Categorie: altrecittà

fino all’1.I.2012 | Igor Eškinja | Milano, Galleria Luger

di - 28 Novembre 2011
Come avevo già scritto in un articolo qualche tempo fa, la differenza dell’arte a Milano è possibile grazie a una rete di ottime gallerie private, mentre molto meno affidabili sono le istituzioni pubbliche, comprate e vendute al miglior offerente o spesso lasciate al loro destino come nel caso della Fondazione Pomodoro, il cui futuro ormai pare essere in prescrizione, senza mobilitazioni di parte.
Igor Eškinja, nato in Croazia nel 1975, formazione all’Accademia di Belle Arti di Venezia, è stato in qualche modo vittima della caduta della Fondazione: la sua mostra, Crystal Gaze, era programmata dall’11 Ottobre al 31 Dicembre prossimo nell’Unicredit Project Room della struttura.
Eppure questa mostra, in qualche modo, è stata portata a compimento. Un mesetto dopo la tabella di marcia programmata dalla Fondazione Pomodoro è Federico Luger a portare in galleria Eškinja e a realizzare “The Day After”, a cura di Giorgio Verzotti.

Negli spazi della galleria una serie di stampe fotografiche e, al piano inferiore, due proiezioni video che documentano quello che sarebbe stato alla Fondazione: la creazione di uno spazio illusorio, effimero, prendendo come materiale dell’arte solamente l’ambiente e le scorie di una storia che non esiste più. Le Officine Meccaniche Riva Calzoni sorgevano dove attualmente si trova l’ormai ex Fondazione e l’artista, attraverso un mare di sabbia nera, di polvere prodotta dalla fusione dei metalli, ha ricreato ambienti possibili e quasi ascrivibili a universi reali con l’ausilio dell’immaginazione (un vortice, un campo arato dopo la neve) che sono restati tali, perché si tratta di un passato in tutti i casi, in una durata temporale brevissima. Il tempo di uno scatto. Prima che l’artista tornasse di nuovo, scopa in mano, a cancellare le tracce di un passaggio che non lascia solchi, non lascia reperti, in una dimensione dell’arte che non è funzionale al visitatore (in questo caso un vero voyeur, ammaliato unicamente dallo scatto di un’installazione che è solo un illusione temporale) ma unicamente al progetto.
Nelle immagini di Eškinja ci si aspetta di vedere il vortice nero sul pavimento candido, si vorrebbe attraversare questa dimensione della polvere e provare a solcare il terreno e invece…resta un’immagine. Trattenere qualcosa.
É il ribaltamento della geometria di uno spazio, l’abuso di una temporalità minima per la documentazione di un lungo processo, a porte chiuse, di allestimento.

Se, in qualche modo, vi fosse l’ombra di una ritualità, di una necessità nel creare l’illusione effimera e ingannevole della cinematografia, si tratterebbe di un rito esclusivo, della raffigurazione della coscienza di un solo demiurgo in grado di relazionarsi tra il presente e il passato, di gettare una scheggia nell’impasse dei luoghi, di destrutturare un attimo l’immaginario con un messaggio sublimale.
Viene in mente un parallelo simpatico a proposito di messaggi subliminali: Tyler Durden, il disturbato protagonista del romanzo di Chuck Palahniuk Fight Club, inseriva dei frammenti di scene pornografiche nei cartoni animati che venivano riprodotti al cinema: Igor Eškinja fonde la fotografia e l’illusione di un brandello di realtà con la scultura e con la tridimensionalità in un’operazione da cortocircuito.
Nel comunicato stampa si legge: “…anche la volontà di uno slancio vigoroso, necessario ad afferrare il tempo che fugge e a trattenerlo con forza fino al giorno dopo”. The day after. Il giorno dopo l’arte continuerà, anche e nonostante l’assenza di un luogo magico come poteva essere la Fondazione Pomodoro.

matteo bergamini
mostra visitata il 15 novembre 2011

IGOR EŠKINJA
The Day After
A cura di Giorgio Verzotti
Fino all’1 Gennaio 2012
Galleria Federico Luger
Via Circo, 1
20123 Milano
info@federicoluger.com
0267391341
Da lunedì a venerdì – 3:00/ 7.30 pm
Sabato su appuntamento
[exibart]

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