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Franco Mulas – Calendario
Nel magma della memoria, e quindi nelle immagini che da quella sono generate, si riconoscono solo ombre perdute di una stratificazione casuale, suggestioni ricoperte, affossate, come di un sottobosco che è cresciuto nella più autentica e contraddittoria spontaneità.
Comunicato stampa
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COMUNICATO STAMPA/INVITO
Inaugurazione Mercoledì 18 Gennaio 2016 alle ore 19.00
Bibliothè Contemporary Art
Trentaquattresimo appuntamento della rassegna
Unum
a cura di Francesco Gallo Mazzeo
CALENDARIO
Un'opera unica di Franco Mulas
Testo di Roberto Perpignani
“Tutto si conduce ad unità – afferma Gallo Mazzeo - [...] nei modi più imprevisti ed imprevedibili è diventare scoperta di sé, del sé nascosto che in tanto errare e peregrinare non si è mai allontanato da sé stesso, dal proprio sogno, perimetro e area di una grande avventura, in cui ogni nome pronuncia un nome, ogni volto cerca un volto e tutti insieme recitano Unum.”
Che strano, trovarmi dopo tanti anni davanti ad un 'cavalletto' sul quale è in lavorazione, ma forse è già finito, un quadro . . . grande, sovrastante, incombente . . . e doverlo guardare con il 'compito' di tirarne fuori una pagina scritta. E sento tutto il paradosso di dover tradurre in parole, logiche, 'calibrate' per antonomasia, qualcosa che invece è 'solo' un'impressione, una percezione, un sentimento. Quindi qualcosa assolutamente non riducibile ad un possibile ordine o descrizione.
Diffido io per primo di ciò che potrò dire, ma certamente devo sentirmi libero nel rendere conto di questa emozione che è lontanissima da qualsiasi possibile sguardo 'professionale'. Anche perché, mentre guardo, come può avvenire in un quadro di Klee, 'si produce' un accumulo di interferenze e di attrazioni. E così, cercando di seguirne le linee, ogni possibile decifrazione la sento assolutamente arbitraria.
E c'è ancora qualcosa che posso dire francamente, nel cercare di individuare l'autore del quadro, che le parole 'accumulo' e 'decifrazione', appena usate, per effetto dell'antitesi intrinseca, possono ancheaiutarmi, paradossalmente, a ritrovare me stesso in questa strana esperienza che avverto come di rispecchiamento, di viaggio nella memoria. Le immagini dell'oggi, ora e qui, per me che conosco Franco da 'sempre', sono il frutto dell'effettivo 'accumulo' degli anni delle nostre vite. E si manifesta stranamente l'effetto imprevisto per cui è proprio quel 'cumulo' che mi ritrovo davanti, rappresentato da una immagine come 'massa espressiva', che mi spinge a lasciarmi andare ad un rapporto che non può
che essere solo mio. Anzi, diciamo mio e di Franco. Ed è una lettura senza intenzionalità, tantomeno quella delle pur legittime ma latenti identificazioni, come anche quella della mai contraddetta militanza, culturale e politica. Un giorno lui ed io, fratelli di formazione, ma per destino 'separati in culla', abbiamo conosciuto un involontario allontanamento quando a me è accaduto di subire il fascino di uno dei più autentici mostri sacri del novecento, Orson Welles. E, mentre la corrente mi portava lontano, percepivo la caparbia volontà di Franco che lo faceva giurare che nulla lo avrebbe distolto dal compito che si era dato. A qualsiasi costo. Quando qualche anno fa ho visitato, al Museo Bilotti, la mostra antologica della sua storia, mi è venuto da dirgli "Quanto lavoro!" E lui "Se vede?" Ed io "Si, se vede", intendendo "Si sente!"
