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Abitanti del museo n.1 – Valerio Adami
Con questo appuntamento inizia un nuovo ciclo di mostre, Abitanti del museo, che Giorgio Marconi intende proporre al pubblico per continuare in modo più specifico ad analizzare e rivedere il lavoro svolto nei quarantanni dello Studio Marconi (1965-1992). La prima mostra è dedicata a due opere di Valerio Adami : L’uovo rotto del 1964 e H.Matisse che lavora ad un quaderno di disegni del 1966 esposte alla mostra “Figuration Narrative Paris 1960-1972” organizzata dalla Réunion des musées nationaux-Centre Pompidou al Grand Palais di Parigi (16/4–13/7/2008) e all’IVAM di Valencia (19/9/2008-11/1/2009).
Comunicato stampa
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Con questo appuntamento inizia un nuovo ciclo di mostre, Abitanti del museo, che Giorgio Marconi intende proporre al pubblico per continuare in modo più specifico ad analizzare e rivedere il lavoro svolto nei quarantanni dello Studio Marconi (1965-1992).
La rilettura delle opere con una revisione in base agli scritti critici di allora e di oggi ha portato alla realizzazione di una serie di mostre e relative pubblicazioni dal 2004, anno di apertura della Fondazione Marconi, ad oggi che hanno riguardato artisti come Schifano, Baj, Pardi, Spoldi, Tadini, Hsiao e Del Pezzo. Questo nuovo ciclo di mostre, Abitanti del museo, vuole essere più specifico e “provocante” partendo dall’analisi di opere esposte nei musei.
La prima mostra è dedicata a due opere di Valerio Adami : L’uovo rotto del 1964 e H.Matisse che lavora ad un quaderno di disegni del 1966 esposte alla mostra “Figuration Narrative Paris 1960-1972” organizzata dalla Réunion des musées nationaux-Centre Pompidou al Grand Palais di Parigi (16/4–13/7/2008) e all’IVAM di Valencia (19/9/2008-11/1/2009).
Nel luglio del 1964 mentre a Venezia trionfa la Pop Art americana con la premiazione di Robert Rauschenberg, al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris si apre a cura di Gérald Gassiot-Talabot la mostra “Mithologies quotidiennes” che presenta la nuova pittura figurativa che prende il volo dalle rive della Senna. Pittori provenienti da differenti orizzonti estetici e geografici come Adami, Arroyo, Bertholo, Bertini, Falhström, Klasen, Monroy, Rancillac, Recalcati, Saul, Télémaque e Voss, lavoravano a partire dall’immagine fotografica o cinematografica, dalle icone pubblicitarie, dai comics o dalla pittura classica per realizzare opere che deviano dal primo significato di queste rappresentazioni per svelare altri sensi inattesi, suggerire altre narrazioni o mostrare il proprio impegno politico.
Scrive Alain Jouffroy nel 1966 : Valerio Adami …dal momento in cui l’ho visto concepire i suoi quadri a partire da foto di attualità prese in prestito dalla stampa, dal primo momento in cui ho colto che si serviva del “presente”, come di un materiale da trasformare, tagliare, sciabolare, ricomporre, ho capito che si trattava di un grande pittore: non di un pittore dell’immediato, dell’attualità, ma di un pittore che tenta lucidamente di dominare e persino di sfasciare l’attualità o, meglio detto: “ di farla volare in pezzi ”. Adami non ha mai ceduto alla tentazione reazionaria del “realismo”. Non ha mai ceduto al bisogno d’integrazione del pensiero individuale al pensiero industriale o dogmatico. Davanti alle fotografie della stampa, come più tardi di fronte ai “comics”, ha sempre conservato un atteggiamento creativo da critico…. Di fronte a un sistema di rappresentazioni ufficiali (fotografie, fumetti, etc.), davanti all’aggressiva collettivizzazione delle immagini e dei clichés della “felicità” e della “riuscita” sociale, bombardato come ognuno di noi da ogni lato, fin nell’interno del proprio cervello, da milioni di immagini-clichés, Adami ha vissuto e pensato la creazione pittorica come un mezzo mentale di trasformazione del mondo….. Adami è un gran pittore non solo perché ci rimanda, scomposte, le nostre poltrone, le nostre vasche da bagno, i nostri cappelli, le nostre donne nude, ma anche perché considera il mondo come un uovo che si sta rompendo, e allo stesso tempo il pensiero come un uovo che si sta rompendo. E se il tutto si presenta come un uovo, quest’uovo non può che essere rotto….’
