visitata

  2. Questa mostra è pericolosa perchè non offre un quadro realistico di un periodo torinese, è parziale, scombinata, senza un senso studiato. Può confondere molto gli osservatori, che ne escono senza gli strumenti per capire la collocazione di niente e nessuno, senza considerare la scelta pessima di valorizzare chi proprio non lo merita..

  3. Infatti 60.000 euro + Iva non è affatto un low-budget, considerando che non sono state necessarie assicurazioni né trasporti (essendo tutti gli artisti del luogo). Inoltre nessuna spesa di produzione di opere è stata sostenuta, essendo tutte le opere in mostra già fatte. Dunque il budget è andato in tasca al catering, agli allestimenti, all’editore del catalogo ed al curatore stesso. Agli artisti, come spesso succede , nemmeno un rimborso simbolico.
    Ma come si può realizzare una mostra che pretende di essere una panoramica sull’arte torinese quando mancano artisti come Pierluigi Pusole (cravero attenzione!!!!), Botto & Bruno, Marzia Migliora, Luisa Rabbia, i gemelli De Serio, e molti molti altri?

  4. Gli artisti citati, e qualche altro nome (meno interessante) son stati assolutamente invitati dal curatore ma han rifiutato per svariti motivi: chi per mancanza d’interesse al progetto o semplicemente per mancanza di voglia, chi per sterili questioni politiche, chi per far la parte dell’accanito paladino dell'”io non ci stò”…ad ogni uno le sue ragioni…Ad ogni modo lasciamo prendere certe decisioni a chi è più idoneo, e smettiamola di sparare a vanvera su cose e persone se non ne conosciamo la reale versione dei fatti. Ad ogni invitato è stato chiesto un lavoro significativo della propria carriera, l’oganizzazione ha supportato le spese di trasporto e di assicurazione…nessun rimborso spese agli artisti che han scelto di presentare un nuovo lavoro, ma vi prego di farmi l’elenco di tutte quelle istituzioni che hanno il buon senso di finanziare gli artisti ogni qual volta vengono coinvolti in un progetto!! Sarebbe bello ogni tanto poter leggere commenti fatti con una certa cognizione di causa…ma ai polemizzatori spesso manca un elemento indispensabile: la sensibilità e l’interesse. Il mio consiglio è di informarvi in modo più dettagliato su alcuni degli artisti in mostra, giovani o meno, sulla tecnica usata e l’ideologia di fondo…qualche lavoro potrebbe anche stupirvi e farvi ricredere…altri sono una causa persa, ma vale la pena tentare…per lo meno prima di far di un filo d’erba un fascio…si rischia di offendere e intaccare sopratutto i sacrifici e l’interesse reale e incondizionato di certi artisti!

  5. in pieno con te HD meno che per la produzione delle opere. In una mostra pubblica secondo me non è proprio il caso a meno che non si tratti di opere permanenti di arredo urbano o al limite di una personale

  6. Ecco appunto, pusole non c’era.
    Come mai?
    E come mai tanti artisti invitati hanno rifiutato?
    Che sia perchè Beatrice vorrebbe piacere a tutti, raccogliere tutti intorno a sè, senza puntare troppo i riflettori su qualcuno però, perchè così, nella confusione generale, appare SOLO lui?

    Certo solo lui, il vero personaggio, che degli artisti non pensa poi un gran bene, insomma, si accontentano di poco loro, di esserci, ma i riflettori si intende, devono illuminare solo il suo carisma, e non la loro persona. Quindi venite, venite tutti, in questa grande festa che non deve dire chi siete, ma solo far vedere che siete passati di qua, senza lasciare un grosso segno, ovviamente. E senza grossi sforzi di capire, di scalfire qualcosa, di illuminare un tratto di strada..

  7. signori cari, l’artista pusole ha rifiutato l’invito fattogli dal curatore per motivi suoi personali. se non sapete, evitate di parlare.gli artisti invitati erano di liberi di accettare o meno l’invito. come in qualsiasi altra mostra.
    iniziamo a pensare di più a cosa diciamo per evitare di parlare a vanvera. grazie

  8. buongiorno
    sarei interessato a sapere quali sono le mostre che si realizzano a torino con budget inferiori comprensive di trasporto, assicurazione, catalogo e della grandezza espositiva di questa mostra.
    grazie
    cordiali saluti
    gianni ferrari

  9. sia chiaro:
    gli artisti che hanno rifiutato la mostra sono artisti che non ritenevamo interessante il progetto in quanto essere artisti del territorio non era un valore aggiunto. ci sono documenti che parlano chiaro a proposito di questo argomento.
    staremo a vedere se accetteranno un prossimo invito ma da altri curatori, se improvvisamente essere torinesi diventerà guarda caso interessante.
    perchè exibart non fate un pò un sondaggio su ciò che accade a torino? sarebbe moooolto interessante e vi farebbe capire certe dinamiche.

