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Fernando Pietròpoli – Tra l’attimo e l’eterno
A Lazise (VR), alla Dogana Veneta, l’artista veronese Fernando Pietròpoli presenta una personale di pittura con le sue opere più recenti di stile lirico informale e materico
Comunicato stampa
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Tra l'attimo e l'eterno (Il “disordine naturale”)
“Non ho mai visto così chiaramente in me stesso come ora, in questo momento in cui non vedo più niente”,
scriveva R. Gary. Sono parole consone al vivere di Fernando Pietròpoli. E’ come se il suo corpo si calasse
dentro l’opera che produce rappresentando ciò che non si può vedere ma che c'è: le forme del suo amore
totale per l’arte. Un’arte che egli vive fino a mimarla in una sorta di penetrazione e libertà intellettuale
arrivando a sostenere che si debba essere liberi persino dal desiderio di piacere.
Nulla ha potuto prevaricare l'intelligenza di questa mano che nel segno di quella libertà ha tenuto e tiene la
propria arte all'altezza del mondo. Mi ha subito colpito la forza e la serietà della sua riflessione sull'essere
artista, consapevole e attento a cogliere le sollecitazioni che storia, cultura e società gli presentano e sulle
quali inequivocabilmente si interroga. Pietròpoli è un artista che “pensa”, e dunque tutt’altro che istintivo.
Il pensiero è il punto di partenza e di arrivo di ogni sua creazione, volto a dimostrare come la pittura non
rappresenti soltanto un'emozione o un'immagine, o descriva “qualche cosa”, ma piuttosto traduca sempre un
“concetto”, e quindi sempre astratta anche nella sua apparente fisicità.
Pietròpoli è un pittore dal tratto rischioso ed azzardato, dalla pennellata aristocratica e severa, in apparenza
“sgrammaticata” ma assolutamente necessaria perché coincide con la sua vita. Di fronte ad ognuno dei suoi
lavori si respira la sua stessa tensione ed il suo non accontentarsi mai di una soluzione facile. Tutta la sua
opera viene dipinta lì, come dai bordi di un precipizio, di un pianerottolo senza ringhiera, dal pendio dei
tetti o sul filo delle grondaie, in un luogo da capogiro, un luogo dove salvezza e abbandono sono separati
da una manciata di metri. Come traforata da una hantise ineludibile, la pittura di Pietròpoli palesa scarti
continui, continui sobbalzi, si apre in improvvise feritoie, passaggi di colore e materia a volte minuti e a
volte maestosi, sismici. E in essi l’artista sviluppa la propria abilità nel controllare un innato “disordine
naturale”, dando un assetto logico alla materia umida e fibrosa di ciò che ha concepito.
Dalle sue tele emerge allora tutto il costrutto umano: arcate e ponti, simboli di congiunzioni artificiali e del
compromesso tecnologico fra uomo e macchina, griglie quadrettate che sembrano vuote occhiaie di palazzi
come svuotati da un bombardamento aereo, ardite geometrie che salgono verso il cielo, linee di orizzonte
indistinte eppure pregne di arcane sussistenze. Di rado l’artista si placa, per distendersi, quando accade, nella
memoria di figure d’origine riattinte come in un bisogno fisico di respiro vitale.
Ogni suo dipinto sembra nato tra l'attimo e l'eterno. I suoi lavori vengono percepiti come un prolungamento
dell'esistenza, una sorta di grido che si incide sulla tela. Una pittura postmoderna, contemporaneissima, che
pare muoversi tra la materia finita e una infinita, umana ferita, una ferita non preparata ad essere ristorata, né
dal proprio passato né dal proprio destino.
dott. Maria Gabriella Morello
Marzo 2014
“Non ho mai visto così chiaramente in me stesso come ora, in questo momento in cui non vedo più niente”,
scriveva R. Gary. Sono parole consone al vivere di Fernando Pietròpoli. E’ come se il suo corpo si calasse
dentro l’opera che produce rappresentando ciò che non si può vedere ma che c'è: le forme del suo amore
totale per l’arte. Un’arte che egli vive fino a mimarla in una sorta di penetrazione e libertà intellettuale
arrivando a sostenere che si debba essere liberi persino dal desiderio di piacere.
Nulla ha potuto prevaricare l'intelligenza di questa mano che nel segno di quella libertà ha tenuto e tiene la
propria arte all'altezza del mondo. Mi ha subito colpito la forza e la serietà della sua riflessione sull'essere
artista, consapevole e attento a cogliere le sollecitazioni che storia, cultura e società gli presentano e sulle
quali inequivocabilmente si interroga. Pietròpoli è un artista che “pensa”, e dunque tutt’altro che istintivo.
Il pensiero è il punto di partenza e di arrivo di ogni sua creazione, volto a dimostrare come la pittura non
rappresenti soltanto un'emozione o un'immagine, o descriva “qualche cosa”, ma piuttosto traduca sempre un
“concetto”, e quindi sempre astratta anche nella sua apparente fisicità.
Pietròpoli è un pittore dal tratto rischioso ed azzardato, dalla pennellata aristocratica e severa, in apparenza
“sgrammaticata” ma assolutamente necessaria perché coincide con la sua vita. Di fronte ad ognuno dei suoi
lavori si respira la sua stessa tensione ed il suo non accontentarsi mai di una soluzione facile. Tutta la sua
opera viene dipinta lì, come dai bordi di un precipizio, di un pianerottolo senza ringhiera, dal pendio dei
tetti o sul filo delle grondaie, in un luogo da capogiro, un luogo dove salvezza e abbandono sono separati
da una manciata di metri. Come traforata da una hantise ineludibile, la pittura di Pietròpoli palesa scarti
continui, continui sobbalzi, si apre in improvvise feritoie, passaggi di colore e materia a volte minuti e a
volte maestosi, sismici. E in essi l’artista sviluppa la propria abilità nel controllare un innato “disordine
naturale”, dando un assetto logico alla materia umida e fibrosa di ciò che ha concepito.
Dalle sue tele emerge allora tutto il costrutto umano: arcate e ponti, simboli di congiunzioni artificiali e del
compromesso tecnologico fra uomo e macchina, griglie quadrettate che sembrano vuote occhiaie di palazzi
come svuotati da un bombardamento aereo, ardite geometrie che salgono verso il cielo, linee di orizzonte
indistinte eppure pregne di arcane sussistenze. Di rado l’artista si placa, per distendersi, quando accade, nella
memoria di figure d’origine riattinte come in un bisogno fisico di respiro vitale.
Ogni suo dipinto sembra nato tra l'attimo e l'eterno. I suoi lavori vengono percepiti come un prolungamento
dell'esistenza, una sorta di grido che si incide sulla tela. Una pittura postmoderna, contemporaneissima, che
pare muoversi tra la materia finita e una infinita, umana ferita, una ferita non preparata ad essere ristorata, né
dal proprio passato né dal proprio destino.
dott. Maria Gabriella Morello
Marzo 2014
03
agosto 2014
Fernando Pietròpoli – Tra l’attimo e l’eterno
Dal 03 al 22 agosto 2014
arte contemporanea
Location
DOGANA VENETA DI LAZISE
Lazise, Piazzetta Partenio, 13, (Verona)
Lazise, Piazzetta Partenio, 13, (Verona)
Orario di apertura
11-22
Vernissage
3 Agosto 2014, h 19
Sito web
www.fernandopietropoli.it
Autore
Curatore