Insieme alle due opere, L’uovo rotto (olio su tela di cm 200x300) e H.Matisse che lavora ad un quaderno di disegni (acrilici su tela di cm 200x300), provenienti dalla mostra “Figuration Narrative Paris 1960-1972” del Centre Pompidou saranno esposte al primo piano della Fondazione Marconi opere rappresentative del lavoro di Adami del 1964 tra cui Auto-lavaggio-mentale (olio su tela cm 210x335, un gruppo di disegni relativi al periodo, mentre al secondo piano invece le opere del 1966, Fusione di una testa e di una finestra (Omaggio a Boccioni), Privacy, scena borghese una cameriera di buon cuore, alcuni disegni e documenti d’epoca.
Le mostre del nuovo ciclo, Abitanti del museo, saranno accompagnate da una nuova pubblicazione,
Quaderni della Fondazione Marconi, che riprendendo l’idea dei “giornalini” dello Studio Marconi degli anni ’70 e inizio ’80, sarà dedicata alla rilettura critica delle opere proposte. Il primo numero dedicato ad Adami, riproporrà una selezione di immagini di opere, documenti e testi del 1964-66 e due testi scritti appositamente dal critico e poeta Alain Jouffroy su L’uovo rotto e H.Matisse che lavora a un quaderno di disegni.
Valerio Adami nasce a Bologna nel 1935. Studia all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano dal 1951 al 1954 interessandosi inizialmente ai grandi modelli dell’arte antica e neoclassica. I suoi primi dipinti attingono dall’espressionismo e riportano il segno dei suoi ricordi dell’Italia in rovina nel 1945. Nel 1952, durante il Salone di Maggio, incontra i pittori Matta e Wilfredo Lam, che diventeranno i suoi più cari amici nel 1955 a Parigi. La sua pittura, molto grafica, propone delle forme, dei pezzi di immagini, delle silhouettes, ma la dislocazione formale, le combinazioni imprevedibili di questi elementi, che devono molto al cubismo e all’opera di Matta, perturbano lo sguardo. A partire dal 1958, Adami soggiorna a Londra, dove frequenta artisti come Richard Hamilton, Francis Bacon; mentre dopo il 1961 divide il suo tempo tra Milano, Londra e Parigi. Durante gli anni ’60 si afferma come uno dei maggiori rappresentanti della Nuova Figurazione, partecipando, a Parigi, alla “Figuration narrative dans l’art contemporaine” (1965), alla “Bande dessinée et figuration narrative” (1967) e ad una retrospettiva all’ARC nel 1970. La sua notorietà diventa presto internazionale: espone a “Documenta 3” di Kassel (1964), alla Galleria Schwarz e allo Studio Marconi di Milano (1964), alla Biennale di Venezia (1968), al Musée des Beaux-Arts di Caracas (1969). Nel 1966, stabilizza definitivamente il suo sistema formale: una linea densa circoscrive gli oggetti e i personaggi, riempiti con colori puri e senza ombre. I dipinti sono sempre preceduti da disegni di studio particolarmente precisi. Negli anni successivi Adami porterà delle variazioni sulla finezza del contorno, sull’importanza del tratteggio, sull’ampiezza della dislocazione formale, sulla vivacità dei contrasti, mentre la fine degli anni ’60 è caratterizzata dalla evocazione dei luoghi urbani, anonimi o tristi, inspirati dalle sue foto di New York, dove aveva soggiornato nel 1966. Durante gli anni ’70, propone un nuovo metodo di organizzazione e di associazione figurativa di cui Le portrait de James Joyce (1971) è uno dei primi esempi. Alla “banalità degli interni” succede una pittura referenziale ma enigmatica, integrata da lettere e da frasi. Il suo lavoro riporta alla memoria culturale collettiva attraverso i ritratti di celebrità (Friedrich Nietzsche, Sigmund Freud, Walter Benjamin) e i paesaggi o gli avvenimenti storici come la Rivoluzione Francese.