  10. …poichè l’essere torinesi non interessava a nessuno…

    Arte Sera
    ArteSera lancia l’iniziativa
    IO SONO UN TORINESE /IO SONO UN ITALIANO.

    Scrivi perché ti senti torinese e perché italiano e pubblica la tua risposta sulla nostra bacheca; le risposte più interessanti e più votate finiranno in una pagina dedicata sul prossimo numero di ArteSera, che parlerà dell’UNITA’ e dell’IDENTITA’.

    ………………Non fare il torinese, dicci cosa pensi!!!
    Fino al 28 Febbraio

  11. Ma che razza di commenti sono questi? Anzitutto andate a controllare i curriculm di certi artisti, sono tutt’altro che torinesi…poi ribadisco il concetto che alcuni di quelli che han rifiutato non erano interessati all’iniziativa o per mancaza di finazimenti o per mancaza d’interese o perchè avevan altro di meglio da fare…tutto il resto dei polemizzatori che han cercato di accaparrarsi qualche finto articoletto sui giornali aveva uno scopo che ha lasciato il tempo che ha trovato!!
    è possibile per una volta riuscire a commentare in modo rispettoso più che il curatore o il budget o la location, quei pochi artisti onesti e talentuosi presenti all’iniziativa? In mezzo a tante croste si distinguevano alcune opere per qualità materica, estetica e ideologica…possiamo anche parlare di quelle, o bisogna solo ed esclusivamente gettare fango su tutto e tutti? La situazione di disagio collettivo non indifferente dovrebbe rafforzarci ed invogliarci ad esser uniti e farci forza l’un l’altro…Cerchiamo di unire alle critiche anche delle soluzioni alternative!

  12. assicurazioni e catalogo, che non è niente di che al di là del timbro Allemandi, possono avere inciso per una cifra secondo me non superiore ai 25.000 euro lì ce n’erano a disposizione 70.000 mi pare..oltretutto l’ingresso è a pagamento. Varie operazioni a Torino ed in Piemonte realizzate con budget inferiori anche di meno della metà sono state organizzate e si realizzano tuttora, forse i curatori non le segnalano su questo forum per discrezione o per non finire nella gogna dei commenti inultilmente livorosi a prescindere..lo facciano altri per loro semmai

  13. tolti un paio di artisti di gran lavoro, tra qulli che non hanno accettato ci sono solo artisti che non hanno un vero lavoro ma che necessitano solo di essere assistiti dalle istituzioni, di conseguenza si lamentano se non c’è un budget per una mostra pubblica dove non è stato richiesto un lavoro nuovo ma un lavoro in prestito a terzi.
    hanno rifiutato perchè il progetto non interessava, perchè il curatore non è della loro politica (però dove c’è interesse non si guarda più al partito di chi li rappresenta, si partecipa e anche di corsa). hanno rifiutato poichè si sentono superiori e credono che basti far uscire un articoletto su un quotidiano per sentirsi supportati.
    invece di fare squadra con artisti che da anni lavorano sul territorio e necessitano di rispetto, loro preferiscono affondare gli altri pur di emergere. e chiedere sovvenzioni ai politici.
    bisognerebbe premiare di più chi lavora senza lamentarsi e senza calci nel culo.

  14. Rivolgo una domanda semplice semplice.
    Poiché è al curatore della mostra (che non ho visto e quindi non posso giudicare) che alcuni commentatori direttamente altri indirettamente attribuiscono la lista degli artisti partecipanti e quella di coloro che rifiutarono la partecipazione (forse ci saranno anche altri che non furono neppure invitati), chiedo:
    1) non è forse legittimo da parte di un artista rifiutare di essere rappresentato da un critico che culturalmente non si sente in sintonia con il proprio lavoro? Perché egli dovrebbe essere tacciato di qualunquismo? Le questioni relative alle presunte fazioni politiche di appartenenza di studioso e artisti non c’entrano con questo discorso, parlo solo di arte, cultura, critica d’arte.
    2) non è forse legittimo che un critico esprima le proprie scelte (qualsiasi esse siano) attraverso un giudizio personale, se per questo è stato incaricato lui e non altri a soprintendere una rassegna?
    3) un critico d’arte deve davvero essere a disposizione di qualsiasi genere artistico, anche se non ne condivide i contenuti e la poetica? O non deve piuttosto delineare e seguire una “corrente” estetica di cui si sente (se se lo sente e non sta bluffando) traduttore?

