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La strategia del Ragno
Il dipingere diventa un metodo cerebrale che afferma la natura ambigua e complessa del presente. Un percorso che nasce da un focus tematico ben preciso, dalla capacità di relazionare il mondo interiore all’esperienza quotidiana sul campo del vissuto
Comunicato stampa
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La galleria EMMEOTTO presenta, dal 3 dicembre 2008 al 31 gennaio 2009, la mostra “La strategia del Ragno”, a cura di Gianluca Marziani.
La Strategia del Ragno parla di pittura italiana. Entra nel quadro attraverso quattro artisti che ne hanno alimentato le sorti recenti. Una mostra che vede la luce negli spazi di Emmeotto, galleria che si sta dedicando ai maestri del dopoguerra italiano, in particolare a coloro che hanno costruito scatti linguistici. Giuseppe Capogrossi, Pino Pascali, Giulio Turcato, Mario Ceroli e Claudio Cintoli sono alcuni dei nomi su cui Emmeotto ha elaborato mostre ricche di ricerche e profili museali.
La Strategia del Ragno nasce come primo segnale di una nuova doppia natura del luogo: continuare con l’indagine sui maestri italiani, affiancandola ai nuovi protagonisti dell’arte italiana.
Bazan, Chiesi, Galliano e Neri rappresentano nomi consolidati, capofila di una ricerca coerente dai risultati internazionali. Negli anni sono stati premiati con mostre e consensi che ne hanno decretato la lucida maturazione, la personalità riconoscibile, l’attitudine ad esprimere intensi segni concettuali attraverso la sintesi del linguaggio figurativo.
La loro pittura come una ragnatela figurativa che si sviluppa per linee concentriche.
Il dipingere diventa un metodo cerebrale che afferma la natura ambigua e complessa del presente. Un percorso che nasce da un focus tematico ben preciso, dalla capacità di relazionare il mondo interiore all’esperienza quotidiana sul campo del vissuto. Lo sguardo dei quattro è un osservatorio a strati dialoganti, un meccanismo di metabolizzazione che ricostruisce il reale in forma “ulteriore”. Per questo il loro metodo somiglia ad una ragnatela: ogni elemento che appartiene ad un prima e ad un dopo, la struttura rigorosa come sintesi del processo, la crescita circolare come segno di un’attitudine olistica. E poi sono autori che inseguono la complessità nascosta del dipingere, le trame concettuali dietro il tecnicismo estetico, il confine cerebrale oltre l’emozione dell’impatto.
Quattro artisti che meritavano approfondimenti in una città che ha visto poco il loro lavoro.
Quattro protagonisti dell’arte italiana che ci piace riaffermare in modo deciso.
Una trentina di opere racconterà i loro immaginari recenti.
Un videocatalogo, prodotto in occasione della mostra, ci farà entrare nel cuore delle parole ma anche nelle molteplici opere (recenti e passate) dei quattro artisti.
Il backstage della mostra, le interviste con il curatore e gli artisti saranno on line all’indirizzo www.arteduezero.com a partire dal 3 dicembre
Alessandro Bazan (nato a Palermo nel 1966 dove vive e lavora)
Pittura come materia viva, densa come carni sotto il sole, sospesa come luci nella notte eccessiva. Bazan racconta la vita quotidiana e la porta al di sopra o al di sotto del reale. Sul quadro rispecchia la verità vissuta ma addiziona o sottrae qualcosa, ricreando immaginari narrativi che ti vengono addosso e suonano in sottofondo, quasi a richiamarti nelle trame passionali degli eventi. La vita scorre, le storie individuali hanno sentimenti letterari e una loro innata cinematografia. Una pittura dove le vicende somigliano ai tuoi sogni o ai tuoi incubi, al tuo vissuto o al vivere che avresti immaginato. Tutto è reale eppure senti la qualità inventiva, il richiamo ai codici aperti della pittura, la voglia di masticare il reale finché tutto si trasforma in un “mondo alla Bazan”. Talvolta surreale ma sempre nel cuore delle vere emozioni.
Andrea Chiesi (nato a Modena nel 1966 dove vive e lavora)
Un’ossessione territoriale (la pianura emiliana) ha portato l’artista nel cuore dei suoi immaginari, dentro la costante riduzione del realismo e la crescita dello stato mentale di una forma. Chiesi proviene dalla cultura underground, da storie che rimandano a Giovanni Lindo Ferretti e ad un’Emilia musicale ricca di noir e decadenza postrock. Da lì sono nati gli immaginari postindustriali, le visioni nebbiose tra architettura e periferie del lavoro pesante. Gradualmente l’artista ha plasmato un’estetica da principio più notturna, modellando lo stile verso una luce sempre più metafisica e impercettibile. Ecco le torri da cantiere, i gasometri, gli edifici razionalisti ma anche i cieli, le pianure, i parcheggi desolati: frammenti di visioni inquiete che emanano un pathos drammatico, una sospensione tra la memoria forte e l’incertezza del futuro.
