Continua, in Europa, a manifestarsi l’interesse verso l’arte di Giorgio Morandi, l’artista bolognese che, pur essendosi mosso poco dalla città natale, tanto ha influenzato l’arte moderna e contemporanea con la sua pittura meditativa.
Dopo le mostre estive londinesi, svoltesi alla Tate Modern e alla Estorick Collection, ecco ora la volta di Parigi ospitare una piccola, ma importante esposizione, che intende approfondire la comprensione del meccanismo seriale della produzione artistica di Morandi, attraverso l’uso constante degli stessi modelli. Non una retrospettiva quindi, ma una selezione attenta di ottanta opere tra dipinti e disegni realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta, provenienti dalle collezioni della Tate Modern.
E’ la quotidianità ad essere in primo piano: bottiglie, bicchieri, che in un ripetersi preciso e limitato di tipologie ci propongono l’arte tranquilla, ma non certo casuale di Giorgio Morandi. Nulla infatti era lasciato al caso, ma le sue composizioni erano attentamente studiate nei rapporti di luce, di spazio e pieno, di distanza tra gli oggetti e il pittore.
Percorrendo il ritmo continuo delle sue forme, rigorose e tranquille si percepisce una qualità che costruisce in modo architettonico lo spazio. Spazio all’interno del quale l’organizzazione cristallina degli elementi, che vi si depositano con leggerezza metafisica, trascende da un rapporto con la realtà. Ma proprio dalla realtà parte Morandi. E per riprendere le parole del maestro “…non c’è niente di più surreale, niente di più astratto, della realtà”.
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Roberta Serra
[mostra visitata il 10 ottobre 2001]
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