    Se si vuole tentare di realizzare una mostra dai valori storici universali (che fanno il punto fermo di un’era e dei suoi protagonisti), bisogna piuttosto essere storici dell’arte (e mi pare che Luca Beatrice storico non sia).

    Questa mostra ha forse l’errore di voler a tutti i costi definire “la” scena torinese contemporanea. Mentre, da quel che leggo qui, ne è una visione parziale.
    Fra l’altro, è indubitabile che la linea culturale di Luca Beatrice abbia dei canoni piuttosto definiti e quindi potrebbe risultare dissonante il tentativo di giudicare ciò che non è nelle proprie corde (e i risultati non si riescono a nascondere…).

    Tutti i lettori che abbiano visto la rassegna dovrebbero considerare secondo il proprio metro le opere e il criterio di valutazione delle stesse (esiste, è casuale o imperfetto, che qualità ha il contributo critico? qualcuno legge i cataloghi delle mostre?) e riportarlo secondo obiettività. Alcuni lo hanno fatto, in realtà.

    E così dovrebbe in genere essere valutata ogni manifestazione per poter esprimere un parere che abbia consistenza e credito.

    Personalmente ritengo, comunque, che ogni artista abbia il diritto (se non, addirittura, il dovere) di scegliere chi debba essere il “traduttore” della propria arte e non si risolva a dover approfittare dell’effimera ribalta di un’occasione purchessia.

  15. gentile Cristina, sono perfettamente d’accordo con te su tutta la linea da te espressa. ma dietro tutto ciò c’è qualcosa che non va sottovalutato. è legittimo che un artista scelga di dialogare con chi si sente rappresentato, ma non è legittimo che utilizzi delle armi poco eleganti (vedi articoli stampa a torino) per attaccare gli artisti che invece si sentono parte di un progetto.
    io rimango dell’idea che non ci sono nè buoni nè cattivi, ma attenzione sempre a come si strumentalizzano le situazioni.
    alcuni di questi artisti che non hanno accetttato l’invito li ritroveremo però nella biennale di sgarbi! e qui potremmo aprire un bel capitolo se veramente si sentono rappresentati da questo signore oppure se la prospettiva della biennale cambia il punto di vista. in più come sapete bene tutti in biennale nessuno ti regala soldi per produrre un lavoro.

  16. Gentilssima Penny, ti ringrazio per il tuo commento pacato e di buon senso. Non conosco né la mostra di Torino né i risvolti delle polemiche sulla stampa da parte di coloro che non hanno partecipato. Se fossi artista e non fossi stata scelta o avessi deciso di non accogliere un invito, sarebbero solo fatti miei. Concordo con te. E’ spiacevole questa sempre presente mancanza di capacità di fare “sistema” (nel senso buono della parola) dell’arte contemporanea italiana.
    La scelta di partecipare a una rassegna piuttosto che a un’altra però è sempre questione personale, e chi preferisce la Biennale di Sgarbi alla mostra di Beatrice avrà fatto i suoi conti e avrà i suoi motivi.
    Ma, pensando alla questione critica che giustamente poni, anch’io non vedo particolari differenze di “stile” fra Beatrice e il suo primo fan.
    C’è da pensare.
    E forse sbaglio io. Forse è più importante la “vetrina” (detto senza ironia) di chi “dirige il negozio”.
    Senonché, per il resto d’Europa (e del mondo, alla Biennale) credo che anche il direttore del negozio dovrebbe essere adeguato alla vetrina… ma se il negozio è di Hermés in Via Montenapoleone non puoi pensare che a dirigerlo ci sia un caporeparto della Lidl di Viale Ranzoni (con ogni rispetto per entrambi i marchi e le professioni citati in questa stupida metafora), perché il caporeparto della Lidl potrebbe non avere l’esperienza adeguata per scegliere la “merce” giusta che attiri la “clientela” che ci si aspetta varchi le soglie di un negozio di Hermés. E viceversa, naturalmente.

