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Fino al 22.VII.2016 | Sonata a tre | La Giarina, Verona

di - 20 Luglio 2016
È stata prorogata fino al 22 luglio la mostra Sonata a tre, curata da Luigi Meneghelli presso gli spazzi espositivi della galleria La Giarina. Un racconto in quattro stanze che torna ad esplorare le potenzialità della parola attraverso tre protagonisti francesi di Poesia Sonora, Lettrismo e Fluxus: tornano a Verona Bernard Heidsieck, Jacques Spacagna e Jean Dupuy.
La mostra presenta una serie di lavori di un ristrettissimo giro d’anni, quelli a cavallo del ’90, in cui i tre, prendendo le mosse da certe sperimentazioni futuriste (dalle “Parole in libertà”di Marinetti a “I rumori plastici” di Balla) indagano il valore della parola nelle sue potenzialità implicite e soprattutto nel rapporto tra scrittura, suono e segno grafico, senza disdegnare incursioni nel campo della tecnologia, coinvolgendo quei mezzi di riproducibilità a cui la parola può essere affidata. È il caso per esempio dei magnetofoni, dei microfoni e dei campionatori di Heidsieck, che nei nove lavori su carta presenti in mostra mutano in elementi estetici ma significanti: circuiti e meccanismi che astraendosi dalla loro funzione divengono parte di una composizione in cui la parola viene ridotta a puro segno grafico, spezzato, frantumato, disgregato. Circuiti che contemporaneamente testimoniano la doppia anima della parola, la quale, attraverso la tecnologia, può essere riprodotta nella sua dimensione vocale, sonora, divenendo non solo segno, ma corpo, elemento vivo che interagisce attivamente con lo spettatore. Le carte di Heidsieck, le “scritture-collage” – come egli stesso le definisce – rappresentano «il dinamismo potenziale insito in ogni testo, la voce che vive nascosta in ogni scrittura», spiega Meneghelli.

Dupuy ci riporta invece nel clima ironico e “proto-dadaista” di Fluxus: qui la parola diviene occasione per giocare sugli inciampi di senso, sull’ambivalenza della lingua sia nella sua componente significante, sia nella sua veste visiva, grafica. Interessante la serie di lavori in cui le venature dei sassi si trasformano il lettere grazie all’associazione con integrazioni di testo: opere realizzate da Dupuy durante una residenza veronese a fine anni Ottanta. Troviamo poi una riflessione sul rapporto con la tecnologia: sul monitor di un vecchio televisore l’artista scrive “Video ergo sum”, da non confondere con un’operazione di critica sociologica nei confronti di una società che vive davanti al video, ma da leggere semplicemente come un ennesimo, scanzonato rebus da decifrare. A Dupuy dobbiamo anche un omaggio a Maciunas, promotore e ideologo di Fluxus, di cui si dichiara l’erede: l’installazione The Heir presenta un manichino con una benda sull’occhio (ricordo dell’infermità dell’amico) e alle sue spalle un telo costellato di frasi e parole che paiono il farfugliare di un balbuziente. Per citare Meneghelli diremo che: «Si tratta in qualche modo di un autentico azzeramento del linguaggio: la poesia che torna al valore della parola, il teatro al senso del corpo, il cinema ai meccanismi del montaggio, la musica alla purezza del suono».
La mostra si chiude con Spacagna e la ricerca di una dimensione umana primaria e primigenia. Nato in seno al gruppo del Lettrisme e in stretta sintonia con il lavoro del suo guru, Isidore Isou, Spaccagna lavora con il segno e con agglomerati cromatici intensi e contemporaneamente raffinati. La parola si scompone nei sui elementi costitutivi lasciandoci tracce numeriche o alfabetiche essenziali e misteriose, quasi fossero il richiamo di un linguaggio arcaico, ancestrale, sconosciuto. Ricorre la combinazione dei numeri 7 e 2 variamente combinati e sovrapposti tra loro. Una sorta di segno-sigla? Un simbolo? Forse il ricordo di un epocale svolta, di un momento in cui tutto è cambiato: non a caso proprio il ’72 è l’anno in cui Spacagna abbandona il gruppo Lettrisme. Da questo momento «il suo segno sembra letteralmente far deviare (o delirare) l’alfabeto, accostandosi a quel “vacillamento visivo” che è la scrittura zen» (Meneghelli).
A ridonare vita a una mostra che si fonda sulla parola e sulle sonorità, la performance di Mauro Del Fior, che durante l’inaugurazione ha recitato uno dei più famosi poemi di Heidsieck, Vaduz, in cui la capitale di uno stato microscopico finisce per diventare il centro stesso del mondo. Della performance rimane traccia in un’opera realizzata contestualmente, in cui un potente segno grafico agisce su una mappa del Liechtenstein per elevare Vaduz a occhio di un ciclone instabile e dirompente quanto lo sono stati Poesia Sonora, Lettrismo e Fluxus nell’ambito delle sperimentazioni artistiche sulla parola.
Jessica Bianchera
mostra visitata il 15 luglio
Dal 16 aprile al 22 luglio
Sonata a tre
La Giarina
Interrato dell’Acqua Morta, 82
37129 Verona
Orari: dal martedì al sabato 15.30 – 19.30 (e su appuntamento)
Info: tel +39 045 8032316, info@lagiarina.it

Si laurea in storia dell’arte contemporanea nel 2013 presso l’Università degli Studi di Verona e nel 2018 consegue il titolo della Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna. Da settembre 2013 a giugno 2015 ha lavorato in Spagna a un progetto in collaborazione con la Camera di Commercio di Santander; da ottobre 2015 è cultore della materia per la cattedra di storia dell'arte contemporanea dell'Università di Verona. Scrive per Exibart e altre riviste d’arte contemporanea come Op.Cit. Selezione della critica d'arte contemporanea; da ottobre 2016 collabora con ArtVerona nell’ambito del programma di visite guidate. Nel novembre 2016 fonda l’Associazione Culturale Urbs Picta, attiva nella promozione e organizzazione di eventi culturali al fine di favorire la conoscenza e la fruizione consapevole dell’arte contemporanea. Collabora con musei, gallerie, enti e manifestazioni per progetti di ricerca e di curatela.

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