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Gillo Dorfles – Ieri e oggi
La Fondazione Marconi è lieta di ospitare una mostra incentrata sulle opere di Gillo Dorfles, poliedrica personalità del panorama artistico e culturale contemporaneo.
Artista, docente di estetica, filosofo e critico d’arte estremamente prolifico e innovativo, Gillo Dorfles è testimone diretto della temperie artistica del Novecento che lo coinvolge talvolta in veste di protagonista, tal altra in qualità di attento critico e osservatore.
Comunicato stampa
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La Fondazione Marconi è lieta di ospitare una mostra incentrata sulle opere di Gillo Dorfles, poliedrica personalità del panorama artistico e culturale contemporaneo.
Artista, docente di estetica, filosofo e critico d’arte estremamente prolifico e innovativo, Gillo Dorfles è testimone diretto della temperie artistica del Novecento che lo coinvolge talvolta in veste di protagonista, tal altra in qualità di attento critico e osservatore.
Dorfles si dedica alla pittura già dalla prima metà degli anni Trenta, partendo da composizioni surreali con una tecnica usata dai maestri del Quattrocento, la tempera grassa all’uovo.
Lo stesso artista ammette di non mirare fin d’allora a qualcosa di preciso, ma di interessarsi a simboli preesistenti, come la croce, la luna, il sole, forme archetipe particolarmente suggestive cui fa ricorso in modo del tutto occasionale.
Da subito la sua pittura – definita “organica” e “vagamente surreale” – risulta slegata da qualsiasi schematismo geometrico e dalle regole precostituite di uno sterile astrattismo.
La sua opera pittorica, infatti, trae la sua ragion d’essere – come afferma lo stesso Dorfles – dall’intima necessità di manifestare le immagini che gli affiorano alla mente e di visualizzare le espressioni consce e inconsce che gli si affacciano.
Nel 1948 è tra i fondatori del MAC (Movimento Arte Concreta) del quale è uno dei principali esponenti e di cui indaga con particolare sensibilità le teorie artistiche.
A partire dal 1958 l’insegnamento, gli studi di estetica e critica d’arte e l’intensa attività di scrittore lo inducono a una progressiva diminuzione dell’attività pittorica.
È il periodo in cui si sviluppano movimenti come l’informale, la pop art, l’arte povera che, per quanto interessanti agli occhi di Dorfles come critico d’arte, risultano molto distanti dalla sua sensibilità di pittore e lo inducono ad allontanarsi dalla scena artistica cui ritornerà solo dopo gli anni Ottanta.
La mostra alla Fondazione Marconi si concentra proprio su questi ultimi trent’anni della produzione di Dorfles, costituita nel suo complesso da una cospicua serie di tecniche miste su cartoncino (pennarello, acrilico, acquarello), ceramiche e sculture che l’artista esegue con rinnovata ispirazione e di cui la mostra offre una selezione attraverso trenta opere tra acrilici su tela, ceramiche e una scultura di grandi dimensioni, realizzata quest’anno dall’artista con smalti policromi.
In mostra si ritrovano le atmosfere inquiete e grottesche (Capovolgimento, 1993), le figure metamorfiche delineate dall’intensità del nero (L’orecchio di Dio e Simbiosi di esseri, 1996), i tipici personaggi emblematici, ora inquietanti e indagatori (Due simbionti, 2008), ora ironici e giocosi (Il giocoliere, 2006).
Anche nei recentissimi acrilici su tela (Circonvoluzione, 2011; Strega marina, 2012; Letargo, 2013) riappare lo stesso mondo immaginario di Dorfles, popolato da forme pure e primitive derivate da un repertorio già delineato nel passato. Nuovi esseri poliformi, a metà tra mondo animale, umano e vegetale, riemergono in un perenne processo di evoluzione. La linea rimane protagonista assoluta degli inverosimili percorsi dettati solo dalla fantasia, dunque dalla natura interiore dell’artista a ulteriore conferma che quella di Dorfles è una pittura libera e istintiva e che, come tale, incuriosisce e sorprende.
“L’opera pittorica di Gillo Dorfles”, scrive Luigi Sansone nel Catalogue raisonné pubblicato dall’editore Mazzotta nel 2010 e comprensivo dell’intera produzione artistica di Dorfles fino ad allora “è tutta pervasa da una rara capacità di coinvolgere lo spettatore nel piacere di cercare e ritrovare in essa quel misterioso mondo interiore che è in ciascuno di noi e che, distratti come siamo da superficiali sollecitazioni esterne, purtroppo tendiamo a dimenticare. Sono lavori intriganti e stimolanti che ci riconducono alle essenze della vita, a percezioni lontane vissute a livello conscio e inconscio, con sorprendente e compiaciuta curiosità.”