  17. di Cristiana e Penny sono riflessivi e vanno rispettati. Ma c’è una questione di fondo relativa a questo evento che lo stesso recensore Cravero ha sottolineato nelle pieghe del suo articolo.Questa è stata una mostra, al di là degli assensi o dinieghi alla partecipazione e alla legittima posizione di ogni curatore, anche di Beatrice di cui intellettualmente non ho alcuna stima, inutile. Inutile perchè ha creato un consenso mediatico del tutto assente per varie altre iniziative torinesi e centrato solo su una polemica “politica” del tutto strumentale, non dimentichiamoci tra l’altro che la GAM non propone un progetto importante curato da un critico del territorio ormai da un quindicennio ma nessuna voce si è levata contro la gestione Castagnoli che, in silenzio ma con criterio, ha creato le condizioni di questo deserto. Inutile perchè non analitica, prova ne è il mediocre catalogo, sulla vera storia della città nel lasso di tempo preso in esame. Inutile perchè strumentale sul presunto “basso” budget e mi fermo qui…

  18. La questione che l’amico “i commenti” espone è importante e va al cuore del problema. Come anch’io penso, siamo noi pubblico a dover giudicare il lavoro di un curatore (critico?) da ciò che davvero fa (ovvero con che criterio organizza una mostra che intende sia a tema e come espone e svolge il suo criterio attraverso il contributo in catalogo).
    “I commenti” ha già detto tutto ciò che pensa nel solco non dell’acrimonia fine a se stessa, ma del ragionamento. Questo è quello che conta.
    Per questo motivo, dovrebbero essere gli artisti a scegliere i propri critici (non so quante volte l’avrò mai detto…). In questo modo, coloro che vivono di “superficie” e strumentalizzano un lavoro che davvero dovrebbe infischiarsene di legittimare una fazione o un’altra per partito preso (e su questo cavallo di battaglia fondare la propria teoria) rimarrebbero senza clienti.
    E i mancati clienti, passata l’onda veloce del successo temporaneo, saranno contenti di non essere saliti su quel treno…
    Ma credo di essere un’intemerata utopista.

  19. magari gli artisti potessero scegliersi i propri critici! i critici TUTTI sono convinti di avere un certo potere sugli artisti, e in effetti ce l’hanno anche, sono loro che decidono se invitarti o no, se farti vincere una borsa di studio o no, e spesso non per meritocrazia ma solo per amicizia e contatti. e questo lo sappiamo bene tutti anche se non vogliamo ammetterlo.
    per cui a volte un artista si trova nel silenzio perchè non è amico di chi o conoscente di chi. allora perchè rifiutare un invito a una mostra?
    per l’artista è una buona occasione per proporre il proprio lavoro, per parlare di lavoro.
    sarebbe bello se si iniziasse a parlare del lavoro e non delle solite dinamiche politiche che si celano dietro tutte queste storie.

  20. sara’ pure risaputo ma pare che a Critici cosi , mediocri, facciano contro-altare … altrettanti mediocri, artisti.
    Bisognerebbe quando si è in cammino, non pensare mai alla meta (sia maledetta ogni meta) ma guardarsi intorno e godere del paesaggio.
    Oggi qui c è Sole, la vista è quanto mai limpida.

  21. io vorrei cristiana curti come critichessa, mi sembra una delle poche che scrive in modo disinteressato nonchè chirurgico qua in mezzo (non come la permalosa luchetta rossi amica segreta di hamlin baldini) .

