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Alessandra Spranzi – Maraviglia
Anche se ciò che espone sono fotografie, Alessandra Spranzi non è una fotografa, bensì un’artista che utilizza la fotografia. La distinzione può sembrare oziosa, oppure obsoleta: risale agli anni Settanta, e si è dimostrata via via più inadatta a descrivere l’evoluzione del linguaggio fotografico.
Comunicato stampa
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Ma nel caso di Spranzi, e di questa mostra in particolare, torna a essere utile. La maggior parte delle opere esposte, realizzate per lo più negli ultimi due anni, non propongono immagini originali, scattate da Spranzi, ma riciclano immagini altrui, provenienti da manuali pratici, libri scientifici, riviste di annunci economici. Sono fotografie che l’artista ha collezionato nel corso degli anni, selezionato, infine riutilizzato in vario modo: rifotografandole, ritagliandole, ingrandendole, stampandole con tecniche diverse da quelle dell’immagine originale, talvolta impiegandole come materiale di partenza per dei collage. Ciò che le interessa è additare una bellezza che esisteva già, non vista, in immagini preesistenti: fotografie anonime e non professionali, o comunque realizzate senza preoccupazioni artistiche. Scrive l’artista:
"Da anni rifletto sul potenziale, spesso addormentato o consumato, presente nelle immagini, tornando a guardare e utilizzare materiale anacronistico o povero con progetti ogni volta diversi, che portano alla luce, o svelano, il lato nascosto e irrazionale delle cose e delle immagini. Raccogliere, avvicinare, mettere insieme, far incontrare, è un modo per riorganizzare, o sorprendere, la visione e il pensiero, per rimettere in gioco la natura enigmatica dell’immagine fotografica che continuamente ci interroga."
Questa attitudine accomuna Spranzi ad altri artisti-fotografi che, dagli anni Sessanta ad oggi, si sono appropriati di immagini altrui, dei quali la galleria P420 l’anno passato ha offerto una panoramica nella collettiva Lumpenfotografie. Ciò che distingue Spranzi dai suoi colleghi è la ricerca di un’estetica specifica, spesso riconoscibile al primo sguardo: sia che rifotografi un vecchio manuale illustrato di fai-da-te, sia che crei un’immagine originale (come nelle polaroid di piccole composizioni di oggetti trovati della recente serie Obsoleto), Spranzi offre sempre allo spettatore immagini silenziose e sospese, nelle quali le cose, assente l’uomo (o ridotto al ruolo di assistente fuori campo, di cui vediamo solo una mano) sembrano sempre sul punto di rivelare un segreto. È un universo poetico per il quale la parola “metafisico” non è fuori luogo, come non lo è per certe nature morte di De Pisis o certe fotografie di Luigi Ghirri, autori che, come Spranzi e prima di lei, hanno coltivato la capacità di stupirsi delle cose più ordinarie come se le vedessero per la prima volta. Si tratta, in fondo, di ritrovare una forma di meraviglia, anzi, di “maraviglia”, seguendo la grafia obsoleta della parola che Spranzi ha scelto come titolo della mostra:
"Maraviglia, la ripetizione della a come uno stupore ripetuto, o uno stupore del secondo sguardo.
Chiudo gli occhi, li riapro, riguardo o ritrovo qualcosa che appare inaspettatamente nuovo."
La mostra comprende opere provenienti dai seguenti cicli: Io? (1992-93), Vendesi (dal 2007), Dizionario moderno (2012-14), Sortilegio (dal 2012), Obsoleto (dal 2012).
"Da anni rifletto sul potenziale, spesso addormentato o consumato, presente nelle immagini, tornando a guardare e utilizzare materiale anacronistico o povero con progetti ogni volta diversi, che portano alla luce, o svelano, il lato nascosto e irrazionale delle cose e delle immagini. Raccogliere, avvicinare, mettere insieme, far incontrare, è un modo per riorganizzare, o sorprendere, la visione e il pensiero, per rimettere in gioco la natura enigmatica dell’immagine fotografica che continuamente ci interroga."
Questa attitudine accomuna Spranzi ad altri artisti-fotografi che, dagli anni Sessanta ad oggi, si sono appropriati di immagini altrui, dei quali la galleria P420 l’anno passato ha offerto una panoramica nella collettiva Lumpenfotografie. Ciò che distingue Spranzi dai suoi colleghi è la ricerca di un’estetica specifica, spesso riconoscibile al primo sguardo: sia che rifotografi un vecchio manuale illustrato di fai-da-te, sia che crei un’immagine originale (come nelle polaroid di piccole composizioni di oggetti trovati della recente serie Obsoleto), Spranzi offre sempre allo spettatore immagini silenziose e sospese, nelle quali le cose, assente l’uomo (o ridotto al ruolo di assistente fuori campo, di cui vediamo solo una mano) sembrano sempre sul punto di rivelare un segreto. È un universo poetico per il quale la parola “metafisico” non è fuori luogo, come non lo è per certe nature morte di De Pisis o certe fotografie di Luigi Ghirri, autori che, come Spranzi e prima di lei, hanno coltivato la capacità di stupirsi delle cose più ordinarie come se le vedessero per la prima volta. Si tratta, in fondo, di ritrovare una forma di meraviglia, anzi, di “maraviglia”, seguendo la grafia obsoleta della parola che Spranzi ha scelto come titolo della mostra:
"Maraviglia, la ripetizione della a come uno stupore ripetuto, o uno stupore del secondo sguardo.
Chiudo gli occhi, li riapro, riguardo o ritrovo qualcosa che appare inaspettatamente nuovo."
La mostra comprende opere provenienti dai seguenti cicli: Io? (1992-93), Vendesi (dal 2007), Dizionario moderno (2012-14), Sortilegio (dal 2012), Obsoleto (dal 2012).
22
novembre 2014
Alessandra Spranzi – Maraviglia
Dal 22 novembre 2014 al 31 gennaio 2015
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
P420 ART GALLERY
Bologna, Via Azzo Gardino, 9, (Bologna)
Bologna, Via Azzo Gardino, 9, (Bologna)
Orario di apertura
da mercoledì a venerdì ore 15-19.30
sabato 9.30-13.30 e 15-19.30
Vernissage
22 Novembre 2014, ore 18-21
Autore