Completano il programma della mostra due conferenze (il 21 gennaio e l’11 febbraio 2014) tenute dallo stesso artista, dal curatore Luigi Sansone e dal critico d’arte Claudio Cerritelli sui temi Il rinnovamento dell’arte italiana negli anni Quaranta e Cinquanta dello scorso secolo e Uno sguardo e una riflessione sull’arte contemporanea, un’ennesima testimonianza della inesauribile passione di Gillo Dorfles nei confronti non solo dell’arte e delle sue motivazioni, ma dell’attenta e lucida osservazione di quell’insieme di fenomeni antropologici, sociali e culturali che ad essa sottendono.
Note biografiche
Gillo Dorfles nasce a Trieste nel 1910 da padre goriziano e madre genovese. Qui compie gli studi e ha occasione di frequentare la casa di Umberto Saba, Italo Svevo e il salotto borghese di Elsa Dobra.
Si trasferisce a Milano nel 1928 per seguire i corsi universitari di medicina. A questo periodo appartengono le prime realizzazioni pittoriche. Dopo la laurea con specializzazione in psichiatria, è professore di estetica presso le Università di Cagliari, Trieste e Milano. Nel 1948 è tra i fondatori del MAC (Movimento per l'arte concreta) insieme ad Atanasio Soldati, Galliano Mazzon, Gianni Monnet, Bruno Munari.
Per tutti gli anni Cinquanta prende parte a numerose mostre del MAC, in Italia e all’estero: espone i suoi dipinti alla Libreria Salto di Milano nel 1949 e nel 1950 e in numerose collettive, tra le quali la mostra del 1951 alla Galleria Bompiani di Milano, l’esposizione itinerante in Cile e Argentina nel 1952, e la grande mostra Esperimenti di sintesi delle arti, svoltasi nel 1955 nella Galleria del Fiore di Milano.
Considerevole è stato il suo contributo allo sviluppo dell’estetica italiana del dopoguerra, a partire dal Discorso tecnico delle arti (1952), cui hanno fatto seguito tra gli altri Il divenire delle arti (1959) e Nuovi riti, nuovi miti (1965); Il Kitsch (1968); Introduzione al disegno industriale (1972); Mode & Modi (1979); Elogio della disarmonia (1986); Il feticcio quotidiano (1989); Conformisti (1997); La (nuova) moda della moda (2008). A partire dagli anni Trenta svolge un’intensa attività di critica d’arte e saggistica collaborando con varie riviste.
È stato insignito dell'Ambrogino d'oro dalla città di Milano, del Grifo d'Oro di Genova e del San Giusto d'Oro di Trieste. Riceve alcune lauree honoris causa (Università di Palermo, 2007; Università di Cagliari, 2012) e di pari passo si impegna negli anni in numerose mostre personali: Galleria Wittenborn di New York (1954); Studio Marconi (1986), MMMAC di Paestum (1997), Museo Revoltella di Trieste (2007) solo per citarne alcune.
Artista, docente di estetica, filosofo e critico d’arte estremamente prolifico e innovativo, Gillo Dorfles è testimone diretto della temperie artistica del Novecento che lo coinvolge talvolta in veste di protagonista, tal altra in qualità di attento critico e osservatore.
Dorfles si dedica alla pittura già dalla prima metà degli anni Trenta, partendo da composizioni surreali con una tecnica usata dai maestri del Quattrocento, la tempera grassa all’uovo.
Lo stesso artista ammette di non mirare fin d’allora a qualcosa di preciso, ma di interessarsi a simboli preesistenti, come la croce, la luna, il sole, forme archetipe particolarmente suggestive cui fa ricorso in modo del tutto occasionale.
Da subito la sua pittura – definita “organica” e “vagamente surreale” – risulta slegata da qualsiasi schematismo geometrico e dalle regole precostituite di uno sterile astrattismo.
La sua opera pittorica, infatti, trae la sua ragion d’essere – come afferma lo stesso Dorfles – dall’intima necessità di manifestare le immagini che gli affiorano alla mente e di visualizzare le espressioni consce e inconsce che gli si affacciano.
Nel 1948 è tra i fondatori del MAC (Movimento Arte Concreta) del quale è uno dei principali esponenti e di cui indaga con particolare sensibilità le teorie artistiche.
A partire dal 1958 l’insegnamento, gli studi di estetica e critica d’arte e l’intensa attività di scrittore lo inducono a una progressiva diminuzione dell’attività pittorica.
È il periodo in cui si sviluppano movimenti come l’informale, la pop art, l’arte povera che, per quanto interessanti agli occhi di Dorfles come critico d’arte, risultano molto distanti dalla sua sensibilità di pittore e lo inducono ad allontanarsi dalla scena artistica cui ritornerà solo dopo gli anni Ottanta.
La mostra alla Fondazione Marconi si concentra proprio su questi ultimi trent’anni della produzione di Dorfles, costituita nel suo complesso da una cospicua serie di tecniche miste su cartoncino (pennarello, acrilico, acquarello), ceramiche e sculture che l’artista esegue con rinnovata ispirazione e di cui la mostra offre una selezione attraverso trenta opere tra acrilici su tela, ceramiche e una scultura di grandi dimensioni, realizzata quest’anno dall’artista con smalti policromi.
