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Ernesto Morales – Tiempos Migrantes
L’Istituto IItalo-Latino Americano e l’Ambasciata Argentina, in collaborazione con l’Associazione Interno Ventidue Arte Contemporanea, presentano Tiempos Migrantes, mostra personale dell’Artista argentino Ernesto Morales che raccoglie i risultati più recenti della sua ricerca sul tema della memoria.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
L'Istituto Italo-Latino Americano e l'Ambasciata Argentina in Italia, in collaborazione con l’Associazione Interno Ventidue Arte Contemporanea, hanno il piacere di presentare Tiempos Migrantes, mostra personale dell’Artista Argentino Ernesto Morales presso la Galleria dell’Istituto Italo Latino Americano IILA; la mostra raccoglie i risultati della ricerca più recente dell’Artista argentino connessa fondamentalmente al linguaggio della pittura, utilizzando video e la fotografia come strumenti di indagine formale e concettuale volti all'approfondimento dei temi affrontati quali la memoria, l'identità culturale, l'esilio e le migrazioni.
Dopo la grande mostra personale Ciudad de Memorias, realizzata a Buenos Aires lo scorso agosto 2009 presso il Museo Municipal de Bellas Artes Benito Quinquela Martin, il progetto espositivo Tiempos Migrantes segna un nuovo punto di svolta nel percorso artistico di Ernesto Morales, presentando per la prima volta al pubblico le opere inedite della serie vacas migrantes che testimoniano il passaggio ad una fase più strettamente aggiornata sulla trasposizione simbolica e metaforica delle tematiche oggetto della ricerca dell’artista. Nelle sue ultime opere Ernesto Morales testimonia infatti la necessità di rivivere la geometria degli spazi urbani attraverso l'esperienza della memoria e della distanza interpretate secondo un codice emozionale prettamente soggettivo che attiene al vissuto e all'immaginario emotivo di ognuno.
La mostra Tiempos Migrantes è inserita nel programma degli eventi promossi dall’Ambasciata Argentina in Italia in occasione della celebrazione del Bicentenario della Repubblica Argentina.
Testo critico di Lorenzo Canova:
Le nebbie dell’esilio
Ernesto Morales lavora da tempo sul tema dell’esilio e del distacco riflettendo con il video e la pittura sui legami e le lacerazioni che allo stesso tempo uniscono e separano l’Argentina e l’Italia. Questi due paesi rappresentano infatti le polarità simboliche delle opere di Morales, che nella sua ricerca dipinta o filmata scopre le assonanze segrete che legano queste due terre in senso quasi metafisico, come se Giorgio de Chirico, Jorge Luis Borges, Giovanni Papini o Julio Cortázar avessero deciso di unire le loro visioni in un’unica galleria di immagini. Non a caso in passato Morales ha dedicato opere video al tema della migrazione italiana in Argentina, alle permanenze e alle perdite d’identità che segnano il destino delle comunità trapiantate in un paese straniero. Il video e la fotografia, strumenti essenziali per una documentazione oggettiva di una realtà difficile e sfuggente sono, non a caso, il punto di partenza per le opere pittoriche dell’artista, una base che tuttavia viene manipolata, rielaborata e trasformata in quadri che mostrano un meditato processo di metamorfosi, sublimazione e decantazione. Gli spazi cittadini, come territorio privilegiato delle radici storiche, sociali e culturali di un popolo sono quindi scelti da Morales per dare forma a un sentimento di separazione collocato nel diradamento che sfuma allusivamente la forza plastica dei volumi. In questa mostra l’artista ha dunque lavorato sulla sua patria, sulla sua origine, riflettendo su Buenos Aires