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Francisco Benìtez – Ri/scatti, donna Inés ha perso la scarpina
Un pittore colto ma anche un fotografo, un narratore ma anche un ricercatore, Francisco Benìtez è questo e molto altro e nelle sale del piano nobile di Palazzo Nicolaci, ogni stanza sarà una scoperta della storia che ci propone, due donne a confronto, l’aristocratica e la serva, entrambe prigioniere della loro condizione. Le mura, i mobili, i dipinti antichi del palazzo nobiliare prenderanno vita e in un percorso articolato ci condurranno fino alla scarpina perduta, simbolo dell’ultimo orpello verso la libertà
Comunicato stampa
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Domenica 5 luglio, alle ore 19, a Palazzo Nicolaci, a cura dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Noto ed a cura di Vincenzo Medica/Studio Barnum contemporary, verrà aperta al pubblico la mostra di Francisco Benìtez "Ri/scatti, donna Inés ha perso la scarpina". Con il contributo critico di Ornella Fazzina, le ambientazioni musicali con l'arpista Antonella Furian, la degustazione dei vini della Cantina Barone Sergio, si assisterà ad una serata di alto contenuto artistico e scientifico. Un pittore colto ma anche un fotografo, un narratore ma anche un ricercatore, Francisco Benìtez è questo e molto altro e nelle sale del piano nobile di Palazzo Nicolaci, ogni stanza sarà una scoperta della storia che ci propone, due donne a confronto, l'aristocratica e la serva, entrambe prigioniere della loro condizione. Le mura, i mobili, i dipinti antichi del palazzo nobiliare prenderanno vita e in un percorso articolato ci condurranno fino alla scarpina perduta, simbolo dell'ultimo orpello verso la libertà. Lei, l'aristocratica, rappresentata con le tecniche antiche, la pittura dell'ottocento e la riscoperta di ben più antichi metodi raffigurativi ( uno su tutti l'encausto, cera calda, usata già nell'antica Grecia, e che verrà praticamente mostrata da Benìtez con una performance domenica), la serva attraverso le fotografie ed altre tecniche più moderne. "Sono felice di tornare ad esporre a Noto e di mostrare i frutti della mia costante ricerca sull'arte; amore e passione trasmessa da mio padre che dalla Spagna emigrò negli Stati Uniti, nel New Mexico per la precisione, dove ha sposato mia madre, indiana d'America. Io sono cresciuto in una riserva indiana e quando è morto mio padre ho sentito la necessità di conoscere il suo Paese d'origine, e lì la mia passione per l'arte è esplosa". Tra opulenza e volontà di far emergere dall'oblio le figure su cui si poggiavano le antiche società. "Ri/scatti" sarà visitabile dal 5 al 30 luglio 2015, tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 17 alle ore 19,30 a Palazzo Nicolaci di Villadorata.
Luoghi e tempi che si incontrano e si contaminano. Questo è il coagulo di intrecci, fra storia individuale e generale, locale e globale, temi politici ed esistenziali che parla e prende forma attraverso RI/SCATTI , progetto artistico di Francisco Benitez in mostra a Palazzo Nicolaci.
Suggestioni e atmosfere dell’aristocrazia spagnola coloniale in Messico, le storie di un secolo, il XVIII°, che attraversando l’Oceano, dal Continente latino-americano arrivano all’Europa e alla Sicilia. A Noto. Un ponte ideale che riconnette, ricrea contesti e allarga il campo visivo e umanizza un tessuto storico e sociale, una pagina solo apparentemente voltata.
La mostra di Benitez ha ora l’andamento di un intimo dialogo, ora quasi il ritmo narrativo di una saga familiare, un confronto fra l’artista e il suo passato con la complicità del visitatore e la vibrazione del luogo che lo ospita e che sceglie di modularsi attraverso più linguaggi, forme ed espressioni. Francisco Benitez: un artista che la città di Noto si onora di ospitare e che impreziosisce la proposta artistica e culturale di Effetto Noto 2015
Ringrazio ancora una volta Studio Barnum per la qualità della sua presenza, l’attenzione e la cura dei luoghi e la grande professionalità nel campo dell’arte a Noto maturata nel tempo.
