La mostra di Artur Zmijewski si apre con la visione di un nuovissimo video, Karolina (‘02), sull’agonia di una ragazza polacca di 18 anni, affetta sin dall’infanzia da un inarrestabile cancro al sistema osseo, che la costringe a letto tutta la giornata rendendole estenuanti anche i movimenti più semplici. Per alleviare le sue sofferenze le vengono somministrate droghe analgesiche che conducono però a sintomi di assuefazione. Lo spettatore è costretto così, proprio malgrado, a lanciare uno sguardo crudo e impietoso sul dolore famigliare e privato di Karolina, che a causa dei dolori acuti e degli effetti stupefacenti prodotti dagli farmaci, perde coscienza della propria corporeità, trovandosi a esperire uno stato di derealizzazione e depersonalizzazione radicale, nel quale solo il dolore non cessa di manifestare tutta la propria devastante violenza. La seconda sezione di lavori, 140 cm.(’99), costituita da 3 fotografie di grande formato, presenta un gruppo di 5 persone, le cui dimensioni non vanno oltre i 140 cm di altezza, affette da gravi handicap fisici, quali nanismo e rachitismo, nell’atto di denudarsi e presentare all’occhio del fotografo tutta la loro infermità. Nelle intenzioni dell’artista si tratta di una raggelante comparazione morfologica tra infermità fisiche normalmente considerate
La terza ed ultima sezione della mostra, An eye for an eye (’98), consta di 5 foto, in cui l’interazione e la sovrapposizione plastica di uomini sani ad altri affetti da gravi handicap, quali la mancanza di gambe o piedi, dà origine ad autentici ibridi fisici, che nella articolata giocosità delle loro pose, riecheggianti anche la statuaria classica, segnalano l’intento ironico e sdrammatizzante di Zmijewski.
L’artista polacco appare impegnato a condurre lo spettatore nel pieno della proprio ricerca sul tema del corpo, confrontando il sano con il malato, l’abile con il disabile, il cosciente con l’incosciente e ponendo tutta una serie di quesiti e riflessioni di forte spessore esistenziale-filosofico, quali il rapporto con la nostra fisicità, l’esperienza del dolore, sia fisico che spirituale, e l’ambiguo meccanismo del confronto sociale tra il normale e il diverso. La pratica artistica di Zmijewski è dunque una semantica della fisicità, nella quale, attraverso il corpo divenuto metafora di condizioni interiori di scacco e impossibilità, l’arte smaschera e mette a nudo, letteralmente, i nostri incubi e le nostre paure più nascoste.
Luigi Fassi
visitata l’8 giugno 2002
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Mostra interessante che mette a nudo i nostri incubi e le nostre paure più nascoste e il confrono sociale tra il normale e il diverso.
Artur Zmijewshi, con la sua arte, vuole portarci a capire le sofferenze che prova chi è affetto da gravi handicap.