Nel 1978 Adami dipinge una serie di quadri con soggetti mitologici nel suo atelier di New York pieni di riferimenti alla pittura antica, come Prométhée e Le Mythe de Pandore. La franchezza delle sue superfici colorate trovano delle applicazioni in grande scala: negli affreschi al First National City Bank di Madison nel Wisconsin (1974), nella hall della stazione di Austerlitz a Parigi (1987), negli affreschi della facciata del Théatre du Châtelet di Parigi (1989). Eternamente nomade, cambia continuamente l’atelier. Vivendo a Parigi e in Italia, passa molti mesi a Ostenda in Belgio (1969), a New York (dal 1971), in Messico e a Los Angeles (1975), a Monte-Carlo (dove si stabilizzerà mel 1981) e Meina in Italia. Intraprende dei lunghi viaggi, nel Messico (1969, 1981) in India (1977, 1982) e nei paesi nordici (1988).
Aperto all’interpretazione, ricco di numerose referenze culturali, il lavoro di Adami suscita numerosi commenti di filosofi (Jacques Derrida, Jean-François Lyotard, Gille Deleuze), di storici dell’arte (Hubert Damisch, Marc Le Bot) e di scrittori (Italo calvino, Octavio Paz e Antonio Tabucchi). Adami stesso pubblica a partire del 1986 molti scritti: Les Règles du montage: Sinopie (1989); Dessiner: les gommes et les crayons (2002). Le sue più importanti esposizioni si sono tenute a Gerusalemme (1979), al Centre Pompidou di Parigi (1985), al Palazzo Reale di Milano (1985), a Valencia (1990) a Madrid (1991), a Siena (1994), a Bochum (1996), ad Atene (2004) e a Parigi (2008).
Oggi vive e lavora a Monte-Carlo (Monaco) e a Meina (Italia).
La rilettura delle opere con una revisione in base agli scritti critici di allora e di oggi ha portato alla realizzazione di una serie di mostre e relative pubblicazioni dal 2004, anno di apertura della Fondazione Marconi, ad oggi che hanno riguardato artisti come Schifano, Baj, Pardi, Spoldi, Tadini, Hsiao e Del Pezzo. Questo nuovo ciclo di mostre, Abitanti del museo, vuole essere più specifico e “provocante” partendo dall’analisi di opere esposte nei musei.
La prima mostra è dedicata a due opere di Valerio Adami : L’uovo rotto del 1964 e H.Matisse che lavora ad un quaderno di disegni del 1966 esposte alla mostra “Figuration Narrative Paris 1960-1972” organizzata dalla Réunion des musées nationaux-Centre Pompidou al Grand Palais di Parigi (16/4–13/7/2008) e all’IVAM di Valencia (19/9/2008-11/1/2009).
Nel luglio del 1964 mentre a Venezia trionfa la Pop Art americana con la premiazione di Robert Rauschenberg, al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris si apre a cura di Gérald Gassiot-Talabot la mostra “Mithologies quotidiennes” che presenta la nuova pittura figurativa che prende il volo dalle rive della Senna. Pittori provenienti da differenti orizzonti estetici e geografici come Adami, Arroyo, Bertholo, Bertini, Falhström, Klasen, Monroy, Rancillac, Recalcati, Saul, Télémaque e Voss, lavoravano a partire dall’immagine fotografica o cinematografica, dalle icone pubblicitarie, dai comics o dalla pittura classica per realizzare opere che deviano dal primo significato di queste rappresentazioni per svelare altri sensi inattesi, suggerire altre narrazioni o mostrare il proprio impegno politico.
