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Wim Delvoye – Et voilà les cochons
In occasione della sua nuova personale milanese dal titolo Et voilà les cochons, la galleria Corsoveneziaotto presenta al pubblico Katharina e Christopher, Robert, Sabine, Karen, Gianni e Margareta. Ovvero i maiali che l’artista, almeno secondo le sue dichiarazioni, ha sottratto alla macellazione e ha fatto tatuare con le immagini più amate dai teen-ager, dai teschi ai cuori, dai serpenti alle donnine seminude amate dai marinai
Comunicato stampa
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Ha tatuato polli e maiali, truccato vecchie bombole per il gas da preziose antiche ceramiche di Delft, disegnato finte mappe geografiche con improbabili continenti a forma di teiera, di pene o di martello. Le sue lettere, invece che la romantica impronta di un rossetto per le labbra, portano impressa quella di un sedere. Wim Delvoye ha la fama del ragazzo terribile, è l’Huckleberry Finn dell’arte, il degno erede dello spirito caustico e irrispettoso di Piero Manzoni. A cui, tra l’altro, ha dedicato anche un omaggio, Cloaca, riproposizione monumentale e tecnologica della famosa Merda d’artista. Niente gli è più estraneo del politically correct: preferisce agire irrispettosamente, sovvertire, rivoluzionare, cambiare. Con pochissimi altri artisti, da Koons a Cattelan, da Hirst a Sachs, fa parte della top five dei grandissimi provocatori. Eppure, il quarantenne autore fiammingo, nato in un borgo vicino Gand (Belgio) nel 1965, non si sente affatto tale: “Piuttosto”, afferma, “sono un virus sano in un sistema malato”.
In occasione della sua nuova personale milanese dal titolo Et voilà les cochons, la galleria Corsoveneziaotto presenta al pubblico Katharina e Christopher, Robert, Sabine,Karen,Gianni e Margareta. Ovvero i maiali che l’artista, almeno secondo le sue dichiarazioni, ha sottratto alla macellazione e ha fatto tatuare con le immagini più amate dai teen-ager, dai teschi ai cuori, dai serpenti alle donnine seminude amate dai marinai. Una tranquilla e longeva vita da fattoria prima, una morte naturale dopo (e in Belgio negli ultimi anni c’è stato solo l’imbarazzo della scelta, tra afta, morbo della mucca pazza e crisi della diossina), infine i suini, imbalsamati o scuoiati, sono diventati opere d’arte. Si sono trasformati in una riflessione caustica e sprezzante sul significato dei simboli nella società contemporanea, in un ragionamento cinico sulla forza comunicativa, sempre a rischio d’essere travisata, degli stemmi, dei loghi, delle icone d’oggi. E così, tra le mura della galleria, ci sono adesso la pelle di suino che ripropone i marchi di fabbrica di una delle più importanti case di moda internazionali e quella che ricorda, sinistramente, il look tipico dell’Harleista americano di mezza età. Il tutto esposto accanto a splendidi pavimenti di marmo dai riflessi, rosa, rossi e porpora. Pavimenti disegnati e realizzati col resto del maiale, accostando una all’altra – con una capacità geometrica degna dei più grandi astrattisti storici – fette di salame,
prosciutto, mortadella e spalla.
In occasione della sua nuova personale milanese dal titolo Et voilà les cochons, la galleria Corsoveneziaotto presenta al pubblico Katharina e Christopher, Robert, Sabine,Karen,Gianni e Margareta. Ovvero i maiali che l’artista, almeno secondo le sue dichiarazioni, ha sottratto alla macellazione e ha fatto tatuare con le immagini più amate dai teen-ager, dai teschi ai cuori, dai serpenti alle donnine seminude amate dai marinai. Una tranquilla e longeva vita da fattoria prima, una morte naturale dopo (e in Belgio negli ultimi anni c’è stato solo l’imbarazzo della scelta, tra afta, morbo della mucca pazza e crisi della diossina), infine i suini, imbalsamati o scuoiati, sono diventati opere d’arte. Si sono trasformati in una riflessione caustica e sprezzante sul significato dei simboli nella società contemporanea, in un ragionamento cinico sulla forza comunicativa, sempre a rischio d’essere travisata, degli stemmi, dei loghi, delle icone d’oggi. E così, tra le mura della galleria, ci sono adesso la pelle di suino che ripropone i marchi di fabbrica di una delle più importanti case di moda internazionali e quella che ricorda, sinistramente, il look tipico dell’Harleista americano di mezza età. Il tutto esposto accanto a splendidi pavimenti di marmo dai riflessi, rosa, rossi e porpora. Pavimenti disegnati e realizzati col resto del maiale, accostando una all’altra – con una capacità geometrica degna dei più grandi astrattisti storici – fette di salame,
prosciutto, mortadella e spalla.
06
aprile 2006
Wim Delvoye – Et voilà les cochons
Dal 06 aprile al 30 giugno 2006
arte contemporanea
Location
CORSOVENEZIAOTTO
Milano, Corso Venezia, 8, (Milano)
Milano, Corso Venezia, 8, (Milano)
Orario di apertura
da martedi a venerdì 10-13 e 15.30-19.30
Sabato su appuntamento
Vernissage
6 Aprile 2006, ore 18.30
Ufficio stampa
DELOS
Autore