e svelando indecifrabili e oscure affinità esaltate dal vuoto e dal silenzio dove il grigio fa da motivo conduttore per la definizione pittorica di edifici, di viali disabitati e inquietanti. Queste architetture potrebbero allora mostrare un legame di Morales con le opere di de Chirico, l’artista che nel Novecento è stato più di tutti legato a un sentimento di spaesamento e di estraneità, di perenne nostalgia per luoghi originari irrimediabilmente perduti, a una visione della città dominata dal mistero, dal vuoto e dal silenzio. Ma se de Chirico costruiva i suoi dipinti attraverso il nitore di un’irreale luce meridiana e mediterranea, Morales preferisce dialogare con una città “metafisica” del funzionalismo rinchiuso nella pietra attraverso una rarefazione della visione che sfuma in una nebbia metaforica, in una bruma attraversata dalla scrittura che si ricompone nella dimensione della memoria. In questi spazi volutamente evanescenti l’anamnesi compie allora il suo tragitto a ritroso unendo la città della vita alla città del ricordo, la terra di nascita alla terra di elezione nei labirinti urbani che si diradano nella foschia delle geometrie dei palazzi e delle strutture. In questi meandri Morales evidenzia pertanto dei percorsi di luce sottolineati dalle strisce e dai pali stradali, dalle porte, dalle finestre e dalle ringhiere che si accendono di bagliori blu e gialli, unici elementi di colore nella seriale monocromia di questi territori fittizi e plausibili. Così, in questi sentieri accennati, interrotti e spezzati, lo spettatore può cercare il significato di un esilio inesorabile e apparentemente incomprensibile che colpisce gli uomini e la memoria, il senso di una perdita enigmatica, la via di uscita da queste strade dove il mistero delle città irreali si fonde alla via aperta verso un ritorno perennemente sognato e forse impossibile.
Nel suo ciclo più recente Morales ha ulteriormente allargato il suo discorso lavorando simbolicamente sul tema delle mucche, animali stanziali che segnano notoriamente l’economia e la storia culturale dell’Argentina, rappresentati in diverse situazioni allusive e talvolta paradossali dove possono diventare il simbolo dei problemi, dalle resistenze e degli sconvolgimenti indotti dalle migrazioni, una sorta di testimonianza muta che può aprirsi verso le opposizioni al cambiamento o verso l’accettazione delle trasformazioni sociali e storico-politiche rappresentate dalla tensione dialettica tra gli animali, la terra e tutto il paesaggio che nelle sue mutazioni rappresenta una metafora eloquente delle dialettiche e delle trasformazioni del presente e del futuro.
Dopo la grande mostra personale Ciudad de Memorias, realizzata a Buenos Aires lo scorso agosto 2009 presso il Museo Municipal de Bellas Artes Benito Quinquela Martin, il progetto espositivo Tiempos Migrantes segna un nuovo punto di svolta nel percorso artistico di Ernesto Morales, presentando per la prima volta al pubblico le opere inedite della serie vacas migrantes che testimoniano il passaggio ad una fase più strettamente aggiornata sulla trasposizione simbolica e metaforica delle tematiche oggetto della ricerca dell’artista. Nelle sue ultime opere Ernesto Morales testimonia infatti la necessità di rivivere la geometria degli spazi urbani attraverso l'esperienza della memoria e della distanza interpretate secondo un codice emozionale prettamente soggettivo che attiene al vissuto e all'immaginario emotivo di ognuno.
La mostra Tiempos Migrantes è inserita nel programma degli eventi promossi dall’Ambasciata Argentina in Italia in occasione della celebrazione del Bicentenario della Repubblica Argentina.
