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fino al 18.II.2007 | Eros in der Kunst der Moderne | Basilea, Fondazione Beyeler

di - 20 Ottobre 2006

L’articolazione delle due mostre dedicate all’Eros pare un passaggio di testimone fra Ernest Beyeler, ideatore della rassegna, e Samuel Keller, dal 2008 direttore della Fondazione. Così, mentre ci si propone di indagare le variopinte forme dell’erotismo, nessuna preclusione vieta l’ingresso a mezzi quali fotografia e video, che raramente hanno varcato la soglia delle sale di Riehen.
Innanzitutto va riconosciuto come gli esempi di sessualità più “spinta” siano stati affidati ad alcune grafiche giapponesi dei secoli scorsi, con ardite penetrazioni fra i panneggi dei kimono. Per il resto, domina la coppia eterosessuale e lo sguardo maschile. Come nel caso della Madonna (1895-1902) emaciata di Munch, il quale sostituisce la Madre con un’eroinomane, come recentemente suggerito da Bonami.
Non manca la sempreverde pratica dell’onanismo, presente in un conturbante disegno di Klimt, dove la sitzende frau del titolo utilizza le proprie dita in maniera assai intima. Con trasporto ancor maggiore s’impegna una delle figure sulle quali interviene Arnulf Rainer, del quale sono esposti pezzi notevoli ma forse un poco sacrificati nell’allestimento, visto che nella grande sala nel seminterrato si giunge con un certo affaticamento, dovuto alla straordinaria ricchezza della mostra.
Tornando alle forme dell’erotismo, l’omosessualità è scarsamente rappresentata, ma il livello dei lavori compensa la quantità ridotta. Citiamo almeno la dolce spugnatura saffica di Kirchner in un olio del 1911 e l’ambigua tela di David Hockney, dall’eloquente titolo Two boys in a Pool, Hollywood (1965).
Capitolo a parte per quanto concerne il feticismo e le pratiche anomale. Audacemente necrofilo il prestante giovane che si dedica a un rapporto orale su un cadavere femminino, in un inchiostro di Alfred Kubin.
Meno estremo, nella fenomenologia dell’erotismo sublimato, il voyeurismo. Anche se la Venere di Delvaux sembra defunta e, soprattutto, è osservata in religioso raccoglimento da una teoria di clown, anziane signore e uomini col cappello in mano. La morte, come recita il proverbiale accostamento di eros e thanatos, torna nella straordinaria scultura in guisa di mantide di Alberto Giacometti, Femme égorgée (1932).
Un accoppiamento etimologicamente mostruoso è evocato dal rapimento della pingue Europa –celebrazione della carne che torna in due grandi tele di Lucian Freud-, tema del dipinto di Félix Vallotton (1908). Ma proprio di rapimento si trattò? Pare infatti che, almeno nella mitologia greca, tali effusioni fossero diffuse: si pensi a Pasifae, che giunse a travisarsi da vacca per essere coperta da un toro sottratto al sacrificio.
Si diceva che alla Fondazione Beyeler hanno fatto il loro ingresso fotografie e video. Nel primo caso va citata una Puppe (1934) di Hans Bellmer, stampa vintage che non vede la presenza dei noti manichini. Ancora di Bellmer, la metallica Poupée (Torse) (1936/65) ricorda da vicino alcuni lavori di Jeff Koons, presente in mostra con Woman in Tub (1988), mentre raccoglie l’eco bellmeriano uno dei disturbanti scatti Untitled di Cindy Sherman, il #253 del 1992, facente parte della serie realizzata assemblando e modificando mannequins e brani di lattice. Per quanto riguarda le immagini in movimento, un’intera sala è dedicata a Pickleporno (1990) di Pipilotti Rist. Allo stesso modo, non è consuetudine vedere grandi installazioni in Fondazione, mentre in questo caso sfilano alcune prove eccellenti di Rebecca Horn -sua la personale alla galleria Beyeler durante ArtBasel 2006-, in particolare Bett der Liebhaber (1990).
Se poi si volesse buttarla sull’intellettuale, a rimembrare il fallocentrismo lacaniano ci pensa Louise Bourgeois, con vari pezzi in mostra, fra i quali il mastodontico apparato genitale maschile denominato Fillette (Sweeter Version) (1968/99).

Dall’altra parte del cielo, assai istruttivo il parallelismo -che avviene però solo in catalogo- fra l’esibizione di due vagine: quella di Valie Export nell’Aktionhose: Genitalpanik (1969) e quella di una Studentin (1967) ritratta da Gerhard Richter. Mentre su un piano tutto simbolico, in vulva si trasforma l’occhio fotografato da Araki in un’opera della serie Erotos (1993).
L’unica frustrazione deriva dall’impossibilità di poter mettere in atto l’invito di Breton che, per la copertina del catalogo della mostra Le Surréalisme en 1947 (realizzata in collaborazione con Enrico Donati), aveva concepito un bel seno aggettante, con prière de toucher.
In conclusione, l’allestimento è audace, parzialmente cronologico e autoriale, ma con alcune fratture che aprono inedite dimensioni interpretative. Un esempio fra tutti, la saletta che reca al centro un’installazione di Jenny Holzer. Sulle due pareti laterali si fronteggiano Araki e Mapplethorpe, mentre sugli altri muri si trovano ancora la coppia Araki/Mapplethorpe da un lato e due Hockney dall’altro.
In breve, una mostra da non perdere, per dilettare l’occhio e la mente. E magari stuzzicare qualche istinto meno cerebrale.

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Eros in der Kunst der Moderne
Da un’idea di Ernst Beyeler in collaborazione col BA-CA Kunstforum di Vienna
A cura di Evelyn Benesch, Philippe Büttner e Ulf Küster
Fondazione Beyeler
Baselstrasse 101 – Riehen/Basilea – CH-4125
Orario: tutti i giorni dalle 10 alle 18, il mercoledì fino alle 20
Ingresso: intero CHF 21; ridotti CHF 18/12/6. Riduzioni i lunedì feriali (ore 10-18) e i mercoledì (ore 17-20)
Info: tel. +41 0616459700; fax +41 0616459719; fondation@beyeler.com www.beyeler.com
Catalogo Hatje Cantz, testi in tedesco.

Come arrivare: treno Cisalpino (www.trenitalia.com) da Milano; voli easyJet (www.easyjet.com ) da Napoli e Roma-Ciampino.
A Basilea tram n. 6 dalla stazione Badischer Bahnhof e da Messeplatz, in direzione Riehen Grenze


*foto in alto: Jeff Koons, Woman in Tub, 1988 – courtesy fondazione beyeler


[exibart]

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