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Stefano Mariotti
Quello che io intendo indagare è la mia idea di terza dimensione. Il Maestro Fontana tagliava o bucava le tele, io ne creo una sopra.
Comunicato stampa
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intervista a Stefano Mariotti
In quale circostanza è nato il desiderio di fare arte?
Difficile dirlo con esattezza. Mio padre, Raffaello Mariotti, era un professore di storia dell’arte. Ricordo che sin da bambino mi portava per musei e mi spiegava tutto quello che vedevo. Il mio amore per l’arte è nato con lui e nelle mostre che ho visto. Firenze ha fatto il resto.
Quali temi o stati d’animo affronti nelle tue opere?
Nella vostra galleria ho presentato quasi esclusivamente dei lavori che io definisco “concettuali per tecnica”. Mi spiego meglio: i fili che inondano i miei quadri hanno lo scopo di velare la superficie della tela per nasconderne una porzione e svelare solo quello che io voglio. Il gioco psicologico che intendo portare all’attenzione è basato quindi su questo duplice aspetto di vedo e non vedo, come se tenessi volutamente socchiusa una porta che nasconde un qualcosa. In certe mostre dove io, volutamente, mi sono nascosto per vedere le reazioni della gente, ho visto delle persone che, addirittura, muovevano la massa dei fili, che io chiamo “tessitura”, per leggere meglio la tela. Il monocromo o il bicromo, poi, aiutano in questa specie di ricerca psicologica. Quello che io intendo indagare è la mia idea di terza dimensione. Il Maestro Fontana tagliava o bucava le tele, io ne creo una sopra. La luce batte sui fili, si creano le ombre, la porzione più materica della tela è visibile, l’altra è quasi del tutto celata. Deve nascere la curiosità di vedere che c’è sotto, entrare da quella porta che io ho volutamente socchiuso. In altri lavori che presenterò in futuro anche da voi, il filo ha il solo scopo di creare l’ombra. Le tele in questione, chiamate “Studi cinetici”, sono per lo più monocromi, dove l’azione dell’ombra sulla materia è determinante e “Scene del crimine” che rappresentano alberi morti, persone uccise come , per l’appunto, in un’ideale scena del crimine poliziesca o che cadono verso un punto all’infinito ( Le cadute di Icaro ) ma che, malgrado tutto, non sono tele cupe. Mi dilungo un attimo su quest’ultimo tema. Le “Scene del crimine” rappresentano temi forti, per cercare di smuovere le coscienze di chi guarda, ma, come spesso dico: “il giorno è ricco di sole e la notte è sempre buia”, quindi se le tele sono solari sono piene di luce ( e di ombre generate dai fili ) se sono notturne vincono i pigmenti più scuri e niente più. Comunque ne parlerò con più attenzione quando le presenterò alla galleria.
Quale tecnica e materiali prediligi?
La mia è una tecnica mista dove unisco i pigmenti alla sabbia più o meno vagliata, chiodi che servono da fulcri e, talvolta, anche più di un km di filo di cotone.
Nelle opere presenti in galleria le ombre fanno da filo conduttore. Rappresentano una realtà descrivibile, raccontabile e figurativamente tangibile, vuoi parlarcene?
I fili sono il pretesto per creare una specie di nuova “tessitura” sopra la tela di origine. La tela è trattata con i pigmenti uniti alla sabbia, i fili servono per celare parte della stessa tela, ma offrono anche dei piccolissimi spiragli, per vedere che c’è sotto e, inondati da luci giuste, creano delle ombre assolutamente nette. Quasi una seconda rete geometrica che scurisce il pigmento sottostante. In più, quando varia la luce, le ombre mutano, oppure in certe ore del giorno addirittura spariscono. I miei lavori sono perciò destinati a mutare e il quadro che vedi la mattina presto, non è mai quello che è a mezzogiorno, o la sera sotto una luce artificiale. Questa mutevolezza è parte della mia ricerca estetica. Non credo che la mia rappresentazione artistica si possa definire “cinetica” al cento per cento, ma per un certo qual modo lo è. Il fatto poi che le mie opere siano quasi esclusivamente monocromi o bicromi, gioca sulla psicologia dei colori. Insomma cerco di solleticare, in chi guarda, più di un tasto psicologico.
Sei stato affascinato da un artista o da un movimento in particolare?