L’Assessore alla Cultura
Cettina Raudino
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RITRATTI DI IERI E DI OGGI
Il progetto di Francisco Benitez prende spunto da una storia personale che si snoda su un palinsesto composto da dipinti, disegni, fotografie, video e installazioni. La principale fonte d’ispirazione di questa mostra deriva dalla storia della nonna, mandata in collegio all’età di otto anni, e il suo conseguente distacco dalla gente della sua terra e dalla sua famiglia. Francisco ha trascorso lunghi periodi con lei in Nuovo Messico, poiché i genitori per lavoro si erano trasferiti in America alla fine degli anni sessanta. Dopo gli studi al liceo indiano e successivamente in Spagna e in Francia e dopo la dipartita del padre e della nonna, egli ha dato ascolto ad una necessità interiore pensando “ad una mostra che esplorasse le complessità, le sfide e le ricompense che derivavano dall’essere cresciuto in una famiglia multietnica e multiculturale. Avendo vissuto nei luoghi più vari e disparati, questo progetto è per me, in un certo senso, il modo di riconciliare tutte queste identità per esplorare questo commovente ed affascinante passato che unisce molti di noi che siamo figli di quegli incontri primordiali tra coloni e nativi”.
Nella vita accade sempre qualcosa di particolare, se si hanno occhi attenti per osservare. E’ successo a Francisco nel 2013 al Prado colpito dal ritratto di Maria Luisa di Parma, futura regina di Spagna dal 1788 al 1808, eseguito da Anton Raphael Mengs che ritrasse la maggior parte dell’aristocrazia del tardo XVIII secolo. Più tardi venne ritratta anche da Goya, al tempo in cui divenne la personificazione della decadenza della corte spagnola al tempo delle invasioni napoleoniche.
Da qui ha origine il progetto che analizza temi quali l’aristocrazia, la bellezza, le classi sociali, la schiavitù, il dominio coloniale e il loro impatto sulla società multietnica di oggi. L’artista, in questa mostra, ci racconta una storia, quella di un’aristocratica spagnola che arriva nel Nuovo Mondo e si trova al cospetto di una domestica nativa d’America che diverrà complice della vita segreta di Donna Ines. La mostra è imperniata sulle figure della serva e della nobildonna. Le opere in mostra tessono la storia della domestica all’interno di una famiglia coloniale: l’esperienza di affrontare una nuova situazione riaffermando la propria identità fino alla lotta per emancipare se stessa in modo immaginario o reale. Il percorso espositivo costituisce la memoria di quei pensieri, della sua battaglia. Altra protagonista è Donna Ines, la nobildonna che spende le sue giornate fumando la pipa, come facevano le donne aristocratiche di quel tempo, tirando su la propria famiglia solo per trovare se stessa segretamente vulnerabile e sperduta in questo Nuovo Mondo e in un ambiente a lei nuovo. La sfida di Francisco in tutto questo è quella di decifrare il carattere dell’aristocratica e nel contempo analizzare la personalità della serva.
Nonostante le ovvie implicazioni politiche del progetto, esso approda ad uno spazio estetico che rivela un’immagine più complessa della semplice dinamica tra oppressione/repressione, padrone/schiavo. Esso intende infatti addentrarsi anche tra i canali della complicità e la rete di interconnessioni tra i vari personaggi, contemplando sia quelli in posizione di privilegio che quelli ad essi subordinati.
La singolare mostra, che parte da esperienze del proprio vissuto per essere poi arricchita da fatti immaginari, ha l’obiettivo di enunciare le storie di ognuno di noi, risultato di complesse strutture relazionali che Francisco Benitez tratta con una tecnica esaltante per quanto concerne la fedeltà al dato oggettivo, ma riesce anche a decostruire la realtà facendo affiorare comunque il tratto psicologico della persona raffigurata. La capacità è tale da potersi muovere con disinvoltura su registri linguistici differenti che mettono in luce la padronanza dei mezzi che restituiscono attraverso un bisturi pittorico il particolare, il dettaglio, la cura maniacale, così come la sintesi formale creata con poche pennellate. Artista del proprio tempo che sa essere un “archeologo” della pittura antica sconfinando in altri campi, tecniche, linguaggi, egli riesce con questa mostra a far intendere bene qual è la sua idea di contaminazione, di meticciato culturale e artistico, affrontando sotto una nuova veste un tema politico. E’ questo un diverso modo di esprimersi che orienta la ricerca verso una riflessione sullo stesso concetto di fare arte. Il soggetto in primo piano, il paesaggio sullo sfondo, a volte dal sapore novecentista o metafisico, innesta un dialogo felicemente riuscito tra quelli che sembrano scarti temporali, enfatizzati da un apparire familiare e allo stesso tempo estraneo al contesto. Un gioco interessante tra il risolto e l’enigmatico è ciò che si legge in filigrana nel suo lavoro. Nella sua personale cifra stilistica si fonde la riflessione sul tempo, sul ricordo, sul virtuosismo tecnico, dove la scelta formale, del soggetto, della struttura compositiva dà spazio a immagini silenziose, in cui memorie personali e suggestioni confluiscono in una dimensione narrativa fortemente attraente. In questa carrellata che guarda a forme settecentesche e procede con un vocabolario che mutua immagini di primo Novecento per poi continuare con lavori installativi dei nostri anni, forse si vuol sottolineare, nonostante tutto, il prezioso e intimo bisogno di vivere la forma, in tutte le sue declinazioni, omaggiandola e non biasimandola.