  22. Comprendo bene quello che dice “un artista”, inutile fare i fiorellini di campo (ho detto che era un’utopia). Ma la questione è che è stato lasciato troppo spazio ai “curatori” e se ne è tolto insopportabilmente troppo ai critici e agli storici dell’arte (negli ultimi venti-trent’anni, per cui alcuni artisti non sanno neppure come era la scena culturale dell’Italia di allora e pensano che il “sistema” con cui convivere sia questo…).
    E ciò per una serie di fattori che hanno a che vedere sommariamente con la crescita da una parte delle pure necessità di “mercato” (per cui la cosa più importante è la relazione…) e la diminuita sensibilità verso la costruzione e l’adesione a una ricerca che abbia anche un supporto teorico valido e consistente.
    Insomma, per dirla volgarmente: aumenta l’incultura generale e aumenta lo stra-potere del mercato (e la seconda faccenda è CONSEGUENZA della prima). Tanto che le indicazioni di mercato dettano anche le direzioni della cultura contemporanea. Basti considerare la questione della sede n. 2 di Pinault a Punta della Dogana a Venezia, sede che da più di trent’anni era stata promessa alla Guggenheim, sede che – ora – per la corta gittata culturale che la contraddistingue, non ha più quell’appeal e quel successo degli esordi e qualcuno in Comune già si pente per averla concessa così frettolosamente alla Francia.
    Lo so che sembra banale, ma a me, invece, sembra limpido. Chi (artista) sentisse davvero l’urgenza di essere compreso, seguito, “tradotto” da un VERO studioso non avrebbe timore di perdere né onore né treni, perché – alla fine – non solo in Italia, ma soprattutto all’estero, lo studioso è ancora il più quotato come rappresentante dell’artista.
    La strada è più faticosa, ma basterebbe s’iniziasse. Le gallerie non hanno di per sé interesse a favorire un teorico piuttosto che un altro o un artista piuttosto che un altro (purtroppo!), ma sono certissima preferirebbero dover ospitare artisti interessanti corredati da un apparato critico IMPORTANTE e valutabile come tale anche all’estero. Quanto valgono gli scritti di un Beatrice o di uno Sgarbi (solo per fare i due nomi forse più appariscenti di una lunga lista) anche solo in Svizzera, giusto per non andare troppo in là?
    Ripeto: gli artisti dovrebbero andare a cercare di più fra gli studiosi veri, gli accademici, coloro che hanno le carte in regola per poter scrivere d’arte, e – in certa misura – anche “sottoporsi” al loro giudizio. Ne guadagnerebbero tutti, loro per primi.
    Lo so che è un consiglio banale e generico (e io batto come gutta cavat lapidem), ma vedo troppo pochi che seguono questo corso e c’è bisogno di numeri più consistenti per cambiare il sistema che tanto si disprezza e di cui tutti si lamentano (a parole).
    L’arte italiana non può risorgere come meriterebbe se non ritrova i suoi Arcangeli, Valsecchi, Longhi, Marchiori… eppure ci sono.
    Poi, lo ammetto, bisognerebbe anche cambiare qualche legge per favorire la circolazione delle opere.
    Ma – fateci caso – i “curatori” alla moda che si dice abbiano poi così tanto potere, hanno mai pensato di cambiare le leggi costrittive e penalizzanti per la circolazione della nostra arte? Sgarbi si è mai distinto per cambiare l’assurdità delle nostre leggi in fatto di scambio, mercato, prestiti di opere d’arte? Eppure, lo avvrebbe ben potuto fare… ma se ne guarda bene, perché ciò vorrebbe dire per lui la perdita di quel protagonisomo che ha solo in un’aietta piccola piccola. La nostra.
    E finché a dirigere alcuni musei (e la scena dell’arte) ci saranno solo i “curatori” (alla moda), al massimo si può pretendere di andare a vedere qualche fiera di paese, al posto di proposte interessanti e mostre ben fatte.
    E poi, basta con tutti questi premi e premietti stramoltiplicati nell’arco di soli dieci anni, l’asilo dell’arte, che non fanno altro che alimentare non il “parco artisti” (che in quelle manifestazioni furbacchione sono trattati come carne da macello), quanto proprio il “parco curatori” di cui davvero non si sente più il bisogno.
    Da qualche parte si deve cominciare.
    Io, ad esempio, sono inevitabilmente portata a considerare l’iter artistico di un autore prima per ciò che fa, poi per il numero delle manifestazioni “carrozzone” a cui partecipa: meno sono, più mi rassicura. Più sono le mostre in gallerie e musei (nazionali e internazionali) che reputo seri più la considerazione aumenta. e i curricula di questo genere non sono lunghi, sono brevi.
    Non è formula esatta e incontrovertibile, perché ciò che conta è SEMPRE l’opera, ma – se ci fate veramente caso – raramente sbaglia. La qualità artistica c’è laddove la scelta critica è onesta e importante.
    Ma – io ne sono convinta – il primo passo è dell’artista, non del pubblico (che titolo avrebbe per poter scegliere ciò che non conosce?) o della galleria (la prima a ospitare l’artista emergente) e del museo (che accoglie per necessità non tanto la freschezza del sistema, quanto già la sua completezza storica). Non si può pretendere che la parte pubblica faccia ciò che non può per questioni anche di scarsità di risorse, o che la galleria sia votata al martirio senza poter almeno contare sulla solidità della proposta.
    Ho conosciuto galleristi e galleriste di notevole spessore culturale, anche disposti/e per anni a non guadagnare pur di fare ricerca e presentare una propria idea del contemporaneo. Sono falliti, tutti. Non c’è adesione da parte degli artisti stessi che, dopo la scoperta si sono subito acquartierati dove il mercato “tirava” di più.
    E, non uno di loro, dopo il “tradimento”, è migliorato pur partendo con le migliori premesse.
    In Italia possiamo (ancora per poco) vantarci della qualità della nostra cultura: perché dovremmo preferire i dettami di un costume (perlopiù anglosassone) che non abbiamo i mezzi di affrontare e che non potremmo mai guidare, ma solo esserne travolti?