Ora questo quadro che ho davanti, che si erge sopra il basamento del cavalletto, come un albero cresciuto senza riferimenti 'padronali' e senza ordine, nella assoluta spontaneità e autonomia, si è però dato un compito ordinato, quello di non voler eccedere, per il momento, lo spazio dato dai suoi limiti. E se ha deciso di non 'debordare', di non dilagare, di non andare oltre, di stare nel perimetro, da cui possa derivare anche la sua forma. Ed è perché possa ancora compiersi un possibile discorso, perché
ontologicamente possa continuare ad essere testimonianza della volontà di comprensione sincera e profonda che ognuno dovrebbe darsi. In particolare chi con il proprio lavoro creativo deve farsi
sismografo della direzione che abbiamo assunto, accompagnandoci irrinunciabilmente gli uni agli altri,
nell'imprevedibile percorso umano. Nel magma della memoria, e quindi nelle immagini che da quella sono generate, si riconoscono solo ombre perdute di una stratificazione casuale, suggestioni ricoperte, affossate, come di un sottobosco che è cresciuto nella più autentica e contraddittoria spontaneità. Vi si ritrovano i segni grafici di una lontana tentazione di raccontarsi, ma prevalgono le 'ferite' di indecifrabili squarci.
Sopra tutto questo ognuno può sentire sovrastanti nella natura che si auto-rappresenta, come nella lettera di Vincent al fratello Theo, "le cicale che cantano in greco antico".
Roberto Perpignani
Franco Mulas nasce a Roma nel 1938. Studia pittura all'Accademia di Francia a Roma, città in cui tuttora vive e lavora. La prima mostra personale, con una presentazione di Renzo Vespignani, si tiene alla Galleria "Sagittario" di Bari nel 1967. Espressione significativa della formazione dell'artista risulta la prima serie di quadri: "Week-end" (Omaggio a Rosenquist) del 1967-1968. Fra il 1968 e il 1969 dipinge una serie di dipinti ad olio su tavola, ispirati al maggio francese e alla contestazione urbana. Entrambe le serie vengono proposte in varie esposizioni (IV Biennale d'Arte di Bolzano del 1971, mostra "Rivolta e Rivoluzione" a Bologna tra il novembre 1972 ed il gennaio 1973, mostra "Italienische Realisten" 1945 bis 1974 a Berlino nel 1974). Sempre prendendo come soggetti i problemi della violenza e l'oppressione dei mass media, Mulas elabora due nuove serie di dipinti: nel 1971 e 1972 le "Pitture nere", nel 1974 e 1975 gli "Itinerari". Un'opera della prima serie viene esposta alla X Quadriennale di Roma del 1973, le seconde sono invece presenti nelle personali tenute a Milano (Galleria 32, 1972), a Roma (Galleria La Nuova Pesa, 1974) e a Firenze (Galleria Santacroce, 1975). Nel 1980 espone alla Galleria "Il Ferro di Cavallo" di Roma "Autoritratto Identikit", quattro autoritratti frontali costruiti con la tecnica dell'identikit; l'opera verrà ripresentata l'anno successivo alla mostra Arte e Critica presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna. Nello stesso anno 1980 la XXXIX Biennale di Venezia presenta la sequenza "L'Albero rosso" di Mondrian, inserendo l'artista, impegnato in una nuova definizione del rapporto natura-storia, nella sezione Architettura "GRAU". In questa stessa prospettiva si possono inserire le ultime produzioni, dalle opere presenti nella mostra Finzioni (Roma, Galleria Ca' d'Oro, 1985) fino alle più recenti della serie "Big Burg". Un'antologica, con opere dal 1967 al 1991 si è tenuta nel 1991 a Palazzo Braschi in Roma. Un'importante mostra di Mulas dal titolo Dipinti 1980-1998 si è tenuta a Palazzo dei Priori di Volterra nel 1998. Della fine degli anni Novanta è l'impegno al nuovo ciclo pittorico "Schegge", esposto a Teramo alla Galleria "Forlenza" nel 2005, ed insieme ai cicli "Finzioni" e "Big-Burg", all' "EXMA" di Cagliari. Nel 1989 vince il Premio "Presidente della Repubblica" per la pittura. Nel settembre 2000 è nominato Accademico Dell’Accademia Nazionale di San Luca. Nel 2011 viene invitato alla 54° Biennale di Venezia. Nel 2013 al Museo Bilotti di Roma espone il ciclo "Spaesaggi"
Inaugurazione Mercoledì 18 Gennaio 2016 alle ore 19.00
Bibliothè Contemporary Art
Trentaquattresimo appuntamento della rassegna
Unum
a cura di Francesco Gallo Mazzeo
CALENDARIO
Un'opera unica di Franco Mulas
Testo di Roberto Perpignani
“Tutto si conduce ad unità – afferma Gallo Mazzeo - [...] nei modi più imprevisti ed imprevedibili è diventare scoperta di sé, del sé nascosto che in tanto errare e peregrinare non si è mai allontanato da sé stesso, dal proprio sogno, perimetro e area di una grande avventura, in cui ogni nome pronuncia un nome, ogni volto cerca un volto e tutti insieme recitano Unum.”