Ornella Fazzina
----------------------------
Biografia
Francisco Benítez è nato nel 1967 a Taos, New Mexico e risiede a Santa Fe, sempre in New Mexico, dove dipinge i suoi soggetti ispirati a Caravaggio. La sua vita e il suo lavoro sono segnati da svariati influssi – catalani, castigliani, portoricani e americani – e dai suoi svariati soggiorni - in Campania, Sud della Francia, Spagna e New Mexico. Benítez ha studiato filosofia al St. John's College di Santa Fe, all’ Art Student's League (New York City), NYU, alla Facultad de Bellas Artes di Granada, Spagna e si è diplomato (BFA) in Belle Arti e Storia dell'Arte alla University of New Mexico, Albuquerque.Benítez trae ispirazione soprattutto da Caravaggio, che ha rivoluzionato la pittura drammatizzando l’espressione grazie ad una nuova concezione della luce e dando rilievo psicologico ai soggetti raffigurati. Continuandone la tradizione artistica, Benítez riafferma attraverso le sue opere la necessità di esprimere con la pittura il pathos della condizione umana e le caratteristiche effimere della umana fragilità. Oltre all’influenza di Caravaggio le opere di Benítez risentono degli artisti del barocco spagnolo, come Zubaran e Velasquez, della scuola napoletana di Artemisia Gentileschi e del grande interprete del colore Jusepe de Ribera. I suoi soggetti spaziano dai nudi alle figure drappeggiate su sfondi teatrali, dai ritratti ai polittici.La sensibilità artistica dell’artista ha trovato, nei soggiorni italiani, nuovi percorsi espressivi nella riscoperta degli affreschi tardo romani di Pompei e di Ercolano. Le opere di Francisco Benítez sono esposte in numerosi musei e gallerie negli Stati Uniti e in Europa.
-----------------------------------
L’opera colta di Francisco Benitez concentra la propria attenzione alle correnti figurative che dall’era greca conducono all’arte contemporanea: suoi principali riferimenti la pittura tardo ellenistica e romana, il caravaggismo e le correnti pittoriche che nel XVII secolo hanno operato tra l’Italia meridionale e la Spagna e che oggi continuano ad influenzare determinati generi figurativi (neofigurativismo, pittura colta, anacronismo), la pittura metafisica di matrice dechirichiana e le sue evoluzioni fino ai nostri giorni. La ricerca di Benitez, anche concettuale, é tesa a dare una ampia visione allo spettatore contemporaneo sottolineando, in particolare nella sua produzione ritrattistica, il ruolo imprescindibile e senza tempo della costruzione dell’immagine. L’uso di tecniche antiche, tradizionali, come la pittura ad olio e l’encausto ben consentono all’artista di porre l’accento sulla materia come parte integrante della rappresentazione; occorre tuttavia sottolineare il fondamentale ruolo svolto dal disegno e dalla costruzione scenica, che costituiscono elementi di forte impatto nelle opere di Benitez. L’ utilizzo di una fonte di ispirazione quale i ritratti funerari ad encausto del Faiyum, e, l’antica tecnica di lavorazione in tetracromia (tavolozza a quattro colori), ottenuta attraverso la miscela di pigmenti e cere lavorate a caldo, conferisce all’opera ritrattistica un patos, un’emozione atemporale, che risulta allo stesso tempo antica ed estremamente contemporanea; approfondendo l’indagine psicologica del soggetto Benitez esagera certi tratti fisiognomici per eviscerarne la meta-emotività e l’archetipo dell’individuo. I ritratti funerari femminili egiziani, a cui il pittore s’ispira, erano infatti opere che da un lato esaltavano le modelle rappresentate evidenziandone la classe sociale e la famiglia di provenienza, rendendo, al contempo, una particolare analisi introspettiva che appare oggi il profilo di maggiore modernità di tali opere. Per tale via Benitez indaga e analizza il ruolo, la vita, la sofferenza dell’uomo nel mondo contemporaneo filtrandolo attraverso l’esame storico della società in cui l’arte ha sempre svolto un ruolo fondamentale.