Sì e no. I riferimenti esistono certamente, ma per me l’arte è un continuum temporale che dai petroglifi arriva ai nostri giorni. Talvolta un artista è castrato nella sua opera dal Maestro di riferimento. Non vorrei succedesse a me. Se mi definite cinetico potreste avvicinarmi ai maestri del Cinetismo e non capire tutto quello che intendo fare. Se parlate solo di cromie o di monocromie mi avvicinate ad altri ancora; io credo fortemente che un artista concettuale di oggi sia l’eccezionale risultato di tanti concetti messi insieme… io perseguo un mio ragionamento, uno studio ben preciso, anche volendo un personalissimo senso estetico. Mi sento figlio di tutti i grandi del passato e anche di miei coetanei, ancora non scoperti dalla critica, che ho avuto l’onore e il piacere di frequentare.
Cosa pensi dell’arte oggi?
Che c’è troppa confusione. Mi mancano gli anni delle grandi ricerche estetiche e concettuali. Vorrei essere un pittore del dopoguerra per annusare l’aria intellettuale che tirava. Avrei voluto parlare con Klein, Manzoni, Fontana, Burri, Vedova… mi limito a studiarli.
Mini questionario Proustiano:
Il tratto principale del mio carattere: la curiosità
La qualità che desidero in un uomo: non saprei molte volte mi basta sia simpatico e disponibile
La qualità che desidero in una donna: se la donna in questione non è la mia compagna la simpatia ma se parliamo di Reghina una qualità non basta
Quel che apprezzo di più nei miei amici: disponibilità e voglia di ridere
Il mio principale difetto: sono goloso
Il mio principale pregio: amo ridere
La mia occupazione preferita: apprendere
Il mio sogno di felicità: potermi licenziare dal mio lavoro e vivere della mia “creatività”
Quale sarebbe per me la più grande disgrazia: morire con i rimpianti
Quel che vorrei essere: un artista famoso e ricco
Il Paese dove vorrei vivere: Italia e Grecia
Il colore che preferisco: il verde (che è l’unico che non uso in pittura)
Qual è la musica che ascolto più spesso: Jazz
I tuoi film preferiti: Laurence d’Arabia, i films di Kurosawa e Kubrick, il cinema (al cinema) in generale
Il tuo scrittore preferito: Ammanniti
Il tuo pittore preferito: Burri
Il dono di natura che vorrei avere: poter volare e le branchie
Come vorrei morire: di morte eroica
Stato attuale del mio animo: in pace
Le colpe che mi ispirano maggior indulgenza: dipende da chi commette un reato e perché
Hai un motto: no ma mi piace questo: è una vita di stenti e privazioni (letto da Dylan Dog )
In quale circostanza è nato il desiderio di fare arte?
Difficile dirlo con esattezza. Mio padre, Raffaello Mariotti, era un professore di storia dell’arte. Ricordo che sin da bambino mi portava per musei e mi spiegava tutto quello che vedevo. Il mio amore per l’arte è nato con lui e nelle mostre che ho visto. Firenze ha fatto il resto.
Quali temi o stati d’animo affronti nelle tue opere?
Nella vostra galleria ho presentato quasi esclusivamente dei lavori che io definisco “concettuali per tecnica”. Mi spiego meglio: i fili che inondano i miei quadri hanno lo scopo di velare la superficie della tela per nasconderne una porzione e svelare solo quello che io voglio. Il gioco psicologico che intendo portare all’attenzione è basato quindi su questo duplice aspetto di vedo e non vedo, come se tenessi volutamente socchiusa una porta che nasconde un qualcosa. In certe mostre dove io, volutamente, mi sono nascosto per vedere le reazioni della gente, ho visto delle persone che, addirittura, muovevano la massa dei fili, che io chiamo “tessitura”, per leggere meglio la tela. Il monocromo o il bicromo, poi, aiutano in questa specie di ricerca psicologica. Quello che io intendo indagare è la mia idea di terza dimensione. Il Maestro Fontana tagliava o bucava le tele, io ne creo una sopra. La luce batte sui fili, si creano le ombre, la porzione più materica della tela è visibile, l’altra è quasi del tutto celata. Deve nascere la curiosità di vedere che c’è sotto, entrare da quella porta che io ho volutamente socchiuso. In altri lavori che presenterò in futuro anche da voi, il filo ha il solo scopo di creare l’ombra. Le tele in questione, chiamate “Studi cinetici”, sono per lo più monocromi, dove l’azione dell’ombra sulla materia è determinante e “Scene del crimine” che rappresentano alberi morti, persone uccise come , per l’appunto, in un’ideale scena del crimine poliziesca o che cadono verso un punto all’infinito ( Le cadute di Icaro ) ma che, malgrado tutto, non sono tele cupe. Mi dilungo un attimo su quest’ultimo tema. Le “Scene del crimine” rappresentano temi forti, per cercare di smuovere le coscienze di chi guarda, ma, come spesso dico: “il giorno è ricco di sole e la notte è sempre buia”, quindi se le tele sono solari sono piene di luce ( e di ombre generate dai fili ) se sono notturne vincono i pigmenti più scuri e niente più. Comunque ne parlerò con più attenzione quando le presenterò alla galleria.
