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fino al 3.XII.2011 | Massimo Berruti | Parigi, Cappella della scuola di Belle Arti

di - 7 Novembre 2011
Lashkars – Pashtun civilian militia versus the Taliban è il titolo della mostra   sul reportage di Massimo Berruti (1979, Roma – vive a Roma) vincitore del Premio Carmignac Gestion Photojournalism. Fotoreporter e membro del collettivo francese Vu’, Berruti si è presto affermato a livello internazionale, viaggia spesso in Afghanistan e Pakistan, per documentarne i cambiamenti sociali e politici, lavora oggi per giornali italiani ed europei come L’Espresso, Paris Match e The Independent. Il Carmignac Gestion Photojournalism Award sceglie di sostenere annualmente il coraggio e l’indipendenza dei fotoreporter, professione che vive oggi una crisi profonda di finanziamenti, con una borsa di 50 000 €, una mostra, un catalogo e l’acquisto di quattro fotografie. Il vincitore della prima edizione (2009), che aveva come tema la striscia di Gaza, è stato il fotografo tedesco Kai Wiedenhöfer; inoltre è stato assegnato un Premio Speciale della Giuria al progetto sulla condizione delle donne palestinesi della ventiduenne fotografa palestinese Eman Mohammed. Il tema della seconda edizione è stato il Pashtunistan, zona frontaliera e strategica di 2640 chilometri che separa l’Afghanistan e il Pakistan. Massimo Berruti ha vinto il 26 ottobre 2010, anche se per motivi di sicurezza la sua identità è stata tenuta nascosta fino ad oggi, per quella tenacia e forza di carattere in grado di perseguire un progetto con la necessaria esperienza e conoscenza del territorio.

“Spero di far conoscere, attraverso il mio reportage, – sottolinea Berruti – le difficoltà con cui si scontrano ogni giorno queste milizie volontarie, che vanno avanti senza alcun aiuto economico.” Berruti, tra gennaio e aprile 2011, ha vissuto nella valle di Swat, nella provincia di Khyber Pakhtunkhawa, per seguire la vita quotidiana dei Lashkars, milizie civili che, con il sostegno dell’armata pachistana, contribuiscono alla sicurezza della popolazione contro la minaccia talebana. “Volevo mostrare chi c’era dietro questi uomini armati – dice Berruti – che si dividono tra la famiglia e il lavoro, e non come fautori di violenza ma vittime di questa.” Una delle foto esposte ritrae un padre con in braccio il figlio nell’atto di addormentarlo, ci mostra così persone comuni che oltre a difendere la loro vita e quella dei loro cari, come noi devono affrontare i problemi di tutti i giorni. La dignità del soggetto, la ricerca e l’interpretazione del fotografo sono elementi fondamentali, come nella foto in cui vediamo un bambino che, con le braccia alzate, guarda in alto la palla che ha appena lanciato ma che sparisce nella foto, come spiega Berruti “è un’immagine che evoca il pericolo dell’olocausto atomico che potrebbe compiersi in un paese come il Pakistan. È la dignità del soggetto che rivela la bellezza della foto. Stupire per stupire, no!”

Il reportage riunisce foto in bianco e nero, tra cui molte sono state scattate di notte come quando eseguono una “Pehr” (pattuglia). “Il bianco e nero mi ha liberato – conferma Berruti – perché è fatto essenzialmente di luce, mi sentivo intrappolato dal colore. Per restituire ciò che volevo ho dovuto sottrarre  il colore stesso.” Ciò che esce fuori dai suoi lavori come quello sullo sgombero del Complesso Roma Residence di Via Bravetta, occupato da famiglie rom, o quello su L’Aquila dopo il terremoto, è il suo interesse non per il luogo ma per argomenti come l’immigrazione, la povertà, l’emarginazione, il tutto  accompagnato da una notevole capacità d’intuire in un attimo ciò che andrà fotografato, l’immagine che potrà sintetizzare l’idea. E dopo…”vorrei seguire le evoluzioni sociali scaturite dalla crisi attuale – conclude Berruti – inoltre ho un progetto sulle vittime dei droni.”

livia de leoni
mostra visitata il 3 novembre 2011

Ecole nationale supérieure des Beaux-Arts de Paris
Chapelle des Petits Augustins
14, rue Bonaparte
75006 – Paris
tel. 01 55 04 56 50
Ingresso libero
aperto dalle 11,00 alle 19,00 dal martedì al sabato

[exibart]

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