Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Stefano Cerio – Sintetico italiano
La mostra esamina il percorso personale dell’artista negli ultimi anni attraverso tre serie di fotografie: Sintetico Urbano, Souvenirs e Apparizioni, il cui filo conduttore resta per tutte l’elemento del Kitsch come pellicola menzognera e edulcorante della realtà.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
L’esposizione esamina il percorso personale dell’artista negli ultimi anni attraverso tre serie di fotografie: Sintetico Urbano, Souvenirs e Apparizioni, il cui filo conduttore resta per tutte l’elemento del Kitsch come pellicola menzognera e edulcorante della realtà.
L’artista percorre da qualche anno le strade del kitsch che lo hanno condotto attraverso cimiteri per cani e laccate cittadine del sud Italia dove l’intero paesaggio sembra il set di un film anni ’50 o di uno spot di prodotti per famiglie. La scenografia sovraccarica di questi luoghi accosta baite alpine a colonnati neoclassici, centri commerciali moderni a guglie neogotiche.
Reliquia di questo pellegrinaggio, feticcio mistico dell’era del turismo di massa, il souvenir, sul quale l’artista si concentra nella sua seconda serie, abbandona la sua condizione di frivolo oggetto da mensola in cucina per elevarsi, nelle foto di Cerio, ad una dimensione purissima e ascetica in un elegante bianco e nero da straight photography che, interferendo con la fattura approssimata di questi ninnoli, restituisce un immagine eloquente del turismo odierno. Una pratica preconfezionata e ammiccante che nulla ha a che vedere con la realtà delle tradizioni e dei luoghi visitati ne con le persone che li abitano.
L’obiettivo stringe sulla tematica religiosa nella serie di lavori più recente intitolata “Apparizioni” mantenendo però l’attenzione concentrata sul confronto tra desiderio e realtà, ovvero sull’oggetto e la sua “manifestazione”. Le figure di grandi statue di madonne e sante, sembrano emergere da paesaggi rigogliosi come apparizioni mistiche manifestando però immediatamente la loro natura di oggetti piùcchereali, portatori di un significato cultuale pret-a-porter. Contrasti aggressivi e sfondi sfumati stressano l’accento sull’effettiva concretezza di questi feticci, sul loro smaltato manifestarsi che ci rapisce, trasporta e infine ci fa sorridere. La patina del kitsch non fornisce risposte ma scherma la realtà con una lamina che ancora una volta confonde.
Catalogo Sintetico Italiano Silvana editoriale € 20,00.
Con preghiera di segnalarci l'eventuale pubblicazione.
CHANGING ROLE: info tel. 08119575958
infogallery@changingrole.com
UFFICIO STAMPA Eleonora Tarantino
Press & Media (tel. 335/6926106)
le immagini ad alta definizione sono disponibili in formato elettronico o su cd, inviare richiesta a: pressmedia@coolmag.it
Didascalie:
1. Il Riposo di Snoopy - Stampa ai pigmenti cm.110X140 tir.1/5 anno 2007
5 - Apparizione - Stampa ai pigmenti 110x130 tir.1/3 anno 2009
8 - Apparizione - Stampa ai pigmenti 110x130 tir.1/3 anno 2009
9 – David - Stampa ai pigmenti di carbone cm. 100x120 tir. 1/3 anno 2008
10 - Il salvatore - Stampa ai pigmenti di carbone cm. 100x120 tir. 1/3 anno 2008
11 - Mia Madonna Mia Salvezza - Stampa ai pigmenti cm.110X140 tir.1/5 anno 2007
BIOGRAFIA DELL’ARTISTA
Stefano Cerio vive e lavora tra Roma, Milano e Parigi.
Inizia la carriera di fotografo a soli 18 anni collaborando con il settimanale L’Espresso. Dal 2001 il suo interesse si sposta progressivamente verso la fotografia di ricerca e i video.
Ha Esposto alla Galleria Damian Boquet di Parigi, al Diaframma a Milano, alla galleria Recalcati Arte Contemporanea a Torino, del 2004 è il progetto Machine Man al Lattuada Studio a Milano. Nel 2005 la Città della Scienza di Napoli e la galleria Franco Riccardo gli dedicano due personali dal titolo “Codice Multiplo”.
Nel 2008 realizza per la regione Piemonte una grande installazione on site specific per la mostra “Le Porte del Mediterraneo” a Rivoli e nello stesso anno espone alla Changing Role di Roma con la mostra “Souvenirs”.
