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Beach Japanese Winter (Fall). Un’opera unica di Vittorio Terracina
Una spiaggia giapponese d’inverno – Beach Japanese Winter (Fall). Pine Hill (2003) – è la memoria di un momento in cui l’arte sconfina con la vita, immersa nella natura, confortata dall’amicizia.
Comunicato stampa
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Una spiaggia giapponese d’inverno - Beach Japanese Winter (Fall). Pine Hill (2003) - è la memoria di un momento in cui l’arte sconfina con la vita, immersa nella natura, confortata dall’amicizia.
Tre giorni, tre amici che si lasciano alle spalle la vitalità caotica e frenetica della Grande Mela per ritirarsi in mezzo al bosco di Woodstock nell’Upstate New York.
I protagonisti sono Vittorio Terracina, il compianto cugino Iancu Sorell, anche lui artista attivo a New York noto per le sue “invasioni” pittoriche sui bicchieri di carta per il caffè, e il loro amico Mohamed Hussein. A nutrire il momento, oltre che l’aria pura del luogo, le grandi mangiate di parmigiana di melanzane e l’assoluta libertà creativa.
Fuori piove, una pioggia sottile che diventa sempre più consistente. In quella giornata uggiosa che si ripete l’indomani, e ancora nel tempo, tutto solo nel sottotetto della casa - arredato solo dal letto - Terracina affida alla pittura il suo stato d’animo. Allinea sul pavimento, una accanto all’altra, le venticinque piccole tele bianche “leonardesche”, dipingendo dall’alto in basso.
La natura, interiorizzata come una melodia, affiora nelle pennellate che si succedono veloci. Il pittore utilizza la palette essenziale di giallo, rosso e blu, stemperando i colori e mescolandoli con il bianco per ottenere nuove identità cromatiche. L’opera nasce simultaneamente, equilibrando la visione unitaria d’insieme con i singoli frammenti. Però, diversamente dai pezzi di un puzzle, queste venticinque parti hanno anche una loro vita autonoma.
L’Espressionismo Astratto, in particolare attraverso l’opera di Mark Rothko, è per Terracina fonte d’ispirazione nella sua pratica/poetica artistica. La chiave personale con cui egli interpreta questa corrente, a cui è legato da una profonda affinità elettiva, è in parte direzionata dall’approccio intuitivo.
L’interpretazione del momento, vissuto nella sua soggettività, diventa allo stesso tempo evocazione dell’idea di un qualcosa di diverso - la spiaggia giapponese, ad esempio, a cui allude il titolo dell’opera - che è filtrata da un approccio altrettanto soggettivo, ma indiretto, di suggestioni letterarie, poetiche, forse in parte anche oniriche.
La sospensione temporale a cui alludono, poi, le sue pennellate leggere trovano nell’uso della gouache l’immediatezza resa più stabile dalla compattezza dell’acrilico. Una ad una, le piccole tavole vengono impreziosite con l’oro e l’argento: tracce discrete, quasi mimetizzate. Come per gli antichi codici miniati si tratta di segni che “illuminano”, riferendosi ad una spiritualità che, in questo contesto, è esente dal dogma e libera di riflettersi nella natura, all’insegna di un celebrativo inno alla vita e alla creatività.
(Manuela De Leonardis)
Tre giorni, tre amici che si lasciano alle spalle la vitalità caotica e frenetica della Grande Mela per ritirarsi in mezzo al bosco di Woodstock nell’Upstate New York.
I protagonisti sono Vittorio Terracina, il compianto cugino Iancu Sorell, anche lui artista attivo a New York noto per le sue “invasioni” pittoriche sui bicchieri di carta per il caffè, e il loro amico Mohamed Hussein. A nutrire il momento, oltre che l’aria pura del luogo, le grandi mangiate di parmigiana di melanzane e l’assoluta libertà creativa.
Fuori piove, una pioggia sottile che diventa sempre più consistente. In quella giornata uggiosa che si ripete l’indomani, e ancora nel tempo, tutto solo nel sottotetto della casa - arredato solo dal letto - Terracina affida alla pittura il suo stato d’animo. Allinea sul pavimento, una accanto all’altra, le venticinque piccole tele bianche “leonardesche”, dipingendo dall’alto in basso.
La natura, interiorizzata come una melodia, affiora nelle pennellate che si succedono veloci. Il pittore utilizza la palette essenziale di giallo, rosso e blu, stemperando i colori e mescolandoli con il bianco per ottenere nuove identità cromatiche. L’opera nasce simultaneamente, equilibrando la visione unitaria d’insieme con i singoli frammenti. Però, diversamente dai pezzi di un puzzle, queste venticinque parti hanno anche una loro vita autonoma.
L’Espressionismo Astratto, in particolare attraverso l’opera di Mark Rothko, è per Terracina fonte d’ispirazione nella sua pratica/poetica artistica. La chiave personale con cui egli interpreta questa corrente, a cui è legato da una profonda affinità elettiva, è in parte direzionata dall’approccio intuitivo.
L’interpretazione del momento, vissuto nella sua soggettività, diventa allo stesso tempo evocazione dell’idea di un qualcosa di diverso - la spiaggia giapponese, ad esempio, a cui allude il titolo dell’opera - che è filtrata da un approccio altrettanto soggettivo, ma indiretto, di suggestioni letterarie, poetiche, forse in parte anche oniriche.
La sospensione temporale a cui alludono, poi, le sue pennellate leggere trovano nell’uso della gouache l’immediatezza resa più stabile dalla compattezza dell’acrilico. Una ad una, le piccole tavole vengono impreziosite con l’oro e l’argento: tracce discrete, quasi mimetizzate. Come per gli antichi codici miniati si tratta di segni che “illuminano”, riferendosi ad una spiritualità che, in questo contesto, è esente dal dogma e libera di riflettersi nella natura, all’insegna di un celebrativo inno alla vita e alla creatività.
(Manuela De Leonardis)
19
aprile 2017
Beach Japanese Winter (Fall). Un’opera unica di Vittorio Terracina
Dal 19 al 26 aprile 2017
arte contemporanea
Location
BIBLIOTHE’ CONTEMPORARY ART GALLERY
Roma, Via Celsa, 4/5, (ROMA)
Roma, Via Celsa, 4/5, (ROMA)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato: 11.00 alle 23.00
Vernissage
19 Aprile 2017, h 19
Autore
Curatore