ENGLISH VERSION
Times and places clash and contaminate each other. This is about the thickening of plots, personal and universal narratives, local and global realities, political and existential themes which speak and take form through RI/SCATTI, an artistic project developed by Francisco Benitez and which will be exhibited at the Palazzo Nicolaci.
The intimations and atmospheres which the Spanish aristocracy brought about in Spanish Colonial America, covering a full 18th century, cross the ocean from the American continent and arrive in Europe and Sicily, and Noto. An ideal bridge is reconnected bringing forth new contexts and opening up horizons, all the while humanizing an historical and social quilt whose page only seemed slightly turned.
The exhibition of Benitez has the tone of an intimate dialogue, almost with the narrative rhythm of a family saga—it thus becomes a sort of confrontation between the artist and his own past in complicity with that of the viewer and the space hosting the exhibition, all the while adapting itself to the diverse forms of expression. Francisco Benitez, an artist whom the City of Noto is honored to host, will undoubtedly enrich the artistic and cultural momentum of Effetto Noto 2015.
I wish to thank Studio Barnum for the quality of its proposals, the attention and care for city-wide spaces, and the great professionalism Noto has seen mature with time.
L’Assessore alla Cultura
Cettina Raudino
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PORTRAITS OF YESTERDAY AND TODAY
Francisco Benitez’ project takes its cue from a personal history which unravels itself upon a palimpsest composed of paintings, drawings, photographs, a video, and an installation. The main source of inspiration of this exhibition is derived from his Native American grandmother’s story of being sent to Indian boarding school at the age of eight and her subsequent separation from her land and family. As a child, Francisco spent long periods of time with her in New Mexico while his parents were on the road performing during the 1970’s. After going to school on the reservation and living in Spain and France, and following the respective passing of both his Spanish father and Indian grandmother, he searched deep within himself to find inspiration for the development of a series of works which would explore the complexities, challenges and richness which come from growing up in a multi-ethnic and multicultural household. He states, “Having grown up in these various, disparate places, this project in a sense is a way for me to reconcile those identities, and to explore a poignant and fascinating past that unites many of us, who are the children of those first encounters.”
Life has many things to reveal, especially to those who are sensitive to its inner workings. When visiting the Prado in 2013 Francisco was very taken with the image of Maria Luisa de Parma, the future queen of Spain, from 1788 to 1808, painted by Anton Raphael Mengs—an artist who depicted much of the aristocracy of those times. The same woman was later painted by Goya in a less favorable light, in which she became the embodiment of decadence of the Spanish court during the times of the Napoleonic invasions.
The project thus has its origins in this exploration of aristocracy, beauty, class, slavery, colonialism and their impact upon today’s multi-ethnic society. The artist in this exhibition tells us a story, that of a Spanish aristocrat who arrives in the New World and finds herself confronted with a Native American maidservant who in the end becomes complicit in her secret life. The exhibition meaning hinges upon the concept of the two figures contained within a colonial household—one being of the maidservant confronting a new situation all the while reaffirming her own identity and eventual imagined or real emancipation. The exhibition follows a trail of thoughts related to conflict and questioning. The other character of Doña Inés, the aristocrat who spends her time puffing away as aristocrats did in those times, finds herself secretly vulnerable and lost in this remote and strange New World. Francisco’s challenge has been to decipher the personality of the aristocrat as well as analyze that of the nameless maidservant.
Despite obvious political implications of the project, it strives to inhabit an aesthetic space revealing a more complex picture than simply oppression/repression, master/slave dynamics. It will also explore the channels of complicit and interconnected lacework entangling both those in positions of privilege and those serving them.