Le regole dell’irrealtà
Angela Tecce
Le tre serie presentate in questa mostra da Stefano Cerio, Apparizioni, Souvenirs e Sintetico urbano, si presentano a prima vista come delle indagini sul banale quotidiano, forse addirittura come la riproposizione, in termini più avvertiti, dell’eterna lotta tra bello e kitsch che da molti anni vede il primo soccombere alla straripante invasione del secondo nella ‘cultura’, nei media e finanche nella politica.
Ma, osservandole con meno pregiudizi, ‘qualcosa’ in queste immagini non torna esattamente con quanto a prima vista esse sembrerebbero rappresentare: ad un ‘secondo livello’ di lettura esse svelano una intenzione malcelata, un arrière pensée, che emerge dal confronto delle fotografie che formano le tre serie. Si tratta, mi sembra, non di un tentativo di mettere in risalto la miseria sociale e culturale che sta dietro i paesaggi urbani e affettivi da esse segnalati, quanto del tentativo di fondare una mitologia dell’irreale scovandone il meccanismo di accesso all’ordine simbolico.
Questa intenzione appare esplicita nella serie che potremmo considerare più scontata: Souvenirs, il cui contenuto è in sostanza il ciarpame che accompagna, circonda e addomestica per il turista inconsapevole la percezione di capolavori dell’arte e dell’architettura - da Duomo di Milano al cosiddetto Augusto di Primaporta dei Musei Vaticani – di cui l’acquirente non vuole la riproduzione fotografica, troppo ‘facile’ da ottenere per chiunque e comunque non esponibile quale testimonianza di una visione diretta dell’originale, quanto una riproduzione in scala che conservi, al di là della deformazione spesso irreparabile cui è sottoposto l’originale, la statuto di monumentalità che è il vero stigma dell’opera, o dell’architettura. Nelle fotografie di Cerio, rigorosamente in bianco e nero, realizzate con la stessa sofisticata aderenza ai capolavori che hanno certe fotografie d’arte nel catturarne la complessità attraverso una gamma raffinata di grigi, qualcosa di astratto e rigoroso fa lievitare le riproduzioni, che si emancipano dagli originali – di fronte ai quali non potrebbero che essere derise – per porsi esse stesse come soggetti autonomamente degni di essere eternati. E lo stesso processo viene applicato anche alle composizioni ‘sacre’, che ritrovano nella simmetria, messa in risalto da una illuminazione sfumata e astraente, un principio di creatività autonoma, ‘classica’, perché questo è il vero linguaggio della banalità oggi: la verosimiglianza, il ‘rispetto’, l’ordine …
Con Sintetico urbano, Cerio vuole cogliere un principio comune all’inaridimento che in certi livelli della società meridionale è sottoposta qualsiasi aspirazione al cambiamento, al miglioramento della vita comune, ad una esistenza dignitosa. Nella fioritura di plastica delle tombe degli animali – un Pet Sematary degli affetti inconsolabili ambientato a Varcaturo e non nel Maine, come il romanzo di Stephen King – e soprattutto nei disperati messaggi di inconsolabile dolore che li accompagna scorgiamo i segnali di una vita offesa, aggrappata piuttosto ai ricordi più innocui di un cucciolo perso per sempre, che al niente che rimane dopo la loro scomparsa. Quasi come una amplificazione della coscienza ferita, la camera si allarga a rappresentare il livello sociale che a questo coscienza corrisponde: un territorio devastato, dove nessuno osa mettere piede, bene simbolizzato da un ‘parco acquatico’ abbandonato, che l’incuria trasformerà in uno dei tanti non luoghi che costellano il territorio delle periferie urbane, da un tiro a segno assurdamente composto, ordinato e ripulito, che aspetta i clienti come un ristorante o un ospedale prima dell’invasione dei clienti o dei tifosi feriti in una rissa e ancora di più, e più fuori luogo, da un edificio chiesastico ostentatamente chiuso in una monumentalità per nulla mistica, che anzi si fa esso stesso ‘parco religioso’ ammantandosi di stelle, esternando così, nel modo più sgangherato, la voglia di sacro, l’aspirazione ad una al di là risarcitorio delle bassezze dell’oggi a cui i suoi frequentatori sicuramente sentono di avere diritto. Anche gli interni dei negozi di ‘oggettistica’, come vengono definiti, sono accumuli esasperati di oggetti senza qualità, fatti della plastica più scadente colorata nei toni più falsi, e appaiono come antri nei quali la merce si fa totalmente consolatoria, niente ne riscatta la dozzinalità se non l’estrema accessibilità economica e, si immagina, l’istante di soddisfazione che l’impossessarsene potrà procurare anche all’acquirente più povero.