Scrive Alain Jouffroy nel 1966 : Valerio Adami …dal momento in cui l’ho visto concepire i suoi quadri a partire da foto di attualità prese in prestito dalla stampa, dal primo momento in cui ho colto che si serviva del “presente”, come di un materiale da trasformare, tagliare, sciabolare, ricomporre, ho capito che si trattava di un grande pittore: non di un pittore dell’immediato, dell’attualità, ma di un pittore che tenta lucidamente di dominare e persino di sfasciare l’attualità o, meglio detto: “ di farla volare in pezzi ”. Adami non ha mai ceduto alla tentazione reazionaria del “realismo”. Non ha mai ceduto al bisogno d’integrazione del pensiero individuale al pensiero industriale o dogmatico. Davanti alle fotografie della stampa, come più tardi di fronte ai “comics”, ha sempre conservato un atteggiamento creativo da critico…. Di fronte a un sistema di rappresentazioni ufficiali (fotografie, fumetti, etc.), davanti all’aggressiva collettivizzazione delle immagini e dei clichés della “felicità” e della “riuscita” sociale, bombardato come ognuno di noi da ogni lato, fin nell’interno del proprio cervello, da milioni di immagini-clichés, Adami ha vissuto e pensato la creazione pittorica come un mezzo mentale di trasformazione del mondo….. Adami è un gran pittore non solo perché ci rimanda, scomposte, le nostre poltrone, le nostre vasche da bagno, i nostri cappelli, le nostre donne nude, ma anche perché considera il mondo come un uovo che si sta rompendo, e allo stesso tempo il pensiero come un uovo che si sta rompendo. E se il tutto si presenta come un uovo, quest’uovo non può che essere rotto….’
Insieme alle due opere, L’uovo rotto (olio su tela di cm 200x300) e H.Matisse che lavora ad un quaderno di disegni (acrilici su tela di cm 200x300), provenienti dalla mostra “Figuration Narrative Paris 1960-1972” del Centre Pompidou saranno esposte al primo piano della Fondazione Marconi opere rappresentative del lavoro di Adami del 1964 tra cui Auto-lavaggio-mentale (olio su tela cm 210x335, un gruppo di disegni relativi al periodo, mentre al secondo piano invece le opere del 1966, Fusione di una testa e di una finestra (Omaggio a Boccioni), Privacy, scena borghese una cameriera di buon cuore, alcuni disegni e documenti d’epoca.
Le mostre del nuovo ciclo, Abitanti del museo, saranno accompagnate da una nuova pubblicazione,
Quaderni della Fondazione Marconi, che riprendendo l’idea dei “giornalini” dello Studio Marconi degli anni ’70 e inizio ’80, sarà dedicata alla rilettura critica delle opere proposte. Il primo numero dedicato ad Adami, riproporrà una selezione di immagini di opere, documenti e testi del 1964-66 e due testi scritti appositamente dal critico e poeta Alain Jouffroy su L’uovo rotto e H.Matisse che lavora a un quaderno di disegni.