  23. molto belli i fiorellini di campo .
    ho appena appreso dalla tv che sta per uscire al cinema un film su dylan dog, incredibbbile. ma secondo voi tra i protagonisti negativi ci sarà anche hamlin? (il noto gallerista amico di luchetta rossi, cfr dylan dog n.59 ‘gente che scompare’)

  24. sono assolutamente d’accordo con il pensiero di Cristiana Curti la svolta dovrebbe venire proprio dagli artisti dal recupero di un rigore di ricerca prima di tutto, rigore che è stato soppiantato dalla voglia di apparire, di esporre sempre e comunque per poter dire di esistere….

  25. se ti isoli ti fanno sparire. se esponi troppo sei un artista che mira solo ad esporre.
    non è che forse sarebbe ora di dare meno potere a questi critici/curatori/giornalisti/venuti dal nulla/e quant’altro!!!!!

  26. un momento.
    allora se funziona così bisogna iniziare ad analizzare bene entrambe i lati. vogliamo parlare dei curatori/critici? se loro scrivono un testo o curano una mostra solo perchè ben pagati va bene? no spiegatemelo. e senza parlare di curatori che curano tutto. tanti che si spacciano per indipendenti, che difendono il lavoro ecc ecc tante belle parole, poi guarda caso scopri che hanno scitto di qua e di là…ma se glielo fai notare ti dicono “mi hanno pagato bene”!
    invece un artista non può. giusto?

  27. Caro “un artista”, secondo me sbagli. Chiedere agli artisti di essere più rigorosi nella scelta dei loro partners teorici vuol dire esattamente il contrario di ciò che affermi.
    Anche Craxi diceva che il PSI era corrotto come tutti i partiti del Parlamento e quindi giustificava la corruzione come un costume di cui non si poteva più fare a meno. Ma siamo ancora – nella cultura, ma vorrei dire anche in politica – nella posizione di comportarci “così come fan tutti”?
    La rettitudine deve essere da entrambe le parti, ma poiché sono gli artisti che potrebbero effettivamente lasciare a piedi quelli che scribacchiano (e di cui si lamentano perché usurpano loro la scena), non vedo quale sia il problema.
    Vuol dire che con i “Beatrice” o gli “Sgarbi” (prendiamo sempre loro come esempio per i molti nometti che imperversano) rimarranno solo le mezze-calze, il che già in parte accade, ma non basta.
    La ruota gira, la qualità emerge, checché se ne pensi, ma DEVE cambiare la mentalità di tutti.
    A cominciare dai protagonisti, che per me sono gli artisti. Troppo comodo fare i “poverini” battuti sempre dalla mala sorte.
    Fatevi le ossa con i veri studiosi, che, fra l’altro, si fanno pagare assai meno degli scrivani più modaioli e valgono assai di più, e ne riceverete solo vantaggi.
    Però bisogna anche essere umili e lavorare con loro.

  28. @un artista….chiaro che il rigore dovrebbe investire tutte le categorie….ho detto solo prima gli artisti perchè loro sono la base del sistema in quanto la “producono” l’arte, gli altri tutto sommato seguono a ruota….

  29. comunque cari signori sarebbe un bell’argomento da approfondire.
    non sono certo Beatrice o Sgarbi ad offendersi se non partecipi ad una loro mostra! il problema è molto più profondo. prova a dire no ad una mostra di questi curatori super indipendent, quelli che si sentono degli studiosi, degli dei scesi sulla terra…e lì ti accorgerai come veramente funziona il sistema. non te lo perdonano. ti depennano. e chiedi poi sostegno agli artisti. c’è da ridere.

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