A quarant’anni dalla morte del pittore feltrino, la provincia bellunese omaggia Tancredi Parmeggiani (Feltre 1927 – Roma 1964) con una mostra dedicata a lui ed al movimento artistico che lo vide protagonista. Non manca il fondatore, Lucio Fontana che, con due versioni di Concetto spaziale, traghetta il visitatore dalla sezione personale a quella collettiva. Nella prima si trovano opere su carta, faesite, masonite, compensato, zinco e tela che il giovane Tancredi ha dipinto in poco meno d’un ventennio: a partire dall’astrattismo geometrico di fine anni Quaranta passando allo Spazialismo, anni Cinquanta, con esiti spesso vicini alla pittura informale americana (Pollock), specie nelle varie versioni di Primavera. È sorprendente l’aspetto divinatorio di Aspirazione a New York. Il pittore feltrino, con rapidi tocchi di colore, regolarmente ripetuti, anticipa le proiezioni di forme in movimento tipiche degli odierni screen saver per poi abbandonarsi a delle curiose Facezie; opere dalla figurazione surreale e allucinata in cui l’artista popola lo spazio di corpi distorti, figure misteriose e appena leggibili nel groviglio di linee e pennellate fortemente gestuali.
Tra gli autori, veneti e non, che costituiscono la voce “locale” del movimento sono in mostra: Edmondo Bacci (Venezia 1913 – 1978), Mario De Luigi (Treviso 1901 – Venezia 1978) coi suoi quadri graffiati, Bruno De Toffoli (Treviso 1913 – Venezia 1978), Ennio Finzi (Venezia 1931), Luciano Gaspari (Venezia 1913), Bruna Gasparini (Mantova 1913 – Venezia 1998), Virgilio Guidi (Roma 1891 – Venezia 1984), Riccardo Licata (Torino 1929) con le sue tele cariche di tecnica e linguaggi, Gino Morandis (Venezia 1915 – 1994), Vinicio Vianello (Venezia 1923 – 1999) e l’espressionismo astratto di un Saverio Rampin (Strà, Venezia 1930 – Venezia 1992) anni Cinquanta.
Palazzo delle Contesse rappresenta dunque un nuovo caso di residenza storica adibita a spazio espositivo, l’ennesimo felice connubio tra storia passata e recente. Gli spazi rendono la mostra discorsiva, l’allestimento delle sale e la disposizione delle luci godibile. Un’attenzione che, purtroppo, nell’ampio spazio ricavato dal sottotetto (già sala congressi) si perde banalmente davanti alla parete centrale alla sala. Lì si trovano, per altro, alcune tra le più imponenti opere in mostra, opere che il visitatore è fatalmente costretto ad osservare a una distanza impostagli da grandi parallelepipedi in stoffa (realizzati a copertura delle sedie) che creano una sorta di barriera invalicabile. Pur riuscendo ad apprezzare i virtuosismi delle locali maestranze edili (una complessa capriata di legno massiccio appare al visitatore come una vera e propria macchina architettonica), in questa sezione espositiva la qualità dell’allestimento scivola su una buccia di banana che si sarebbe potuta facilmente evitare.
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appunto: a 50 anni dalla morte. resta da chiedersi perché ci sia in giro ancora gente che scimmiotta l'espressionismo astratto, il dripping, l'automatic painting e simili. Questa oramai è storia, storia consolidata, bellissima storia. andiamo oltre...