Che strano, trovarmi dopo tanti anni davanti ad un 'cavalletto' sul quale è in lavorazione, ma forse è già finito, un quadro . . . grande, sovrastante, incombente . . . e doverlo guardare con il 'compito' di tirarne fuori una pagina scritta. E sento tutto il paradosso di dover tradurre in parole, logiche, 'calibrate' per antonomasia, qualcosa che invece è 'solo' un'impressione, una percezione, un sentimento. Quindi qualcosa assolutamente non riducibile ad un possibile ordine o descrizione.
Diffido io per primo di ciò che potrò dire, ma certamente devo sentirmi libero nel rendere conto di questa emozione che è lontanissima da qualsiasi possibile sguardo 'professionale'. Anche perché, mentre guardo, come può avvenire in un quadro di Klee, 'si produce' un accumulo di interferenze e di attrazioni. E così, cercando di seguirne le linee, ogni possibile decifrazione la sento assolutamente arbitraria.
E c'è ancora qualcosa che posso dire francamente, nel cercare di individuare l'autore del quadro, che le parole 'accumulo' e 'decifrazione', appena usate, per effetto dell'antitesi intrinseca, possono ancheaiutarmi, paradossalmente, a ritrovare me stesso in questa strana esperienza che avverto come di rispecchiamento, di viaggio nella memoria. Le immagini dell'oggi, ora e qui, per me che conosco Franco da 'sempre', sono il frutto dell'effettivo 'accumulo' degli anni delle nostre vite. E si manifesta stranamente l'effetto imprevisto per cui è proprio quel 'cumulo' che mi ritrovo davanti, rappresentato da una immagine come 'massa espressiva', che mi spinge a lasciarmi andare ad un rapporto che non può
che essere solo mio. Anzi, diciamo mio e di Franco. Ed è una lettura senza intenzionalità, tantomeno quella delle pur legittime ma latenti identificazioni, come anche quella della mai contraddetta militanza, culturale e politica. Un giorno lui ed io, fratelli di formazione, ma per destino 'separati in culla', abbiamo conosciuto un involontario allontanamento quando a me è accaduto di subire il fascino di uno dei più autentici mostri sacri del novecento, Orson Welles. E, mentre la corrente mi portava lontano, percepivo la caparbia volontà di Franco che lo faceva giurare che nulla lo avrebbe distolto dal compito che si era dato. A qualsiasi costo. Quando qualche anno fa ho visitato, al Museo Bilotti, la mostra antologica della sua storia, mi è venuto da dirgli "Quanto lavoro!" E lui "Se vede?" Ed io "Si, se vede", intendendo "Si sente!"
Ora questo quadro che ho davanti, che si erge sopra il basamento del cavalletto, come un albero cresciuto senza riferimenti 'padronali' e senza ordine, nella assoluta spontaneità e autonomia, si è però dato un compito ordinato, quello di non voler eccedere, per il momento, lo spazio dato dai suoi limiti. E se ha deciso di non 'debordare', di non dilagare, di non andare oltre, di stare nel perimetro, da cui possa derivare anche la sua forma. Ed è perché possa ancora compiersi un possibile discorso, perché
ontologicamente possa continuare ad essere testimonianza della volontà di comprensione sincera e profonda che ognuno dovrebbe darsi. In particolare chi con il proprio lavoro creativo deve farsi
sismografo della direzione che abbiamo assunto, accompagnandoci irrinunciabilmente gli uni agli altri,
nell'imprevedibile percorso umano. Nel magma della memoria, e quindi nelle immagini che da quella sono generate, si riconoscono solo ombre perdute di una stratificazione casuale, suggestioni ricoperte, affossate, come di un sottobosco che è cresciuto nella più autentica e contraddittoria spontaneità. Vi si ritrovano i segni grafici di una lontana tentazione di raccontarsi, ma prevalgono le 'ferite' di indecifrabili squarci.