Valerio Adami nasce a Bologna nel 1935. Studia all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano dal 1951 al 1954 interessandosi inizialmente ai grandi modelli dell’arte antica e neoclassica. I suoi primi dipinti attingono dall’espressionismo e riportano il segno dei suoi ricordi dell’Italia in rovina nel 1945. Nel 1952, durante il Salone di Maggio, incontra i pittori Matta e Wilfredo Lam, che diventeranno i suoi più cari amici nel 1955 a Parigi. La sua pittura, molto grafica, propone delle forme, dei pezzi di immagini, delle silhouettes, ma la dislocazione formale, le combinazioni imprevedibili di questi elementi, che devono molto al cubismo e all’opera di Matta, perturbano lo sguardo. A partire dal 1958, Adami soggiorna a Londra, dove frequenta artisti come Richard Hamilton, Francis Bacon; mentre dopo il 1961 divide il suo tempo tra Milano, Londra e Parigi. Durante gli anni ’60 si afferma come uno dei maggiori rappresentanti della Nuova Figurazione, partecipando, a Parigi, alla “Figuration narrative dans l’art contemporaine” (1965), alla “Bande dessinée et figuration narrative” (1967) e ad una retrospettiva all’ARC nel 1970. La sua notorietà diventa presto internazionale: espone a “Documenta 3” di Kassel (1964), alla Galleria Schwarz e allo Studio Marconi di Milano (1964), alla Biennale di Venezia (1968), al Musée des Beaux-Arts di Caracas (1969). Nel 1966, stabilizza definitivamente il suo sistema formale: una linea densa circoscrive gli oggetti e i personaggi, riempiti con colori puri e senza ombre. I dipinti sono sempre preceduti da disegni di studio particolarmente precisi. Negli anni successivi Adami porterà delle variazioni sulla finezza del contorno, sull’importanza del tratteggio, sull’ampiezza della dislocazione formale, sulla vivacità dei contrasti, mentre la fine degli anni ’60 è caratterizzata dalla evocazione dei luoghi urbani, anonimi o tristi, inspirati dalle sue foto di New York, dove aveva soggiornato nel 1966. Durante gli anni ’70, propone un nuovo metodo di organizzazione e di associazione figurativa di cui Le portrait de James Joyce (1971) è uno dei primi esempi. Alla “banalità degli interni” succede una pittura referenziale ma enigmatica, integrata da lettere e da frasi. Il suo lavoro riporta alla memoria culturale collettiva attraverso i ritratti di celebrità (Friedrich Nietzsche, Sigmund Freud, Walter Benjamin) e i paesaggi o gli avvenimenti storici come la Rivoluzione Francese.
Nel 1978 Adami dipinge una serie di quadri con soggetti mitologici nel suo atelier di New York pieni di riferimenti alla pittura antica, come Prométhée e Le Mythe de Pandore. La franchezza delle sue superfici colorate trovano delle applicazioni in grande scala: negli affreschi al First National City Bank di Madison nel Wisconsin (1974), nella hall della stazione di Austerlitz a Parigi (1987), negli affreschi della facciata del Théatre du Châtelet di Parigi (1989). Eternamente nomade, cambia continuamente l’atelier. Vivendo a Parigi e in Italia, passa molti mesi a Ostenda in Belgio (1969), a New York (dal 1971), in Messico e a Los Angeles (1975), a Monte-Carlo (dove si stabilizzerà mel 1981) e Meina in Italia. Intraprende dei lunghi viaggi, nel Messico (1969, 1981) in India (1977, 1982) e nei paesi nordici (1988).
Aperto all’interpretazione, ricco di numerose referenze culturali, il lavoro di Adami suscita numerosi commenti di filosofi (Jacques Derrida, Jean-François Lyotard, Gille Deleuze), di storici dell’arte (Hubert Damisch, Marc Le Bot) e di scrittori (Italo calvino, Octavio Paz e Antonio Tabucchi). Adami stesso pubblica a partire del 1986 molti scritti: Les Règles du montage: Sinopie (1989); Dessiner: les gommes et les crayons (2002). Le sue più importanti esposizioni si sono tenute a Gerusalemme (1979), al Centre Pompidou di Parigi (1985), al Palazzo Reale di Milano (1985), a Valencia (1990) a Madrid (1991), a Siena (1994), a Bochum (1996), ad Atene (2004) e a Parigi (2008).
Oggi vive e lavora a Monte-Carlo (Monaco) e a Meina (Italia).
17
settembre 2009
Abitanti del museo n.1 – Valerio Adami
Dal 17 settembre al 07 novembre 2009
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE MARCONI
Milano, Via Alessandro Tadino, 15, (Milano)
Milano, Via Alessandro Tadino, 15, (Milano)
Orario di apertura
Da martedì a sabato, 10.30-12.30, 15.30-19.00
Vernissage
17 Settembre 2009, ore 19
Ufficio stampa
CRISTINA PARISET
Autore