In mostra si ritrovano le atmosfere inquiete e grottesche (Capovolgimento, 1993), le figure metamorfiche delineate dall’intensità del nero (L’orecchio di Dio e Simbiosi di esseri, 1996), i tipici personaggi emblematici, ora inquietanti e indagatori (Due simbionti, 2008), ora ironici e giocosi (Il giocoliere, 2006).
Anche nei recentissimi acrilici su tela (Circonvoluzione, 2011; Strega marina, 2012; Letargo, 2013) riappare lo stesso mondo immaginario di Dorfles, popolato da forme pure e primitive derivate da un repertorio già delineato nel passato. Nuovi esseri poliformi, a metà tra mondo animale, umano e vegetale, riemergono in un perenne processo di evoluzione. La linea rimane protagonista assoluta degli inverosimili percorsi dettati solo dalla fantasia, dunque dalla natura interiore dell’artista a ulteriore conferma che quella di Dorfles è una pittura libera e istintiva e che, come tale, incuriosisce e sorprende.
“L’opera pittorica di Gillo Dorfles”, scrive Luigi Sansone nel Catalogue raisonné pubblicato dall’editore Mazzotta nel 2010 e comprensivo dell’intera produzione artistica di Dorfles fino ad allora “è tutta pervasa da una rara capacità di coinvolgere lo spettatore nel piacere di cercare e ritrovare in essa quel misterioso mondo interiore che è in ciascuno di noi e che, distratti come siamo da superficiali sollecitazioni esterne, purtroppo tendiamo a dimenticare. Sono lavori intriganti e stimolanti che ci riconducono alle essenze della vita, a percezioni lontane vissute a livello conscio e inconscio, con sorprendente e compiaciuta curiosità.”
Completano il programma della mostra due conferenze (il 21 gennaio e l’11 febbraio 2014) tenute dallo stesso artista, dal curatore Luigi Sansone e dal critico d’arte Claudio Cerritelli sui temi Il rinnovamento dell’arte italiana negli anni Quaranta e Cinquanta dello scorso secolo e Uno sguardo e una riflessione sull’arte contemporanea, un’ennesima testimonianza della inesauribile passione di Gillo Dorfles nei confronti non solo dell’arte e delle sue motivazioni, ma dell’attenta e lucida osservazione di quell’insieme di fenomeni antropologici, sociali e culturali che ad essa sottendono.
Note biografiche
Gillo Dorfles nasce a Trieste nel 1910 da padre goriziano e madre genovese. Qui compie gli studi e ha occasione di frequentare la casa di Umberto Saba, Italo Svevo e il salotto borghese di Elsa Dobra.
Si trasferisce a Milano nel 1928 per seguire i corsi universitari di medicina. A questo periodo appartengono le prime realizzazioni pittoriche. Dopo la laurea con specializzazione in psichiatria, è professore di estetica presso le Università di Cagliari, Trieste e Milano. Nel 1948 è tra i fondatori del MAC (Movimento per l'arte concreta) insieme ad Atanasio Soldati, Galliano Mazzon, Gianni Monnet, Bruno Munari.
Per tutti gli anni Cinquanta prende parte a numerose mostre del MAC, in Italia e all’estero: espone i suoi dipinti alla Libreria Salto di Milano nel 1949 e nel 1950 e in numerose collettive, tra le quali la mostra del 1951 alla Galleria Bompiani di Milano, l’esposizione itinerante in Cile e Argentina nel 1952, e la grande mostra Esperimenti di sintesi delle arti, svoltasi nel 1955 nella Galleria del Fiore di Milano.
Considerevole è stato il suo contributo allo sviluppo dell’estetica italiana del dopoguerra, a partire dal Discorso tecnico delle arti (1952), cui hanno fatto seguito tra gli altri Il divenire delle arti (1959) e Nuovi riti, nuovi miti (1965); Il Kitsch (1968); Introduzione al disegno industriale (1972); Mode & Modi (1979); Elogio della disarmonia (1986); Il feticcio quotidiano (1989); Conformisti (1997); La (nuova) moda della moda (2008). A partire dagli anni Trenta svolge un’intensa attività di critica d’arte e saggistica collaborando con varie riviste.
È stato insignito dell'Ambrogino d'oro dalla città di Milano, del Grifo d'Oro di Genova e del San Giusto d'Oro di Trieste. Riceve alcune lauree honoris causa (Università di Palermo, 2007; Università di Cagliari, 2012) e di pari passo si impegna negli anni in numerose mostre personali: Galleria Wittenborn di New York (1954); Studio Marconi (1986), MMMAC di Paestum (1997), Museo Revoltella di Trieste (2007) solo per citarne alcune.
14
gennaio 2014
Gillo Dorfles – Ieri e oggi
Dal 14 gennaio al 22 febbraio 2014
fotografia
Location
FONDAZIONE MARCONI
Milano, Via Alessandro Tadino, 15, (Milano)
Milano, Via Alessandro Tadino, 15, (Milano)
Orario di apertura
martedì - sabato 10-13, 15-19
Vernissage
14 Gennaio 2014, h 18
Ufficio stampa
CRISTINA PARISET
Autore
Curatore