Apparizioni è il titolo dell’ultima serie, in cui le statue riprese da Cerio in queste immagini non ‘appaiono’, ma sono state saldamente sistemate dall’autore nei luoghi fotografati, e in questi stessi luoghi è stato montato un vero set di luci per suscitare il senso di epifania del titolo. Un procedimento che ricorda da vicino, sia pur in dimensioni differenti, Gregory Crewdson; come, del resto, se dovessimo mettere sotto il segno di un maestro le altre due serie potremmo citare per Souvenirs Mimmo Jodice e per Sintetico urbano Martin Parr, segnalando un comune ambito teorico di ricerca e non una semplice ispirazione tecnica. In questa serie è forse più evidente la tensione mitopoietica di cui parlavo all’inizio, la cui catena creativa risale probabilmente a quei miti ctonii che davano a ciascun luogo del mondo una divinità propria, che ne esprimeva il senso profondo. Da lì provengono le innumerevoli apparizioni delle madonne e dei santi che costellano la storia del cristianesimo e da lì prende le mosse Apparizioni. Anche in queste immagini la ‘monumentalità’ delle statue è costruita attraverso la calibratura esatta della composizione, il dosaggio di ombre e luci, che ne fa le protagoniste di un territorio, come antiche divinità poste a proteggere i luoghi del lavoro e della sopravvivenza. Il paesaggio, colto all’imbrunire, diventa un fondale di cui possiamo immaginare il frusciare del vento tra l’erba o il tranquillo mormorio dell’acqua che scorre, e da dove emergono quasi promanando una luce ‘interna’ queste figure sacre. Siamo, volutamente, alla ricreazione di una religiosità intuitiva, che non ha mediazioni istituzionali né tantomeno teologiche, ma in cui la devozione si incarna in icone di fede che esprimono direttamente una speranza, un desiderio di felicità o, semplicemente, di pace.
L’artista percorre da qualche anno le strade del kitsch che lo hanno condotto attraverso cimiteri per cani e laccate cittadine del sud Italia dove l’intero paesaggio sembra il set di un film anni ’50 o di uno spot di prodotti per famiglie. La scenografia sovraccarica di questi luoghi accosta baite alpine a colonnati neoclassici, centri commerciali moderni a guglie neogotiche.
Reliquia di questo pellegrinaggio, feticcio mistico dell’era del turismo di massa, il souvenir, sul quale l’artista si concentra nella sua seconda serie, abbandona la sua condizione di frivolo oggetto da mensola in cucina per elevarsi, nelle foto di Cerio, ad una dimensione purissima e ascetica in un elegante bianco e nero da straight photography che, interferendo con la fattura approssimata di questi ninnoli, restituisce un immagine eloquente del turismo odierno. Una pratica preconfezionata e ammiccante che nulla ha a che vedere con la realtà delle tradizioni e dei luoghi visitati ne con le persone che li abitano.
L’obiettivo stringe sulla tematica religiosa nella serie di lavori più recente intitolata “Apparizioni” mantenendo però l’attenzione concentrata sul confronto tra desiderio e realtà, ovvero sull’oggetto e la sua “manifestazione”. Le figure di grandi statue di madonne e sante, sembrano emergere da paesaggi rigogliosi come apparizioni mistiche manifestando però immediatamente la loro natura di oggetti piùcchereali, portatori di un significato cultuale pret-a-porter. Contrasti aggressivi e sfondi sfumati stressano l’accento sull’effettiva concretezza di questi feticci, sul loro smaltato manifestarsi che ci rapisce, trasporta e infine ci fa sorridere. La patina del kitsch non fornisce risposte ma scherma la realtà con una lamina che ancora una volta confonde.
Catalogo Sintetico Italiano Silvana editoriale € 20,00.
Con preghiera di segnalarci l'eventuale pubblicazione.