This very unique exhibition, takes as a point of departure personal life experiences enriched by the imagination. It has as a goal to articulate each of our own diverse narratives through complex relational structures brought to life by art historical techniques, which in fact deconstruct reality by excavating the likenesses of the fictive characters. The ability is such that all moves effortlessly through different linguistic registers, while highlighting a mastery of means which reveal obsessive detail or formal synthesis with minimal brushstrokes. As an artist of his time, he knows how to be an “archaeologist” of ancient painting, but finds himself now crossing over into other areas, techniques, and languages. In this exhibition, he succeeds in making clear his idea of contamination, of cultural and artistic métissage, all the while quietly confronting a political theme in different garb. Is this a new mode of self-expression, by focusing the aesthetic research towards a reflection on the very concept of artmaking? One painting with the subject of Doña Inés in the foreground and a landscape behind her, evokes early 20th century Metaphysical sensibilities, and integrates a happily successful dialogue among others seeming like quick studies with family likenesses and incongruous juxtapositions. An interesting play of both resoluteness and enigmatic mystery read like filigree over his works. In his specific style of codemaking, a reflection on time, of memory, and technical virtuosity fuse with formal choices, compositional spatial structures with silent images, as personal memories and suggestions flow in a very appealing narrative space. This overview begins with reclaiming 18th century forms which subsequently mutate into early 20th century ones, only then to progress to installation practices of our own times. It would be worth it to underscore the fact there is a tremendous need to inhabit the forms and styles in all their derivations, honoring them rather than besmirching them.
Ornella Fazzina
Luoghi e tempi che si incontrano e si contaminano. Questo è il coagulo di intrecci, fra storia individuale e generale, locale e globale, temi politici ed esistenziali che parla e prende forma attraverso RI/SCATTI , progetto artistico di Francisco Benitez in mostra a Palazzo Nicolaci.
Suggestioni e atmosfere dell’aristocrazia spagnola coloniale in Messico, le storie di un secolo, il XVIII°, che attraversando l’Oceano, dal Continente latino-americano arrivano all’Europa e alla Sicilia. A Noto. Un ponte ideale che riconnette, ricrea contesti e allarga il campo visivo e umanizza un tessuto storico e sociale, una pagina solo apparentemente voltata.
La mostra di Benitez ha ora l’andamento di un intimo dialogo, ora quasi il ritmo narrativo di una saga familiare, un confronto fra l’artista e il suo passato con la complicità del visitatore e la vibrazione del luogo che lo ospita e che sceglie di modularsi attraverso più linguaggi, forme ed espressioni. Francisco Benitez: un artista che la città di Noto si onora di ospitare e che impreziosisce la proposta artistica e culturale di Effetto Noto 2015
Ringrazio ancora una volta Studio Barnum per la qualità della sua presenza, l’attenzione e la cura dei luoghi e la grande professionalità nel campo dell’arte a Noto maturata nel tempo.
L’Assessore alla Cultura
Cettina Raudino
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RITRATTI DI IERI E DI OGGI
Il progetto di Francisco Benitez prende spunto da una storia personale che si snoda su un palinsesto composto da dipinti, disegni, fotografie, video e installazioni. La principale fonte d’ispirazione di questa mostra deriva dalla storia della nonna, mandata in collegio all’età di otto anni, e il suo conseguente distacco dalla gente della sua terra e dalla sua famiglia. Francisco ha trascorso lunghi periodi con lei in Nuovo Messico, poiché i genitori per lavoro si erano trasferiti in America alla fine degli anni sessanta. Dopo gli studi al liceo indiano e successivamente in Spagna e in Francia e dopo la dipartita del padre e della nonna, egli ha dato ascolto ad una necessità interiore pensando “ad una mostra che esplorasse le complessità, le sfide e le ricompense che derivavano dall’essere cresciuto in una famiglia multietnica e multiculturale. Avendo vissuto nei luoghi più vari e disparati, questo progetto è per me, in un certo senso, il modo di riconciliare tutte queste identità per esplorare questo commovente ed affascinante passato che unisce molti di noi che siamo figli di quegli incontri primordiali tra coloni e nativi”.
Nella vita accade sempre qualcosa di particolare, se si hanno occhi attenti per osservare. E’ successo a Francisco nel 2013 al Prado colpito dal ritratto di Maria Luisa di Parma, futura regina di Spagna dal 1788 al 1808, eseguito da Anton Raphael Mengs che ritrasse la maggior parte dell’aristocrazia del tardo XVIII secolo. Più tardi venne ritratta anche da Goya, al tempo in cui divenne la personificazione della decadenza della corte spagnola al tempo delle invasioni napoleoniche.
