Con “L'arte nel quotidiano: contrasti, colori e riflessi” Maria Giovanna Calcagno ci propone una visione calda, affettuosa e consapevole sugli oggetti d’uso comune in cucina, donando a ciascuno una nuova vita luminosa grazie alle trasparenze dell’acquarello. È la stessa impostazione ideale che ritroviamo in Jacek Yerka che, con la sua serie di utensili restituiva un’atmosfera da sogno, una composizione caotica ma famigliare che appare simile all’operazione di rimpicciolimento del mondo messo in atto nei vari miti legati ai “tiny people” e ripresi a livello visivo da Hiromasa Yonebayashi. In questi universi, così come nell’artista polacco, si mescolano mille tipologie di spunti culturali. Analogamente, nella mostra di Maria Giovanna Calcagno, l’approccio parrebbe essere più univoco, ma in realtà la ricollocazione creativa delle piccole cose può essere sempre letta sotto molteplici punti di vista. In primo luogo abbiamo un quadro etnografico che apre orizzonti inaspettati sulla società, facendo rivivere un passato che si credeva perduto. Non è quindi la statica natura morta di Jean-Baptiste Siméon Chardin, né la prospettiva desolatamente dandy di “After the Party” di Andy Warhol, ma piuttosto qualcosa di intimo e vicino al fondamentale bisogno umano di un rifugio conosciuto. L’accostamento armonioso delle forme, le loro curve e la definizione di un insieme omogeneo contribuiscono a svelare l’eleganza della semplicità; e talvolta l’attribuzione di titoli surreali si sofferma sul lato sognante, dandoci una diversa chiave di lettura. Parafrasando Elizabeth Strout e Dietrich Bonhoeffer possiamo dire che bambini giocano per sopravvivere, ossia per crearsi dei chiari riferimenti orientativi; ed è dunque con spirito la serietà dello spirito ludico che vanno interpretate le storie di principesse dell’Età Vittoriana o anche la innocente l’imitazione delle professioni adulte.