Secondo voi, l’arte contemporanea può interagire con lo spazio espositivo ? Si possono in qualche modo amalgamare delle espressioni artistiche a strutture architettoniche? Da alcuni mesi, domande di questo genere sembrano stuzzicare la fantasia di un folto numero di curatori inglesi che cercano di darsi risposte proponendo nuove mostre.
Come sappiamo, sia musei che gallerie hanno la caratteristica di essere spazi versatili, multiformi, dove pannelli o impianti di illuminazione possono
Nel caso di Our Mutual Friend, è stato chiesto ad un gruppo di dieci artisti di interagire con l’ambiente circostante, quasi contaminandolo. Il Bloomberg Space viene così interpretato come se fosse il corpo ospitante di un tipo d’arte dalla natura parassitaria. I lavori si infiltrano, radificandosi alle strutture delle ampie sale espositive, intaccandone sia l’architettura che il sistema informatico. L’installazione di Jáchym Fleig ne è un chiaro esempio. Come un organismo infestante, Addition to our System aderisce ai muri esterni dell’edifico modificandone l’aspetto. Ai passanti, curiosi e stupiti, ricorre subito in mente l’immagine di un fungo attecchito alla corteccia d’albero. Più sottile, quasi impercettibile è invece The Adjuster, il lavoro di Gaia Alessi e Richard Bradbury. Partendo dalla pre-esistenza di quattro colonne portanti, ne alterano otticamente l’angolazione, creando una sorta di armonico squilibrio strutturale. Anche una delle più teatrali forme di linguaggio esistenti viene rielaborata nel contesto della mostra: Germaine Koh traduce, attraverso l’ausilio di un computer, alcune delle informazioni esistenti nel sistema informatico della Bloomberg, in evanescenti segnali di fumo, che si materializzano ritmicamente all’esterno della galleria.
I sensi vengono spavaldamente messi alla prova: spesso, ci viene chiesto di interagire con le opere, divenendo parte integrante dell’esposizione. Purtroppo, l’utilizzo di sofisticate apparecchiature audio e video comporta a volte il rischio di trovarsi di fronte all’odioso cartello “Out of Order”.
chiara longari
mostra visitata il 5 febbraio 2003
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