CHANGING ROLE: info tel. 08119575958
infogallery@changingrole.com
UFFICIO STAMPA Eleonora Tarantino
Press & Media (tel. 335/6926106)
le immagini ad alta definizione sono disponibili in formato elettronico o su cd, inviare richiesta a: pressmedia@coolmag.it
Didascalie:
1. Il Riposo di Snoopy - Stampa ai pigmenti cm.110X140 tir.1/5 anno 2007
5 - Apparizione - Stampa ai pigmenti 110x130 tir.1/3 anno 2009
8 - Apparizione - Stampa ai pigmenti 110x130 tir.1/3 anno 2009
9 – David - Stampa ai pigmenti di carbone cm. 100x120 tir. 1/3 anno 2008
10 - Il salvatore - Stampa ai pigmenti di carbone cm. 100x120 tir. 1/3 anno 2008
11 - Mia Madonna Mia Salvezza - Stampa ai pigmenti cm.110X140 tir.1/5 anno 2007
BIOGRAFIA DELL’ARTISTA
Stefano Cerio vive e lavora tra Roma, Milano e Parigi.
Inizia la carriera di fotografo a soli 18 anni collaborando con il settimanale L’Espresso. Dal 2001 il suo interesse si sposta progressivamente verso la fotografia di ricerca e i video.
Ha Esposto alla Galleria Damian Boquet di Parigi, al Diaframma a Milano, alla galleria Recalcati Arte Contemporanea a Torino, del 2004 è il progetto Machine Man al Lattuada Studio a Milano. Nel 2005 la Città della Scienza di Napoli e la galleria Franco Riccardo gli dedicano due personali dal titolo “Codice Multiplo”.
Nel 2008 realizza per la regione Piemonte una grande installazione on site specific per la mostra “Le Porte del Mediterraneo” a Rivoli e nello stesso anno espone alla Changing Role di Roma con la mostra “Souvenirs”.
Le regole dell’irrealtà
Angela Tecce
Le tre serie presentate in questa mostra da Stefano Cerio, Apparizioni, Souvenirs e Sintetico urbano, si presentano a prima vista come delle indagini sul banale quotidiano, forse addirittura come la riproposizione, in termini più avvertiti, dell’eterna lotta tra bello e kitsch che da molti anni vede il primo soccombere alla straripante invasione del secondo nella ‘cultura’, nei media e finanche nella politica.
Ma, osservandole con meno pregiudizi, ‘qualcosa’ in queste immagini non torna esattamente con quanto a prima vista esse sembrerebbero rappresentare: ad un ‘secondo livello’ di lettura esse svelano una intenzione malcelata, un arrière pensée, che emerge dal confronto delle fotografie che formano le tre serie. Si tratta, mi sembra, non di un tentativo di mettere in risalto la miseria sociale e culturale che sta dietro i paesaggi urbani e affettivi da esse segnalati, quanto del tentativo di fondare una mitologia dell’irreale scovandone il meccanismo di accesso all’ordine simbolico.
Questa intenzione appare esplicita nella serie che potremmo considerare più scontata: Souvenirs, il cui contenuto è in sostanza il ciarpame che accompagna, circonda e addomestica per il turista inconsapevole la percezione di capolavori dell’arte e dell’architettura - da Duomo di Milano al cosiddetto Augusto di Primaporta dei Musei Vaticani – di cui l’acquirente non vuole la riproduzione fotografica, troppo ‘facile’ da ottenere per chiunque e comunque non esponibile quale testimonianza di una visione diretta dell’originale, quanto una riproduzione in scala che conservi, al di là della deformazione spesso irreparabile cui è sottoposto l’originale, la statuto di monumentalità che è il vero stigma dell’opera, o dell’architettura. Nelle fotografie di Cerio, rigorosamente in bianco e nero, realizzate con la stessa sofisticata aderenza ai capolavori che hanno certe fotografie d’arte nel catturarne la complessità attraverso una gamma raffinata di grigi, qualcosa di astratto e rigoroso fa lievitare le riproduzioni, che si emancipano dagli originali – di fronte ai quali non potrebbero che essere derise – per porsi esse stesse come soggetti autonomamente degni di essere eternati. E lo stesso processo viene applicato anche alle composizioni ‘sacre’, che ritrovano nella simmetria, messa in risalto da una illuminazione sfumata e astraente, un principio di creatività autonoma, ‘classica’, perché questo è il vero linguaggio della banalità oggi: la verosimiglianza, il ‘rispetto’, l’ordine …
