La Spagna è il secondo paese, dopo l’Italia, a conservare il maggior numero di opere di Tiziano. Si trovano quasi tutte nello strettissimo giro di pochi metri, fra il Prado e la collezione Thyssen-Bornemisza, a Madrid o a El Escorial. Oggi sono riunute nell’esposizione monografica che il prestigioso museo madrileno ha pensato di dedicare ad uno dei protagonisti indiscussi della pittura del ‘500, dopo un attento recupero filologico dei fondi tizianeschi della propria collezione ed anni di studio, ricerca e mirate campagne di restauro.
La mostra si articola in cinque sezioni che approfondiscono, secondo un rigoroso
Apre significativamente la rassegna La Zingarella (1510 c) che subito introduce il problema della formazione di Tiziano, ancora qui fortemente condizionato dalle “calme e statiche” Madonne a mezzo busto di Bellini.
Seguono gli anni delle rivoluzionarie opere per Santa Maria dei Frari, nuove nel genere delle pale d’altare, e quindi delle prestigiose commissioni a Ferrara, per il duca Alfonso d’Este, e a Mantova, per Federico Gonzaga, tramite diplomatico per i primi contatti con l’imperatore Carlo V. Al legame che legò Tiziano alla famiglia reale di Spagna, si devono i numerosi capolavori presenti a Madrid, dai celeberrimi ritratti di Carlo V,
Si arriva dunque al Tiziano “terribile” della maturità, al Tiziano “informale”, “pittore di macchie”, libero nel segno e nella convulsa messa in scena di drammatiche sacre rappresentazioni; la sua pittura è ora più mossa e tormentata, la brillante cromia delle prime prove cede il passo a più terribili passaggi chiaroscurali, ad improvvise, dolorose luminescenze. È la fine; ma anche l’inizio di una pittura libera dalle strette maglie e dalle linearità del disegno, un abbrivio alla evasione pittorica, al piacere sensuoso della materia che si sfalda e si anima di una vita che è dell’arte e della capacità di raccontare i propri miti. Forti o deboli che siano.
davide lacagnina
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