Daniele Galliano (nato a Pinerolo nel 1961. Vive e lavora a Torino)
Un occhio fotografico per registrare l’esperienza del quotidiano. Dagli anni Novanta Galliano utilizza una matrice stilistica che mescola, in un ibrido indefinito, attualità fotografica (come riferimento iniziale) e sublimazione pittorica (come risultato effettivo). Il suo quadro è un confine sottile tra realismo e apparizione, un continuo salto di prospettive e metodi interpretativi. Spuntano scene di vita che hanno l’apparenza della normalità e l’energia sottotraccia delle cose speciali, poco appariscenti ma cariche di alchimie emozionali. La sua attitudine registra immagini che contengono il cortocircuito senza mostrarlo in forma didascalica. Senti il pathos crescente, l’attimo sospeso, l’energia che può diventare bellezza o pericolo, eccesso o noia domestica. Capisci che l’artista seleziona frangenti che hanno il potere sensoriale dell’azione etica.
Marco Neri (nato a Forlì nel 1968. Vive e lavora a Torriana)
Il suo è un costante processo di asciugatura e sintesi, come se ogni immagine passasse per la ripulitura cerebrale che lascia lo scheletro necessario della forma, un’icona pura e concettuale. Dai landscape alle abitazioni, dai parchi per il divertimento alle bandiere fino ai lettering attuali, Neri elimina qualsiasi superfluo e si concentra sugli archetipi delle matrici esistenti. La forma si assume la responsabilità del concetto, aiutata da scelte cromatiche che danno omogeneità e mandano in cortocircuito il realismo della visione. Lo sguardo dell’artista non vola mai al contesto inquadrato ma passa sempre per il cervello, lasciando che la mente rielabori l’attinenza di ogni figurazione. Immagine e immaginario diventano una stessa entità, portando il processo pittorico al suo livello più nascosto e meno ovvio. Dove l’immagine riporta le sue parti nascoste.
La Strategia del Ragno parla di pittura italiana. Entra nel quadro attraverso quattro artisti che ne hanno alimentato le sorti recenti. Una mostra che vede la luce negli spazi di Emmeotto, galleria che si sta dedicando ai maestri del dopoguerra italiano, in particolare a coloro che hanno costruito scatti linguistici. Giuseppe Capogrossi, Pino Pascali, Giulio Turcato, Mario Ceroli e Claudio Cintoli sono alcuni dei nomi su cui Emmeotto ha elaborato mostre ricche di ricerche e profili museali.
La Strategia del Ragno nasce come primo segnale di una nuova doppia natura del luogo: continuare con l’indagine sui maestri italiani, affiancandola ai nuovi protagonisti dell’arte italiana.
Bazan, Chiesi, Galliano e Neri rappresentano nomi consolidati, capofila di una ricerca coerente dai risultati internazionali. Negli anni sono stati premiati con mostre e consensi che ne hanno decretato la lucida maturazione, la personalità riconoscibile, l’attitudine ad esprimere intensi segni concettuali attraverso la sintesi del linguaggio figurativo.
La loro pittura come una ragnatela figurativa che si sviluppa per linee concentriche.
Il dipingere diventa un metodo cerebrale che afferma la natura ambigua e complessa del presente. Un percorso che nasce da un focus tematico ben preciso, dalla capacità di relazionare il mondo interiore all’esperienza quotidiana sul campo del vissuto. Lo sguardo dei quattro è un osservatorio a strati dialoganti, un meccanismo di metabolizzazione che ricostruisce il reale in forma “ulteriore”. Per questo il loro metodo somiglia ad una ragnatela: ogni elemento che appartiene ad un prima e ad un dopo, la struttura rigorosa come sintesi del processo, la crescita circolare come segno di un’attitudine olistica. E poi sono autori che inseguono la complessità nascosta del dipingere, le trame concettuali dietro il tecnicismo estetico, il confine cerebrale oltre l’emozione dell’impatto.
Quattro artisti che meritavano approfondimenti in una città che ha visto poco il loro lavoro.
Quattro protagonisti dell’arte italiana che ci piace riaffermare in modo deciso.
Una trentina di opere racconterà i loro immaginari recenti.
Un videocatalogo, prodotto in occasione della mostra, ci farà entrare nel cuore delle parole ma anche nelle molteplici opere (recenti e passate) dei quattro artisti.
