Il cerchio, lo specchio, petali di rosa ed un soprabito rosso. Nonostante siano questi gli elementi visivi predominanti nella recente mostra di Kate Davis, ridurre l’intero lavoro a questi simboli non rende il senso di un’operazione più complessa fatta di rispecchiamenti, di enigmatici giochi di lontananze e vicinanze, di fughe ed insieme ritorni. L’attenzione “poetica” dell’artista è come sempre rivolta a quegli aspetti dell’esperienza umana che rimangono invisibili, appena tracciati per associazioni tramite l’installazione, la fotografia, il video ed il disegno, in un equilibrio sottile tra lo spirituale/sensuale e la documentaria e distante razionalità.
“Pond”, con i tre specchi circolari al centro della sala superiore, riflette sullo e dello spazio circostante insieme includendo ed escludendo lo spettatore nel gioco di riflessi. Sulle tre pareti circostanti tre fotografie di grande formato mostrano la stessa figura di donna, l’artista, con il tipico soprabito rosso nell’atto di attraversare un giardino di rose, volgendo le spalle allo spettatore (ancora incluso/escluso). Queste tre identiche immagini ricordano la presenza e funzione degli specchi al centro della sala ma non partecipano al gioco di riflessi. Sono le statiche rappresentazioni piuttosto che i dinamici rispecchiamenti del movimento di fuga, per di più confrontate con il realismo documentario di una quarta fotografia, di dimensioni ridotte e raffigurante una donna in tenuta da giardiniere nell’atto di sfogliare delle rose.
Questo gioco di confronti e riflessi lontani/vicini dialoga ironicamente con un video nella sala sottostante della galleria, realizzato da Kate Davis durante la Pentecoste a Roma.
L’oculus del Pantheon domina l’intera proiezione con la sua circolarità spirituale e metafisica. Petali di rosa lentamente scivolano dal vuoto circolare nella pioggia di fiori con la quale viene celebrata la Pentecoste. Il tono tra idilliaco e mistico viene improvvisamente interrotto da un oggetto indistinto di colore rosso, finchè non si riconosce la caduta libera del soprabito rosso. Veniamo investiti dall’oggetto in caduta e dall’abbacinante colore rosso che finisce per inondare la proiezione, lasciandoci con un irrisolto enigma, insieme ammaliati ed estraniati.
Una serie di disegni fa da commentario all’installazione e al video: accanto ad una versione unica ridotta delle fotografie nella sala superiore, la “condizione” dell’ immagine femminile di spalle (“Condition” è il titolo comune di questi disegni) ritorna nel suo sdoppiarsi, raccontata nella sua fuga fino all’abbacinamento dei sensi nel disegno bianco su bianco.
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Irene Amore
vista il 20 Aprile 2002
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