Categorie: altrecittà

fino al 4.IV.2006 | Maria Cristina Carlini | Brescia, Galleria delle Battaglie

di - 2 Marzo 2006

Il legame di Maria Cristina Carlini con la terra è viscerale e profondo. Il rapporto con la materia intimo e costante nel tempo. E la sua poetica sta tutta lì, nella sussistenza della materialità. Nel percorso della Carlini ciò che è forma si unisce a ciò che ne è la diretta negazione; l’interno si confronta con l’esterno. Una modalità che segue l’informe nel modo di lavorare la terracotta, il manganese e il ferro, nello scalfire il materiale e plasmarlo a piacimento, nell’inserimento della foglia d’oro che ricollega al passato, metafora che rimanda ad una preziosità antica da mantenere. Così procede l’artista, costruendo muri sbrecciati di gres unito alla juta dalla tramatura fine, lamiere giganti di ferro, mosse da curve e chiaroscuri che le alleggeriscono, aggredite da tagli che ne attutiscono la pesantezza, palle-nuclei di terracotta con gli assi incrinati, che giocano sul dialogo tra pieno e vuoto, portando il materiale -tramite il procedimento della cottura- a nuova vita. All’insegna dello sprigionamento di un’energia cosmica e alla modificazione del frammento che diventa struttura. La sua è un’estetica della frammentazione. Maria Cristina Carlini assembla la materia per moduli costruttivi e la fa crollare. I suoi muri di mattoni non sono mai intatti, sono muri già crollati o sul punto di crollare, sono vestigia antiche, reperti di civiltà sepolte semidistrutte, resti architettonici che simboleggiano l’impatto atavico dell’uomo e rimandano ai miti passati. L’impronta è ciò che vale e ciò che rimane. Un’impronta che ha una sua connotazione filologica oltre che estetica, che appartiene alla terra e all’uomo, memoria terrena e memoria umana. Il reperto archeologico diventa un agglomerato simbolico di una memoria ancestrale che rimane nel passato dell’uomo, ma anche di una tensione tutta contemporanea rivolta alla catastrofe. Ma il crollo non ha mai un riferimento negativo. Perché la Carlini distrugge per ricomporre.

Divide per ritornare ad un’ipotetica unità primordiale e filosofica. La scomposizione ha la sua finalità nel ritrovare l’unità cosmica perduta, il viaggio nei gorghi primari della materia corrisponde in fondo al viaggio eterno e secolare dell’uomo alla ricerca dell’identità, espresso attraverso i suoi colori terrosi e ferrosi che non si distaccano mai dal legame con la madre terra, le sbrecciature che solcano la superficie, gli incastri modulari.
Intraprendendo un percorso attuale e accuratamente antropologico, la scultrice sonda e analizza nello stesso tempo le dinamiche dei materiali, creando un dialogo sommesso fra loro. Le sculture non sono soltanto ambientali, anche abitano decisamente lo spazio, lo contengono e allo stesso tempo ne sono contenute. Sono anche sculture emozionali, scaturite dall’istinto, sulla cui pelle -dura e stratificata come se il tempo l’avesse sedimentata- avviene la naturale fusione tra un materiale ed un altro, l’assetto bilanciato tra il legno e il manganese, tra il ferro e la terracotta. Pur lavorando anche la carta, l’Artista rivela la sua vera forza nelle installazioni ambientali che richiamano azioni di land art, dove fa interagire il gres o il ferro con altri elementi come l’acqua, la sabbia e la terra stessa. Opere dense di pathos, nate da una materia che si offre come un excursus per arrivare a quel nascosto mistero dell’uomo che da sempre si mischia al calore del fuoco e all’impasto ruvido della terra.

francesca baboni
mostra visitata il 18 febbraio 2006


Maria Cristina Carlini – A cura di Claudio Cerritelli – Galleria delle Battaglie, via delle Battaglie 69/A – 25122 Brescia
In collaborazione con Arte Borgogna Milano
orari: il lunedì dalle 16.00 alle 19.30, e dal martedì al sabato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle19.30 (possono variare, verificare sempre via telefono)
Tel. 0303759033 – Cell. 335/5853121 – galleriabattaglie@libero.it ;
www.galleriabattaglie.it – catalogo con testo di Claudio Cerritelli


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