“La storia siamo noi, nessuno si senta escluso”. Le parole di Francesco De Gregori descrivono alla perfezione l’atmosfera evocativa delle ultime tele di Luca Giovagnoli (Rimini, 1963). A stagliarsi contro uno sfondo onirico dai mille colori, dal blu cobalto al porpora, sono infatti i ritratti di famiglia, le immagini che conserviamo gelosamente tra i ricordi più cari, magari quelle in bianco e nero, istantanee di un tempo che appartiene ormai soltanto al nostro personale immaginario.
La prima cosa che colpisce è l’utilizzo della juta grezza, supporto su cui l’artista distribuisce il colore in modo non uniforme, rafforzando l’impasto con elementi materici come la sabbia. La superficie è cosi simile ad un muro con piccole porzioni scrostate -un affresco in disfacimento- sul quale ci si è divertiti ad infierire con graffi ed abrasioni. Questo sembra quasi collidere con l’acquosità e l’inconsistenza dei colori sognanti degli sfondi, sfumati, sporcati e resi inconsistenti da gocce e sgocciolature in tinte chiare che possono sembrare fiocchi di neve o le stelle della via lattea. Ma c’è quasi sempre un piano pittorico intermedio, realizzato a tratti sottili con disegni di architetture fantastiche che ricordano per certi aspetti la malinconia dei palazzi veneziani di Zoran Music, o forse, per vicinanza geografica, la Rimini trasognata della Gradisca e del Grand Hotel dei disegni di Federico Fellini.
Basterebbe già questo per dire che la pittura di Giovagnoli si è fatta neoromantica, perdendo i tratti più marcati della disposizione geometrica e della costruzione astratta presenti nei lavori di qualche anno fa. Il salto verso soggetti intimi come i ritratti in primo piano, presi dalle foto personali ma anche da internet, rafforza l’idea di questa sterzata espressiva. Si materializzano cosi le immagini di un Ritiro sportivo o delle vacanze in Colonia; degli Scolari o dei bambini in spiaggia col salvagente.
Corpi e fisionomie sono generici, appena delineati, sono persone senza precisa identità, ma evidentemente ognuno ha la possibilità di far riferimento al proprio mondo di ricordi, di pescare nelle suggestioni delle memoria personale. Ed è forse questo il tratto più interessante, che si rifà per certi aspetti delle dinamiche popular, anche se in maniera appena accennata. Sarà infine la storia individuale ad attribuire, a quelle mille istantanee, un senso.
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daniele capra
mostra visitata il 20 ottobre 2006
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direi il papa' || che brytte sgocciolature dorate e cieli pieni di stelle.
che brutture.
il nuovo berruti!! ma se li sceglie tutti lui?
Tra padre e figlio... le gallerie peggiori d'italia!
la magia dell'adriatica Rimini....solo chi la vive la può carpire.