Il backstage della mostra, le interviste con il curatore e gli artisti saranno on line all’indirizzo www.arteduezero.com a partire dal 3 dicembre
Alessandro Bazan (nato a Palermo nel 1966 dove vive e lavora)
Pittura come materia viva, densa come carni sotto il sole, sospesa come luci nella notte eccessiva. Bazan racconta la vita quotidiana e la porta al di sopra o al di sotto del reale. Sul quadro rispecchia la verità vissuta ma addiziona o sottrae qualcosa, ricreando immaginari narrativi che ti vengono addosso e suonano in sottofondo, quasi a richiamarti nelle trame passionali degli eventi. La vita scorre, le storie individuali hanno sentimenti letterari e una loro innata cinematografia. Una pittura dove le vicende somigliano ai tuoi sogni o ai tuoi incubi, al tuo vissuto o al vivere che avresti immaginato. Tutto è reale eppure senti la qualità inventiva, il richiamo ai codici aperti della pittura, la voglia di masticare il reale finché tutto si trasforma in un “mondo alla Bazan”. Talvolta surreale ma sempre nel cuore delle vere emozioni.
Andrea Chiesi (nato a Modena nel 1966 dove vive e lavora)
Un’ossessione territoriale (la pianura emiliana) ha portato l’artista nel cuore dei suoi immaginari, dentro la costante riduzione del realismo e la crescita dello stato mentale di una forma. Chiesi proviene dalla cultura underground, da storie che rimandano a Giovanni Lindo Ferretti e ad un’Emilia musicale ricca di noir e decadenza postrock. Da lì sono nati gli immaginari postindustriali, le visioni nebbiose tra architettura e periferie del lavoro pesante. Gradualmente l’artista ha plasmato un’estetica da principio più notturna, modellando lo stile verso una luce sempre più metafisica e impercettibile. Ecco le torri da cantiere, i gasometri, gli edifici razionalisti ma anche i cieli, le pianure, i parcheggi desolati: frammenti di visioni inquiete che emanano un pathos drammatico, una sospensione tra la memoria forte e l’incertezza del futuro.
Daniele Galliano (nato a Pinerolo nel 1961. Vive e lavora a Torino)
Un occhio fotografico per registrare l’esperienza del quotidiano. Dagli anni Novanta Galliano utilizza una matrice stilistica che mescola, in un ibrido indefinito, attualità fotografica (come riferimento iniziale) e sublimazione pittorica (come risultato effettivo). Il suo quadro è un confine sottile tra realismo e apparizione, un continuo salto di prospettive e metodi interpretativi. Spuntano scene di vita che hanno l’apparenza della normalità e l’energia sottotraccia delle cose speciali, poco appariscenti ma cariche di alchimie emozionali. La sua attitudine registra immagini che contengono il cortocircuito senza mostrarlo in forma didascalica. Senti il pathos crescente, l’attimo sospeso, l’energia che può diventare bellezza o pericolo, eccesso o noia domestica. Capisci che l’artista seleziona frangenti che hanno il potere sensoriale dell’azione etica.
Marco Neri (nato a Forlì nel 1968. Vive e lavora a Torriana)
Il suo è un costante processo di asciugatura e sintesi, come se ogni immagine passasse per la ripulitura cerebrale che lascia lo scheletro necessario della forma, un’icona pura e concettuale. Dai landscape alle abitazioni, dai parchi per il divertimento alle bandiere fino ai lettering attuali, Neri elimina qualsiasi superfluo e si concentra sugli archetipi delle matrici esistenti. La forma si assume la responsabilità del concetto, aiutata da scelte cromatiche che danno omogeneità e mandano in cortocircuito il realismo della visione. Lo sguardo dell’artista non vola mai al contesto inquadrato ma passa sempre per il cervello, lasciando che la mente rielabori l’attinenza di ogni figurazione. Immagine e immaginario diventano una stessa entità, portando il processo pittorico al suo livello più nascosto e meno ovvio. Dove l’immagine riporta le sue parti nascoste.
02
dicembre 2008
La strategia del Ragno
Dal 02 dicembre 2008 al 30 gennaio 2009
arte contemporanea
Location
EMMEOTTO
Roma, Via Di Monte Giordano, 36, (Roma)
Roma, Via Di Monte Giordano, 36, (Roma)
Orario di apertura
martedì-sabato 11-13:30 e 15-19:30. Lunedì su appuntamento
Vernissage
2 Dicembre 2008, ore 19
Ufficio stampa
NOVELLA MIRRI
Ufficio stampa
SCARLETT MATASSI
Ufficio stampa
MARIA BONMASSAR
Autore
Curatore