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Follia in cerca d’autore
L’opera è concepita come una presentazione di Giardininterrazza, e in quanto tale è un’idea di giardino neutra e astratta, che si presenta come un logo. In primo luogo è un omaggio alle ideatrici della manifestazione, al comitato scientifico e agli autori delle Follie d’autore. Vi è poi un pensiero per Renzo Piano, che mi ha chiamato a collaborare al progetto dell’Auditorium dalla fase del concorso alla realizzazione, e per Luciano Berio, cui è intitolata la cavea, che ebbi la fortuna di conoscere in un meraviglioso giorno di festa
Comunicato stampa
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L’opera è concepita come una presentazione di Giardininterrazza, e in quanto tale è un’idea di giardino neutra e astratta, che si presenta come un logo. In primo luogo è un omaggio alle ideatrici della manifestazione, al comitato scientifico e agli autori delle Follie d’autore. Vi è poi un pensiero per Renzo Piano, che mi ha chiamato a collaborare al progetto dell’Auditorium dalla fase del concorso alla realizzazione, e per Luciano Berio, cui è intitolata la cavea, che ebbi la fortuna di conoscere in un meraviglioso giorno di festa.
Il disegno di un giardino Zen appare al visitatore fin dall’ingresso, un piano di laminato plastico posato sulla gradinata superiore della cavea dell’Auditorium, appoggiato sulla linea di massima pendenza del settore sud, con una inclinazione di circa 30°, in asse perfetto con il nord. Il piano è traforato, composto da una cornice rettangolare che contiene una collezione di sette figure fra loro simili ma diverse. I gradini della cavea appaiono come un pentagramma di sfondo, a righe alternate di travertino e di mattoni, con un effetto prospettico che rende il disegno sempre più serrato verso l’alto. Il settore sud non contiene completamente il piano così che questo, di poco, piega a destra e a sinistra sui settori sudest e sudovest. Questa deformazione e il gioco delle ombre che il piano proietta su alzate e pedate della gradinata esaltano il carattere bidimensionale, astratto, grafico dell’opera.
La cornice riproduce in serigrafia un vasto campo di tulipani di diversi colori, con un effetto di movimento che li rende appena percepibili come fiori. Le figure inscritte nel perimetro invece sono superfici di colori pieni, scelti su una gamma vivace. Sono sette testimoni, una collezione di forme che dipendono tutte da una stessa matrice geometrica, aperta a diverse interpretazioni: uno spettro della luce, una costellazione, un arcipelago, un’opera musicale con i suoi momenti, follie (land’i, eu, sgandurra, aiapp, pettinissa, garage, osa). Da qualche anno mi servo di figure piane che ho chiamato “archi chiusi”. Sono superfici definite da un perimetro che è una sequenza ininterrotta di archi di cerchio, con raggio variabile, collegati fra di loro in tangenza, d’abitudine alternati più stretti e più ampi. Sono in questo caso tutti archi convessi. In pianta queste figure sono morbide e interpretano bene con la loro irregolarità la
tensione che intendo stabilire in un luogo con apici e distensioni. Ma quello che più mi interessa è la qualità dello spazio che si crea fra di loro accostandole, fluido, con continue variazioni compresse e dilatate. Sono figure ancora euclidee ma che aprono a una geometria complessa.
Franco Zagari
Il disegno di un giardino Zen appare al visitatore fin dall’ingresso, un piano di laminato plastico posato sulla gradinata superiore della cavea dell’Auditorium, appoggiato sulla linea di massima pendenza del settore sud, con una inclinazione di circa 30°, in asse perfetto con il nord. Il piano è traforato, composto da una cornice rettangolare che contiene una collezione di sette figure fra loro simili ma diverse. I gradini della cavea appaiono come un pentagramma di sfondo, a righe alternate di travertino e di mattoni, con un effetto prospettico che rende il disegno sempre più serrato verso l’alto. Il settore sud non contiene completamente il piano così che questo, di poco, piega a destra e a sinistra sui settori sudest e sudovest. Questa deformazione e il gioco delle ombre che il piano proietta su alzate e pedate della gradinata esaltano il carattere bidimensionale, astratto, grafico dell’opera.
La cornice riproduce in serigrafia un vasto campo di tulipani di diversi colori, con un effetto di movimento che li rende appena percepibili come fiori. Le figure inscritte nel perimetro invece sono superfici di colori pieni, scelti su una gamma vivace. Sono sette testimoni, una collezione di forme che dipendono tutte da una stessa matrice geometrica, aperta a diverse interpretazioni: uno spettro della luce, una costellazione, un arcipelago, un’opera musicale con i suoi momenti, follie (land’i, eu, sgandurra, aiapp, pettinissa, garage, osa). Da qualche anno mi servo di figure piane che ho chiamato “archi chiusi”. Sono superfici definite da un perimetro che è una sequenza ininterrotta di archi di cerchio, con raggio variabile, collegati fra di loro in tangenza, d’abitudine alternati più stretti e più ampi. Sono in questo caso tutti archi convessi. In pianta queste figure sono morbide e interpretano bene con la loro irregolarità la
tensione che intendo stabilire in un luogo con apici e distensioni. Ma quello che più mi interessa è la qualità dello spazio che si crea fra di loro accostandole, fluido, con continue variazioni compresse e dilatate. Sono figure ancora euclidee ma che aprono a una geometria complessa.
Franco Zagari
20
maggio 2011
Follia in cerca d’autore
Dal 20 al 22 maggio 2011
serata - evento
Location
AUDITORIUM – PARCO DELLA MUSICA
Roma, Viale Pietro De Coubertin, 34, (Roma)
Roma, Viale Pietro De Coubertin, 34, (Roma)
Biglietti
8 euro - entrata gratuita per i minori di 18 anni
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 11 alle 20
Sito web
www.giardininterrazza.com
Ufficio stampa
EQUA
Autore