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fino al 24.I.2011 | Claude Monet | Paris, Grand Palais

di - 11 Ottobre 2010
La mostra, divisa in 17 percorsi, ruota
intorno al 1890, anno di svolta nella carriera di Claude Monet (Parigi, 1840 –
Giverny, 1926) che s’impone come uno dei più importanti paesaggisti: le sue
tele vengono quotate 2.500 franchi, quando un litro di latte costa 10
centesimi.

La visita si apre con i lavori nella foresta
di Fontainebleau (1865), prosegue con quelli in Normadia, tra cui la Terrasse
à Sainte-Adresse
(1867), poi nella periferia parigina, con la celebre Grenouillère
(1869);
ecco Parigi, con La gare Saint-Lazare (1877), Londra con Le Parlement,
effet de soleil
(1903), ma anche i paesaggi di Vétheuil (1880), Argenteuil
(1871-73) e Giverny, dove Monet risiedette sino alla fine dei suoi giorni.
Ancora oggi si può visitare la sua dimora con lo stagno e le celebri ninfee, il
ponte giapponese e il bellissimo giardino.

Il viaggio continua a sud, sul Mediterraneo,
da Antibes (1888) a Bordighera (1884), e poi a Venezia, dove spicca Le
Palais Contarini
(1908). Una sala è dedicata alle cinque variazioni di Roy
Lichtenstein
ispirate ai dipinti della cattedrale di Rouen.

Tre sono i fili conduttori della
retrospettiva. Primo è la ripetizione del soggetto, tecnica che Monet svilupperà
dal 1880 al 1890, stimolato dagli effetti della luce e dalle sue variazioni. Il
secondo è l’interiorità, l’aspetto meditativo nella pittura di Monet, come
nelle tele dipinte a Venezia nel 1908, in cui prendono vita paesaggi immaginari
in una città deserta. Terzo è la decorazione, che trova la sua massima
espressione nel ciclo delle Nymphéas (1920), decorazioni murali di casa al museo
dell’Orangerie.


Panta rei
, il celebre aforisma di Eraclito
secondo il quale il continuo mutamento non permette all’uomo di ripetere
un’esperienza più d’una volta, sembra risolversi nella ricerca pittorica di uno
fra i massimi esponenti dell’Impressionismo. “Questi paesaggi d’acqua e di
riflessi sono diventati un’ossessione
, scrive Monet. In questo contesto s’inserisce
l’ossessione per la ripetizione dei temi, per afferrare l’attimo fuggente (si veda
la serie sulla Cattedrale di Rouen, le Ninfee o i Covoni).

Protagonista di questo continuo divenire è la
luce, trattata come elemento organico e non come artificio stilistico; luce che
rende l’atmosfera ente sensibile, fa fuoriuscire l’essenza dei soggetti, e in
particolare l’acqua, tema prediletto dell’artista. “Tutto cambia, anche se
di pietra
”, asserisce il grande paesaggista, che non cerca di rappresentare il
trascendentale ma l’esperienza unica e irripetibile del visibile. Come in La
Manneporte
(1886), la grande roccia ad arco incastrata nel mare di Étretat,
nel nord della Francia, meditazione sul trascorrere del tempo tra geologico e
atmosferico.


Ma la rapidità delle sue pennellate si
contrappone al desiderio di contemplazione; scrive Monet: “È con l’osservazione,
le riflessioni, che si trova
”. La pittura come filosofia, dunque, in cui
la riflessione prende il via dall’effimero e viceversa. Come sosteneva Wittgenstein,
la filosofia è un’attività concreta, non mera teoria.

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mostra visitata il 22 settembre 2010


dal 21 settembre 2010 al 24 gennaio 2011

Claude Monet

a cura di Sylvie Patin

Grand Palais – Galeries nationales

3, avenue du Général
Heisenhower – 75008 Paris

Orario: tutti
i giorni ore 10-22; martedì ore 10-20

Ingresso:
intero € 12; ridotto € 8

Catalogo Réunion
des musées nationaux, € 50

Info: tel. +33
0144778007;
information.gngp@rmn.fr; www.monet2010.com

[exibart]

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