Da qui ha origine il progetto che analizza temi quali l’aristocrazia, la bellezza, le classi sociali, la schiavitù, il dominio coloniale e il loro impatto sulla società multietnica di oggi. L’artista, in questa mostra, ci racconta una storia, quella di un’aristocratica spagnola che arriva nel Nuovo Mondo e si trova al cospetto di una domestica nativa d’America che diverrà complice della vita segreta di Donna Ines. La mostra è imperniata sulle figure della serva e della nobildonna. Le opere in mostra tessono la storia della domestica all’interno di una famiglia coloniale: l’esperienza di affrontare una nuova situazione riaffermando la propria identità fino alla lotta per emancipare se stessa in modo immaginario o reale. Il percorso espositivo costituisce la memoria di quei pensieri, della sua battaglia. Altra protagonista è Donna Ines, la nobildonna che spende le sue giornate fumando la pipa, come facevano le donne aristocratiche di quel tempo, tirando su la propria famiglia solo per trovare se stessa segretamente vulnerabile e sperduta in questo Nuovo Mondo e in un ambiente a lei nuovo. La sfida di Francisco in tutto questo è quella di decifrare il carattere dell’aristocratica e nel contempo analizzare la personalità della serva.
Nonostante le ovvie implicazioni politiche del progetto, esso approda ad uno spazio estetico che rivela un’immagine più complessa della semplice dinamica tra oppressione/repressione, padrone/schiavo. Esso intende infatti addentrarsi anche tra i canali della complicità e la rete di interconnessioni tra i vari personaggi, contemplando sia quelli in posizione di privilegio che quelli ad essi subordinati.
La singolare mostra, che parte da esperienze del proprio vissuto per essere poi arricchita da fatti immaginari, ha l’obiettivo di enunciare le storie di ognuno di noi, risultato di complesse strutture relazionali che Francisco Benitez tratta con una tecnica esaltante per quanto concerne la fedeltà al dato oggettivo, ma riesce anche a decostruire la realtà facendo affiorare comunque il tratto psicologico della persona raffigurata. La capacità è tale da potersi muovere con disinvoltura su registri linguistici differenti che mettono in luce la padronanza dei mezzi che restituiscono attraverso un bisturi pittorico il particolare, il dettaglio, la cura maniacale, così come la sintesi formale creata con poche pennellate. Artista del proprio tempo che sa essere un “archeologo” della pittura antica sconfinando in altri campi, tecniche, linguaggi, egli riesce con questa mostra a far intendere bene qual è la sua idea di contaminazione, di meticciato culturale e artistico, affrontando sotto una nuova veste un tema politico. E’ questo un diverso modo di esprimersi che orienta la ricerca verso una riflessione sullo stesso concetto di fare arte. Il soggetto in primo piano, il paesaggio sullo sfondo, a volte dal sapore novecentista o metafisico, innesta un dialogo felicemente riuscito tra quelli che sembrano scarti temporali, enfatizzati da un apparire familiare e allo stesso tempo estraneo al contesto. Un gioco interessante tra il risolto e l’enigmatico è ciò che si legge in filigrana nel suo lavoro. Nella sua personale cifra stilistica si fonde la riflessione sul tempo, sul ricordo, sul virtuosismo tecnico, dove la scelta formale, del soggetto, della struttura compositiva dà spazio a immagini silenziose, in cui memorie personali e suggestioni confluiscono in una dimensione narrativa fortemente attraente. In questa carrellata che guarda a forme settecentesche e procede con un vocabolario che mutua immagini di primo Novecento per poi continuare con lavori installativi dei nostri anni, forse si vuol sottolineare, nonostante tutto, il prezioso e intimo bisogno di vivere la forma, in tutte le sue declinazioni, omaggiandola e non biasimandola.
