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A ROMA CON GAUDÍ

di - 24 Novembre 2011
Dopo 128 anni dall’inizio della costruzione, lo scorso 7 Novembre 2010 Papa Ratzinger ha officiato  la cerimonia di dedicazione e la Sagrada Familia è potuta diventare a tutti gli effetti luogo di culto, nonostante ancora il cantiere sia aperto per portare avanti la costruzione, il più magnifico esempio di incompiuto (per ora) architettonico dell’ultimo secolo.
Il Temple Exipiatori de la Sagrada Famiglia, nome completo in catalano di quella che è stata elevata a Basilica minore, deve la sua fama ad una storia quantomeno singolare che è andata di pari passo con quella del suo architetto, Antoni Gaudí, che ne prese la direzione dei lavori nel 1883, a soli trent’anni e che, a partire dal 1914, smise completamente di dedicarsi ad altri progetti per occuparsi solamente dell’immenso tempio. Leggenda vuole che, nel 1926, morì qualche giorno dopo essere stato investito da un tram perché completamente sovrappensiero per quella che era divenuta la sua ossessione, la sua vita.
 Gaudí definiva i particolari della Basilica via via che i lavori avanzavano, considerava la sua presenza necessaria all’interno del grande cantiere e, il giorno del suo funerale, migliaia di catalani accorsero e da quel momento venne considerato dai barcellonesi “l’architetto di Dio”.
Roma celebra, nei prossimi mesi, il grande architetto con una serie di iniziative che coinvolgeranno Città del Vaticano e altre istituzioni, come il Maxxi, all’interno della città.
 La Sagrada Familia è ovviamente il fulcro principale dell’iniziativa e delle sue sezioni: Gaudí e la Sagrada Familia, Arte,  Altri edifici di Gaudí, Scienza; la tecnologia nella Sagrada Familia, Spiritualità e La Sagrada Familia oggi.

Da segnalare assolutamente la conferenza del 12 Dicembre al Maxxi intitolata Architettura: Simbolo e Sacro. Un secolo dopo Gaudí in cui prenderanno la parola l’architetto Mario Botta e Monsignor Gianfranco Ravasi, illuminato oratore, premiato Honoris Causa in Didattica dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano lo scorso 2010, mentre al Braccio di Carlomagno in Vaticano un’esposizione che ripercorre la chiesa catalana attraverso le arti visive, la spiritualità e la scienza: un progetto non da poco visto che la Sagrada Familia è intrisa, nella sua architettura, di simbologie mistiche del Cristianesimo in quanto, secondo il pensiero di Gaudí, la chiesa doveva porsi nella storia come l’ultimo grande santuario.
Diciotto spettacolari guglie (da progetto) a forma di stalattiti sabbiose: 12 Apostoli, 4 Evangelisti, la Madonna e, la più alta, Gesù Cristo; La Facciata della Natività e quella della Passione con i suoi corpi emaciati e sul cui portone d’ingresso la parola Bibbia che si riproduce in diverse lingue; il grappolo d’uva come frutto divino che capeggia in cima ad ogni guglia e altre decine e decine di particolari fanno della Sagrada Familia uno dei più complessi e popolari temi dell’architettura contemporanea, visitata da più di due milioni di turisti e fedeli all’anno.
 Nonostante la magnificenza e l’ovvia propulsione che può arrivare da una mostra vaticana sulla figura dell’architetto, di cui è stata chiesta la Beatificazione in osservanza della sua profonda cristianità che l’ha reso un “mistico laico”, e sulla sua principale creazione, va ricordato che Gaudí con Barcellona ha intrattenuto un rapporto quasi simbiotico, regalando alla città catalana una serie di architetture che hanno dell’immaginifico: Parco e Palazzo Güell, la Pedrera (casa Milà), Casa Batlló e Casa Vicens e molti altri esempi di un modernismo che aveva trovato nella regione spagnola  della Catalogna una vena audace, di un liberty solare e dai toni caldi.
 Una committenza illuminata aveva permesso all’architetto di muoversi liberamente nel rifacimento  e nella progettazione di dimore sontuose, in quella che alla fine dell’ottocento era considerata la zona borghese della città, il Passeig de GràciaPasseig de Gràcia , dall’avinguda Diagonal a plaça de Catalunya, che ospita sia l’ex dimora dell’industriale tessile Josep Batlló, elevata di due piani e arricchita di una facciata art nouveau con richiami gotici, sia la residenza dei coniugi Milà e Segimon, patrimonio dell’Unesco dal 1984 e denominata la Pedrera proprio per l’utilizzo della pietra grezza sulla facciata, in un alternarsi di linee quasi esclusivamente curve, zoomorfe.

Ma è forse Parco Güell, commissionato dal senatore Eusebi  Güell e al quale Gaudí lavorò dal 1900 al 1914, il luogo architettonico più magico di Barcellona: posto su una piccola collina dalla quale si svela una parziale vista della città è un universo di animali fantastici, dalle salamandre mosaicate a ceramica di recupero e pezzi di vetro al sedile a serpente che capeggia sopra la sala delle 100 colonne (anche se in realtà sono 85) dove lo sforzo architettonico è dissimulato dall’idea che le strutture di cemento armato siano state scolpite direttamente nella roccia di un giardino sinuoso e magnetico.
Un’occasione, Gaudí a Roma, per un approccio teorico al grande modernista catalano, per comprendere “sulla carta” la meraviglia che rinasce ogni volta che ci si ritrova avvolti dalla sua architettura, nella sua Barcellona.
Dalle 11.30 di stamattina la conferenza stampa sta presentando la mostra “Gaudì e la Sagrada Familia de Barcelona. Arte, scienza e spiritualità”, che si terrà alla Città del Vaticano da oggi fino al 15 gennaio 2012.

a cura di matteo bergamini

[exibart]

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