Quale tecnica e materiali prediligi?
La mia è una tecnica mista dove unisco i pigmenti alla sabbia più o meno vagliata, chiodi che servono da fulcri e, talvolta, anche più di un km di filo di cotone.
Nelle opere presenti in galleria le ombre fanno da filo conduttore. Rappresentano una realtà descrivibile, raccontabile e figurativamente tangibile, vuoi parlarcene?
I fili sono il pretesto per creare una specie di nuova “tessitura” sopra la tela di origine. La tela è trattata con i pigmenti uniti alla sabbia, i fili servono per celare parte della stessa tela, ma offrono anche dei piccolissimi spiragli, per vedere che c’è sotto e, inondati da luci giuste, creano delle ombre assolutamente nette. Quasi una seconda rete geometrica che scurisce il pigmento sottostante. In più, quando varia la luce, le ombre mutano, oppure in certe ore del giorno addirittura spariscono. I miei lavori sono perciò destinati a mutare e il quadro che vedi la mattina presto, non è mai quello che è a mezzogiorno, o la sera sotto una luce artificiale. Questa mutevolezza è parte della mia ricerca estetica. Non credo che la mia rappresentazione artistica si possa definire “cinetica” al cento per cento, ma per un certo qual modo lo è. Il fatto poi che le mie opere siano quasi esclusivamente monocromi o bicromi, gioca sulla psicologia dei colori. Insomma cerco di solleticare, in chi guarda, più di un tasto psicologico.
Sei stato affascinato da un artista o da un movimento in particolare?
Sì e no. I riferimenti esistono certamente, ma per me l’arte è un continuum temporale che dai petroglifi arriva ai nostri giorni. Talvolta un artista è castrato nella sua opera dal Maestro di riferimento. Non vorrei succedesse a me. Se mi definite cinetico potreste avvicinarmi ai maestri del Cinetismo e non capire tutto quello che intendo fare. Se parlate solo di cromie o di monocromie mi avvicinate ad altri ancora; io credo fortemente che un artista concettuale di oggi sia l’eccezionale risultato di tanti concetti messi insieme… io perseguo un mio ragionamento, uno studio ben preciso, anche volendo un personalissimo senso estetico. Mi sento figlio di tutti i grandi del passato e anche di miei coetanei, ancora non scoperti dalla critica, che ho avuto l’onore e il piacere di frequentare.
Cosa pensi dell’arte oggi?
Che c’è troppa confusione. Mi mancano gli anni delle grandi ricerche estetiche e concettuali. Vorrei essere un pittore del dopoguerra per annusare l’aria intellettuale che tirava. Avrei voluto parlare con Klein, Manzoni, Fontana, Burri, Vedova… mi limito a studiarli.
Mini questionario Proustiano:
Il tratto principale del mio carattere: la curiosità
La qualità che desidero in un uomo: non saprei molte volte mi basta sia simpatico e disponibile
La qualità che desidero in una donna: se la donna in questione non è la mia compagna la simpatia ma se parliamo di Reghina una qualità non basta
Quel che apprezzo di più nei miei amici: disponibilità e voglia di ridere
Il mio principale difetto: sono goloso
Il mio principale pregio: amo ridere
La mia occupazione preferita: apprendere
Il mio sogno di felicità: potermi licenziare dal mio lavoro e vivere della mia “creatività”
Quale sarebbe per me la più grande disgrazia: morire con i rimpianti
Quel che vorrei essere: un artista famoso e ricco
Il Paese dove vorrei vivere: Italia e Grecia
Il colore che preferisco: il verde (che è l’unico che non uso in pittura)
Qual è la musica che ascolto più spesso: Jazz
I tuoi film preferiti: Laurence d’Arabia, i films di Kurosawa e Kubrick, il cinema (al cinema) in generale
Il tuo scrittore preferito: Ammanniti
Il tuo pittore preferito: Burri
Il dono di natura che vorrei avere: poter volare e le branchie
Come vorrei morire: di morte eroica
Stato attuale del mio animo: in pace
Le colpe che mi ispirano maggior indulgenza: dipende da chi commette un reato e perché
Hai un motto: no ma mi piace questo: è una vita di stenti e privazioni (letto da Dylan Dog )
07
luglio 2014
Stefano Mariotti
Dal 07 al 31 luglio 2014
presentazione
Location
ROSSO CINABRO (GALLERY)
Roma, Via Raffaele Cadorna, 28, (Roma)
Roma, Via Raffaele Cadorna, 28, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì 11-19
Vernissage
7 Luglio 2014, ore 18
Autore
Curatore