Ornella Fazzina
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Biografia
Francisco Benítez è nato nel 1967 a Taos, New Mexico e risiede a Santa Fe, sempre in New Mexico, dove dipinge i suoi soggetti ispirati a Caravaggio. La sua vita e il suo lavoro sono segnati da svariati influssi – catalani, castigliani, portoricani e americani – e dai suoi svariati soggiorni - in Campania, Sud della Francia, Spagna e New Mexico. Benítez ha studiato filosofia al St. John's College di Santa Fe, all’ Art Student's League (New York City), NYU, alla Facultad de Bellas Artes di Granada, Spagna e si è diplomato (BFA) in Belle Arti e Storia dell'Arte alla University of New Mexico, Albuquerque.Benítez trae ispirazione soprattutto da Caravaggio, che ha rivoluzionato la pittura drammatizzando l’espressione grazie ad una nuova concezione della luce e dando rilievo psicologico ai soggetti raffigurati. Continuandone la tradizione artistica, Benítez riafferma attraverso le sue opere la necessità di esprimere con la pittura il pathos della condizione umana e le caratteristiche effimere della umana fragilità. Oltre all’influenza di Caravaggio le opere di Benítez risentono degli artisti del barocco spagnolo, come Zubaran e Velasquez, della scuola napoletana di Artemisia Gentileschi e del grande interprete del colore Jusepe de Ribera. I suoi soggetti spaziano dai nudi alle figure drappeggiate su sfondi teatrali, dai ritratti ai polittici.La sensibilità artistica dell’artista ha trovato, nei soggiorni italiani, nuovi percorsi espressivi nella riscoperta degli affreschi tardo romani di Pompei e di Ercolano. Le opere di Francisco Benítez sono esposte in numerosi musei e gallerie negli Stati Uniti e in Europa.
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L’opera colta di Francisco Benitez concentra la propria attenzione alle correnti figurative che dall’era greca conducono all’arte contemporanea: suoi principali riferimenti la pittura tardo ellenistica e romana, il caravaggismo e le correnti pittoriche che nel XVII secolo hanno operato tra l’Italia meridionale e la Spagna e che oggi continuano ad influenzare determinati generi figurativi (neofigurativismo, pittura colta, anacronismo), la pittura metafisica di matrice dechirichiana e le sue evoluzioni fino ai nostri giorni. La ricerca di Benitez, anche concettuale, é tesa a dare una ampia visione allo spettatore contemporaneo sottolineando, in particolare nella sua produzione ritrattistica, il ruolo imprescindibile e senza tempo della costruzione dell’immagine. L’uso di tecniche antiche, tradizionali, come la pittura ad olio e l’encausto ben consentono all’artista di porre l’accento sulla materia come parte integrante della rappresentazione; occorre tuttavia sottolineare il fondamentale ruolo svolto dal disegno e dalla costruzione scenica, che costituiscono elementi di forte impatto nelle opere di Benitez. L’ utilizzo di una fonte di ispirazione quale i ritratti funerari ad encausto del Faiyum, e, l’antica tecnica di lavorazione in tetracromia (tavolozza a quattro colori), ottenuta attraverso la miscela di pigmenti e cere lavorate a caldo, conferisce all’opera ritrattistica un patos, un’emozione atemporale, che risulta allo stesso tempo antica ed estremamente contemporanea; approfondendo l’indagine psicologica del soggetto Benitez esagera certi tratti fisiognomici per eviscerarne la meta-emotività e l’archetipo dell’individuo. I ritratti funerari femminili egiziani, a cui il pittore s’ispira, erano infatti opere che da un lato esaltavano le modelle rappresentate evidenziandone la classe sociale e la famiglia di provenienza, rendendo, al contempo, una particolare analisi introspettiva che appare oggi il profilo di maggiore modernità di tali opere. Per tale via Benitez indaga e analizza il ruolo, la vita, la sofferenza dell’uomo nel mondo contemporaneo filtrandolo attraverso l’esame storico della società in cui l’arte ha sempre svolto un ruolo fondamentale.
ENGLISH VERSION
Times and places clash and contaminate each other. This is about the thickening of plots, personal and universal narratives, local and global realities, political and existential themes which speak and take form through RI/SCATTI, an artistic project developed by Francisco Benitez and which will be exhibited at the Palazzo Nicolaci.
The intimations and atmospheres which the Spanish aristocracy brought about in Spanish Colonial America, covering a full 18th century, cross the ocean from the American continent and arrive in Europe and Sicily, and Noto. An ideal bridge is reconnected bringing forth new contexts and opening up horizons, all the while humanizing an historical and social quilt whose page only seemed slightly turned.
The exhibition of Benitez has the tone of an intimate dialogue, almost with the narrative rhythm of a family saga—it thus becomes a sort of confrontation between the artist and his own past in complicity with that of the viewer and the space hosting the exhibition, all the while adapting itself to the diverse forms of expression. Francisco Benitez, an artist whom the City of Noto is honored to host, will undoubtedly enrich the artistic and cultural momentum of Effetto Noto 2015.
I wish to thank Studio Barnum for the quality of its proposals, the attention and care for city-wide spaces, and the great professionalism Noto has seen mature with time.
