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Chemould, una splendida cinquantenne

di - 9 Febbraio 2014
Questa storia merita di essere raccontata perché è una storia d’amore. Amore per l’arte, per gli artisti e per la cultura del proprio Paese. A raccontarcela è Shireen, l’erede della storica famiglia Gandhy di Mumbai che quest’anno festeggia i cinquant’anni della nascita della galleria fondata nel 1963 dai genitori Kekoo e Khorshed.
La storia in realtà ha radici ancora più antiche, nel 1941 Kekoo Gandhy era infatti proprietario della Chemical Moulding Manufacturing Company (diventata poi Chemould), che produceva cornici per quadri. Già allora la sua passione non si limitava ad incorniciare l’arte: amava scoprire giovani talenti, conoscerli, invitarli a casa, acquistare le loro opere quando erano ancora completamente sconosciuti per sostenere ed incoraggiare il loro lavoro. Così gli capitò, per esempio, di imbattersi in un giovane artista che vide dipingere paesaggi marini sul lungomare di Bandra a Mumbai e di comprare per 600 rupie sei dei suoi dipinti. Il giovane pittore era SH Raza, futuro fondatore del movimento Modernista Indiano.
Kekoo e sua moglie Khorshed hanno rappresentato quindi fin dagli anni ’40 un anello di congiunzione tra artisti e collezionisti, critici e mecenati. È così che quando nel 1947 – anno dell’indipendenza dell’India – nasce a Mumbai  il movimento d’avanguardia fondato dagli artisti FN Souza, MF Husain, SH Raza, KH Ara, S Bakre e HA Gade che va sotto il nome di Bombay Progressive Group, considerato “anarchico” e contestato dai più, gli spazi messi a disposizione da Kekoo Gandhy diventano per molti di loro l’unico luogo in cui esporre la propria arte trasgressiva.
Così, nel  1963, in un contesto in cui in tutto il Subcontinente gli spazi pubblici e privati dedicati all’arte sono quasi inesistenti, Kekoo e Khorshed Gandhy decidono di fondare la loro galleria, un piccolo spazio di 300 mq (di cui solo 180 utilizzabili per le mostre) collocato al primo piano della Jehangir Art Gallery a Kala Ghoda, nel cuore della vita culturale della metropoli.  Quando i Gandhy intraprendono questa strada, la loro visione è quella di creare un luogo che celebri l’arte del proprio tempo, promuovendo giovani talenti per mostrare una creatività che tocca la vita e che ne sia parte integrante. Questo era ed è rimasto lo spirito della Chemould nel corso del  suo primo mezzo secolo di vita.
Nel 2007 Shireen Gandhy  – entrata a far parte della  galleria nel 1988 dopo aver conseguito la laurea in management dell’arte  presso la City University di Londra per diventarne poi la direttrice – prende l’importante decisione di trasferire la galleria dal piccolo spazio in cui era nata, al non distante edificio di Queen’s Mansion in Prescott Road, rinominando così la galleria Chemould Prescott Road. Lo spazio si quintuplica, passando dai 300 mq della vecchia galleria ai 1.500 del magnifico spazio nel quartiere di Fort.
È il momento del boom economico e la galleria ha bisogno di tenersi al passo con i tempi, lo richiedono le stesse opere d’arte che, sperimentando nuovi media, necessitano di spazi ampi, duttili, plasmabili. Ma la vocazione della galleria resta sempre la stessa: un profondo amore per l’arte indiana, senza alcun dogma verso qualsiasi forma di espressione artistica e un occhio di riguardo per i giovani e la sperimentazione.  E con un solo “vincolo”: quello di esporre solo arte contemporanea indiana.
Un decisione importante e anche molto impegnativa: quando il mercato entra in crisi e tutti si rifugiano nella solidità dell’arte Moderna, la Chemould, fedele al suo impegno, continuava a proporre giovani talenti indiani. Un’eccezione è stata fatta nel 2011 con la mostra dell’artista tedesco Wolfgang Laib “Passageway”, per il suo forte coinvolgimento con la cultura ed il misticismo indiano. Ma per il resto la programmazione della galleria si concentra esclusivamente sugli artisti del Subcontinente.
Negli ultimi anni la crisi mondiale ha coinvolto anche l’arte indiana: chi comprava per investire è scomparso e i collezionisti sono rimasti in pochi. In questo scenario la Chemould ha continuato, nonostante le difficoltà, a produrre mostre e a partecipare alle fiere internazionali (la Chemould Prescott Road è stata ad esempio una delle sole due gallerie indiane ad aver preso parte ad Art Basel Miami Beach lo scorso dicembre),  un investimento che ha pagato facendo incontrare nuovi collezionisti di tutto il mondo una galleria che storicamente ha avuto come principale mercato quello del proprio Paese.
Per celebrare questo primo mezzo secolo di vita della Chemould, Shireen Gandhy ha organizzato una serie di cinque mostre iniziate a settembre 2013 fino ad aprile 2014 dal titolo “Aesthetic Bind” curate da Geeta Kapur, durante le quali sono esposte opere vecchie e nuove di artisti indiani ormai affermati come: Anju Dodiya, Shilpa Gupta, Jitish Kallat, Pushpamala N., Gieve Patel, Sudhir Patwardhan, Srinivasa Prasad e Nilima Sheikh. Un evento che celebra l’arte contemporanea indiana in tutta la sua forza e soprattutto in tutta la sua complessità.
@https://twitter.com/mt_cap

Curatrice indipendente specializzata in arte contemporanea indiana, giornalista e comunicatrice, grazie ad una lunga e assidua frequentazione, ho avuto il piacere e l’onore di conoscere i migliori galleristi, artisti e curatori di questo Paese che posso considerare ormai una seconda casa.

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