Con Sintetico urbano, Cerio vuole cogliere un principio comune all’inaridimento che in certi livelli della società meridionale è sottoposta qualsiasi aspirazione al cambiamento, al miglioramento della vita comune, ad una esistenza dignitosa. Nella fioritura di plastica delle tombe degli animali – un Pet Sematary degli affetti inconsolabili ambientato a Varcaturo e non nel Maine, come il romanzo di Stephen King – e soprattutto nei disperati messaggi di inconsolabile dolore che li accompagna scorgiamo i segnali di una vita offesa, aggrappata piuttosto ai ricordi più innocui di un cucciolo perso per sempre, che al niente che rimane dopo la loro scomparsa. Quasi come una amplificazione della coscienza ferita, la camera si allarga a rappresentare il livello sociale che a questo coscienza corrisponde: un territorio devastato, dove nessuno osa mettere piede, bene simbolizzato da un ‘parco acquatico’ abbandonato, che l’incuria trasformerà in uno dei tanti non luoghi che costellano il territorio delle periferie urbane, da un tiro a segno assurdamente composto, ordinato e ripulito, che aspetta i clienti come un ristorante o un ospedale prima dell’invasione dei clienti o dei tifosi feriti in una rissa e ancora di più, e più fuori luogo, da un edificio chiesastico ostentatamente chiuso in una monumentalità per nulla mistica, che anzi si fa esso stesso ‘parco religioso’ ammantandosi di stelle, esternando così, nel modo più sgangherato, la voglia di sacro, l’aspirazione ad una al di là risarcitorio delle bassezze dell’oggi a cui i suoi frequentatori sicuramente sentono di avere diritto. Anche gli interni dei negozi di ‘oggettistica’, come vengono definiti, sono accumuli esasperati di oggetti senza qualità, fatti della plastica più scadente colorata nei toni più falsi, e appaiono come antri nei quali la merce si fa totalmente consolatoria, niente ne riscatta la dozzinalità se non l’estrema accessibilità economica e, si immagina, l’istante di soddisfazione che l’impossessarsene potrà procurare anche all’acquirente più povero.
Apparizioni è il titolo dell’ultima serie, in cui le statue riprese da Cerio in queste immagini non ‘appaiono’, ma sono state saldamente sistemate dall’autore nei luoghi fotografati, e in questi stessi luoghi è stato montato un vero set di luci per suscitare il senso di epifania del titolo. Un procedimento che ricorda da vicino, sia pur in dimensioni differenti, Gregory Crewdson; come, del resto, se dovessimo mettere sotto il segno di un maestro le altre due serie potremmo citare per Souvenirs Mimmo Jodice e per Sintetico urbano Martin Parr, segnalando un comune ambito teorico di ricerca e non una semplice ispirazione tecnica. In questa serie è forse più evidente la tensione mitopoietica di cui parlavo all’inizio, la cui catena creativa risale probabilmente a quei miti ctonii che davano a ciascun luogo del mondo una divinità propria, che ne esprimeva il senso profondo. Da lì provengono le innumerevoli apparizioni delle madonne e dei santi che costellano la storia del cristianesimo e da lì prende le mosse Apparizioni. Anche in queste immagini la ‘monumentalità’ delle statue è costruita attraverso la calibratura esatta della composizione, il dosaggio di ombre e luci, che ne fa le protagoniste di un territorio, come antiche divinità poste a proteggere i luoghi del lavoro e della sopravvivenza. Il paesaggio, colto all’imbrunire, diventa un fondale di cui possiamo immaginare il frusciare del vento tra l’erba o il tranquillo mormorio dell’acqua che scorre, e da dove emergono quasi promanando una luce ‘interna’ queste figure sacre. Siamo, volutamente, alla ricreazione di una religiosità intuitiva, che non ha mediazioni istituzionali né tantomeno teologiche, ma in cui la devozione si incarna in icone di fede che esprimono direttamente una speranza, un desiderio di felicità o, semplicemente, di pace.
27
giugno 2009
Stefano Cerio – Sintetico italiano
Dal 27 giugno al 30 ottobre 2009
arte contemporanea
Location
CERTOSA DI SAN GIACOMO
Capri, Via Certosa, (Napoli)
Capri, Via Certosa, (Napoli)
Orario di apertura
da martedì a domenica dalle 17.00/20.00
Vernissage
27 Giugno 2009, ore 20
Editore
SILVANA EDITORIALE
Ufficio stampa
PRESS & MEDIA
Autore