Sopra tutto questo ognuno può sentire sovrastanti nella natura che si auto-rappresenta, come nella lettera di Vincent al fratello Theo, "le cicale che cantano in greco antico".
Roberto Perpignani
Franco Mulas nasce a Roma nel 1938. Studia pittura all'Accademia di Francia a Roma, città in cui tuttora vive e lavora. La prima mostra personale, con una presentazione di Renzo Vespignani, si tiene alla Galleria "Sagittario" di Bari nel 1967. Espressione significativa della formazione dell'artista risulta la prima serie di quadri: "Week-end" (Omaggio a Rosenquist) del 1967-1968. Fra il 1968 e il 1969 dipinge una serie di dipinti ad olio su tavola, ispirati al maggio francese e alla contestazione urbana. Entrambe le serie vengono proposte in varie esposizioni (IV Biennale d'Arte di Bolzano del 1971, mostra "Rivolta e Rivoluzione" a Bologna tra il novembre 1972 ed il gennaio 1973, mostra "Italienische Realisten" 1945 bis 1974 a Berlino nel 1974). Sempre prendendo come soggetti i problemi della violenza e l'oppressione dei mass media, Mulas elabora due nuove serie di dipinti: nel 1971 e 1972 le "Pitture nere", nel 1974 e 1975 gli "Itinerari". Un'opera della prima serie viene esposta alla X Quadriennale di Roma del 1973, le seconde sono invece presenti nelle personali tenute a Milano (Galleria 32, 1972), a Roma (Galleria La Nuova Pesa, 1974) e a Firenze (Galleria Santacroce, 1975). Nel 1980 espone alla Galleria "Il Ferro di Cavallo" di Roma "Autoritratto Identikit", quattro autoritratti frontali costruiti con la tecnica dell'identikit; l'opera verrà ripresentata l'anno successivo alla mostra Arte e Critica presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna. Nello stesso anno 1980 la XXXIX Biennale di Venezia presenta la sequenza "L'Albero rosso" di Mondrian, inserendo l'artista, impegnato in una nuova definizione del rapporto natura-storia, nella sezione Architettura "GRAU". In questa stessa prospettiva si possono inserire le ultime produzioni, dalle opere presenti nella mostra Finzioni (Roma, Galleria Ca' d'Oro, 1985) fino alle più recenti della serie "Big Burg". Un'antologica, con opere dal 1967 al 1991 si è tenuta nel 1991 a Palazzo Braschi in Roma. Un'importante mostra di Mulas dal titolo Dipinti 1980-1998 si è tenuta a Palazzo dei Priori di Volterra nel 1998. Della fine degli anni Novanta è l'impegno al nuovo ciclo pittorico "Schegge", esposto a Teramo alla Galleria "Forlenza" nel 2005, ed insieme ai cicli "Finzioni" e "Big-Burg", all' "EXMA" di Cagliari. Nel 1989 vince il Premio "Presidente della Repubblica" per la pittura. Nel settembre 2000 è nominato Accademico Dell’Accademia Nazionale di San Luca. Nel 2011 viene invitato alla 54° Biennale di Venezia. Nel 2013 al Museo Bilotti di Roma espone il ciclo "Spaesaggi"
18
gennaio 2017
Franco Mulas – Calendario
Dal 18 gennaio al 10 febbraio 2017
arte contemporanea
Location
BIBLIOTHE’ CONTEMPORARY ART GALLERY
Roma, Via Celsa, 4/5, (ROMA)
Roma, Via Celsa, 4/5, (ROMA)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato: 11-23
Vernissage
18 Gennaio 2017, ore 19
Autore
Curatore