L’Assessore alla Cultura
Cettina Raudino
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PORTRAITS OF YESTERDAY AND TODAY
Francisco Benitez’ project takes its cue from a personal history which unravels itself upon a palimpsest composed of paintings, drawings, photographs, a video, and an installation. The main source of inspiration of this exhibition is derived from his Native American grandmother’s story of being sent to Indian boarding school at the age of eight and her subsequent separation from her land and family. As a child, Francisco spent long periods of time with her in New Mexico while his parents were on the road performing during the 1970’s. After going to school on the reservation and living in Spain and France, and following the respective passing of both his Spanish father and Indian grandmother, he searched deep within himself to find inspiration for the development of a series of works which would explore the complexities, challenges and richness which come from growing up in a multi-ethnic and multicultural household. He states, “Having grown up in these various, disparate places, this project in a sense is a way for me to reconcile those identities, and to explore a poignant and fascinating past that unites many of us, who are the children of those first encounters.”
Life has many things to reveal, especially to those who are sensitive to its inner workings. When visiting the Prado in 2013 Francisco was very taken with the image of Maria Luisa de Parma, the future queen of Spain, from 1788 to 1808, painted by Anton Raphael Mengs—an artist who depicted much of the aristocracy of those times. The same woman was later painted by Goya in a less favorable light, in which she became the embodiment of decadence of the Spanish court during the times of the Napoleonic invasions.
The project thus has its origins in this exploration of aristocracy, beauty, class, slavery, colonialism and their impact upon today’s multi-ethnic society. The artist in this exhibition tells us a story, that of a Spanish aristocrat who arrives in the New World and finds herself confronted with a Native American maidservant who in the end becomes complicit in her secret life. The exhibition meaning hinges upon the concept of the two figures contained within a colonial household—one being of the maidservant confronting a new situation all the while reaffirming her own identity and eventual imagined or real emancipation. The exhibition follows a trail of thoughts related to conflict and questioning. The other character of Doña Inés, the aristocrat who spends her time puffing away as aristocrats did in those times, finds herself secretly vulnerable and lost in this remote and strange New World. Francisco’s challenge has been to decipher the personality of the aristocrat as well as analyze that of the nameless maidservant.
Despite obvious political implications of the project, it strives to inhabit an aesthetic space revealing a more complex picture than simply oppression/repression, master/slave dynamics. It will also explore the channels of complicit and interconnected lacework entangling both those in positions of privilege and those serving them.
This very unique exhibition, takes as a point of departure personal life experiences enriched by the imagination. It has as a goal to articulate each of our own diverse narratives through complex relational structures brought to life by art historical techniques, which in fact deconstruct reality by excavating the likenesses of the fictive characters. The ability is such that all moves effortlessly through different linguistic registers, while highlighting a mastery of means which reveal obsessive detail or formal synthesis with minimal brushstrokes. As an artist of his time, he knows how to be an “archaeologist” of ancient painting, but finds himself now crossing over into other areas, techniques, and languages. In this exhibition, he succeeds in making clear his idea of contamination, of cultural and artistic métissage, all the while quietly confronting a political theme in different garb. Is this a new mode of self-expression, by focusing the aesthetic research towards a reflection on the very concept of artmaking? One painting with the subject of Doña Inés in the foreground and a landscape behind her, evokes early 20th century Metaphysical sensibilities, and integrates a happily successful dialogue among others seeming like quick studies with family likenesses and incongruous juxtapositions. An interesting play of both resoluteness and enigmatic mystery read like filigree over his works. In his specific style of codemaking, a reflection on time, of memory, and technical virtuosity fuse with formal choices, compositional spatial structures with silent images, as personal memories and suggestions flow in a very appealing narrative space. This overview begins with reclaiming 18th century forms which subsequently mutate into early 20th century ones, only then to progress to installation practices of our own times. It would be worth it to underscore the fact there is a tremendous need to inhabit the forms and styles in all their derivations, honoring them rather than besmirching them.
Ornella Fazzina
05
luglio 2015
Francisco Benìtez – Ri/scatti, donna Inés ha perso la scarpina
Dal 05 al 30 luglio 2015
arte contemporanea
Location
PALAZZO NICOLACI DI VILLADORATA
Noto, Via Corrado Nicolaci, (Siracusa)
Noto, Via Corrado Nicolaci, (Siracusa)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 17 alle ore 19,30
Vernissage
5 Luglio 2015, h 19
Sito web
www.franciscobenitez.com
Autore
Curatore