Testo critico di Lorenzo Canova:
Le nebbie dell’esilio
Ernesto Morales lavora da tempo sul tema dell’esilio e del distacco riflettendo con il video e la pittura sui legami e le lacerazioni che allo stesso tempo uniscono e separano l’Argentina e l’Italia. Questi due paesi rappresentano infatti le polarità simboliche delle opere di Morales, che nella sua ricerca dipinta o filmata scopre le assonanze segrete che legano queste due terre in senso quasi metafisico, come se Giorgio de Chirico, Jorge Luis Borges, Giovanni Papini o Julio Cortázar avessero deciso di unire le loro visioni in un’unica galleria di immagini. Non a caso in passato Morales ha dedicato opere video al tema della migrazione italiana in Argentina, alle permanenze e alle perdite d’identità che segnano il destino delle comunità trapiantate in un paese straniero. Il video e la fotografia, strumenti essenziali per una documentazione oggettiva di una realtà difficile e sfuggente sono, non a caso, il punto di partenza per le opere pittoriche dell’artista, una base che tuttavia viene manipolata, rielaborata e trasformata in quadri che mostrano un meditato processo di metamorfosi, sublimazione e decantazione. Gli spazi cittadini, come territorio privilegiato delle radici storiche, sociali e culturali di un popolo sono quindi scelti da Morales per dare forma a un sentimento di separazione collocato nel diradamento che sfuma allusivamente la forza plastica dei volumi. In questa mostra l’artista ha dunque lavorato sulla sua patria, sulla sua origine, riflettendo su Buenos Aires e svelando indecifrabili e oscure affinità esaltate dal vuoto e dal silenzio dove il grigio fa da motivo conduttore per la definizione pittorica di edifici, di viali disabitati e inquietanti. Queste architetture potrebbero allora mostrare un legame di Morales con le opere di de Chirico, l’artista che nel Novecento è stato più di tutti legato a un sentimento di spaesamento e di estraneità, di perenne nostalgia per luoghi originari irrimediabilmente perduti, a una visione della città dominata dal mistero, dal vuoto e dal silenzio. Ma se de Chirico costruiva i suoi dipinti attraverso il nitore di un’irreale luce meridiana e mediterranea, Morales preferisce dialogare con una città “metafisica” del funzionalismo rinchiuso nella pietra attraverso una rarefazione della visione che sfuma in una nebbia metaforica, in una bruma attraversata dalla scrittura che si ricompone nella dimensione della memoria. In questi spazi volutamente evanescenti l’anamnesi compie allora il suo tragitto a ritroso unendo la città della vita alla città del ricordo, la terra di nascita alla terra di elezione nei labirinti urbani che si diradano nella foschia delle geometrie dei palazzi e delle strutture. In questi meandri Morales evidenzia pertanto dei percorsi di luce sottolineati dalle strisce e dai pali stradali, dalle porte, dalle finestre e dalle ringhiere che si accendono di bagliori blu e gialli, unici elementi di colore nella seriale monocromia di questi territori fittizi e plausibili. Così, in questi sentieri accennati, interrotti e spezzati, lo spettatore può cercare il significato di un esilio inesorabile e apparentemente incomprensibile che colpisce gli uomini e la memoria, il senso di una perdita enigmatica, la via di uscita da queste strade dove il mistero delle città irreali si fonde alla via aperta verso un ritorno perennemente sognato e forse impossibile.
Nel suo ciclo più recente Morales ha ulteriormente allargato il suo discorso lavorando simbolicamente sul tema delle mucche, animali stanziali che segnano notoriamente l’economia e la storia culturale dell’Argentina, rappresentati in diverse situazioni allusive e talvolta paradossali dove possono diventare il simbolo dei problemi, dalle resistenze e degli sconvolgimenti indotti dalle migrazioni, una sorta di testimonianza muta che può aprirsi verso le opposizioni al cambiamento o verso l’accettazione delle trasformazioni sociali e storico-politiche rappresentate dalla tensione dialettica tra gli animali, la terra e tutto il paesaggio che nelle sue mutazioni rappresenta una metafora eloquente delle dialettiche e delle trasformazioni del presente e del futuro.
22
marzo 2010
Ernesto Morales – Tiempos Migrantes
Dal 22 marzo al 10 aprile 2010
arte contemporanea
Location
IILA – ISTITUTO ITALO-LATINO AMERICANO
Roma, Via Giovanni Paisiello, 24, (Roma)
Roma, Via Giovanni Paisiello, 24, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 15-19
Vernissage
22 Marzo 2010, ore 19.00
Autore