Che l’ambiente della pornografia sia stato in qualche modo “sdoganato” è ormai assodato. Dagli scatti hardcore di Terry Richardson al volume Pornoland di Stefano De Luigi, passando per la fanzine erotica della Harvard University “H Bomb”. L’operazione di Federico Solmi (Bologna, 1973. Vive a New York) potrebbe dunque apparire come l’inserimento nella scia di un tale recupero che miscela pruderie, ipocrisia e posa liberal. In fondo, intitolando la propria personale all’ex stallone nostrano dei set a luci rosse, Rocco (Siffredi), è giustificabile che il pensiero vada a gesta penetranti. Così, chi s’inoltrasse nello spazio bresciano, oppure alla Boreas Gallery di Brooklyn (dove la personale gemella ha inaugurato in contemporanea), o ancora andasse a sbirciare sul sito della DiVA (dove alcuni frame del video aprono la presentazione di questa giovane fiera newyorkese) sarebbe deluso. Infatti le penetrazioni non mancano, ma sono di natura tutt’altro che erotica.
Occorre allora fare un passo indietro, prendere le misure del lavoro di Solmi. Con quel ventilatore che spazzava i grattacieli. Con la fuga in auto in una città che collassava su sé stessa. L’immaginario dell’ormai italo-americano si impregna di un sentimento d’insicurezza strutturale, che è costretto a fare i conti con le drammatiche vicende del Nine Eleven (è così che negli States chiamano l’Undici Settembre) e con la (pre)potenza del colosso nordamericano. Con lo sguardo distaccato di chi è all’interno di un contesto ma non ne fa parte per natura. La situazione di Solmi, per dirla in altro modo, è similare a quella dell’antropologo culturale, che s’impegna in un’osservazione partecipante.
Con questa doverosa premessa si può comprendere più a fondo il progetto. Una serie di lavori su garza, alcuni intelati, oltre a un buon numero di disegni che costituiscono il materiale “grezzo” della personale, cioè il video. Realizzato con una tecnica manuale che strizza l’occhio a William Kentridge, supportata dall’intervento discreto di Russell Lowe per il 3D.
Ebbene, in poco più di tre minuti Solmi-Siffredi passa da un estenuante lavoro di penetrazioni (stando ai titoli di testa, anch’essi disegnati a mano, la partner è la donna-multipla nella persona di sua moglie Jennifer) ad un infarto sintetizzato in frame schieleani. Palese anche il riferimento al taylorismo sessuale nella figura di un Rocco imbullonato ad una macchina che lo spinge a penetrare donne che si susseguono in svariate posizioni, adagiate su una ruota dentata. Automatismo copulativo puro.
Accanto al Chaplin di Tempi moderni va perciò citato l’Automa di E.T.A. Hoffmann. L’attacco cardiaco dà il via alla seconda sequenza, quando l’infartuato a bordo di un’ambulanza percorre le vie di una New York implosa, con una Statua della Libertà che pare naturalmente accasciata, mentre trionfa il crasso toro simbolo di Wall Street. Il sapore di alcune fra le pagine più mirabili di Chiedi alla polvere rende l’idea di un’apocalisse che coinvolge i piani inclinati della prospettiva fisica e mentale, con l’ambulanza che si schianta e ribalta, e infine la sala operatoria. Poi lo stacco e la terza sequenza, composta sostanzialmente da alcuni fermo-immagine. È il funerale di Rocco-J.F.K., con le icone che hanno segnato l’immaginario di un’epoca: il corteo funebre coi cavalli, John John bambino, gli onori militari…
Un coacervo di riferimenti storici che vanno fatti decantare per leggervi un’apprensione del presente. Nel duplice senso della comprensione e della preoccupazione.
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Il sito ufficiale dell’artista
Il sito di Kibosh
Il magazine H Bomb
Solmi alla Boreas
Il sito della DiVA
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