23 gennaio 2013

Manca la luce, si chiude il museo. Storia dell’ennesimo fallimento della cultura, che non salva il difficile territorio campano

 

di

Evan De Vilde, Eldorado, esposto al DAMA in occasione dell'opening
L’avevamo salutata con positività alla sua apertura, lo scorso ottobre. A Capua, in provincia di Napoli, aveva aperto DAMA, museo del contemporaneo associato con l’area archeologica e il laboratorio di restauro della città, che aveva creato una sorta di particolare amalgama che aveva visto in mostra, durante la prima tranche, anche opere di grandi artisti come Schifano o Pistoletto, Tano Festa o Del Pezzo. Ora, con una storia così incredibilmente surreale che può sembrare solamente il colpo di coda di tutte le vicende legate alla cultura in Italia, arriva la notizia che DAMA chiude. Avevamo scommesso più volte sulla vita delle associazioni e delle gallerie aperte in questi mesi, ma qui non si parla di “passi più lunghi della gamba” o mancanza di prospettive, si parla della bolletta della luce. Già, perché la società che dispone dell’energia elettrica sullo stabile di Capua ha deciso di staccare la corrente. E dal 18 dicembre DAMA è al buio. L’unico aiuto ricevuto dal Comune? Un generatore, che ha permesso di effettuare alla bell’è meglio l’opening dell’artista Luigi Guarino. Poi basta. E ad oggi tutto tace. Il curatore del DAMA, Ilario D’Amato, ha deciso così di affidare una lettera aperta indirizzata alle autorità: «L’apertura di DAMA fu salutata con entusiasmo dall’amministrazione comunale di Capua come motivo di orgoglio e possibilità di forte crescita turistica e culturale per l’intera cittadina» scrive D’amato, che dopo la sospensione della fornitura elettrica parla di una «totale immobilità dei soggetti preposti al normale funzionamento di una struttura culturale come il MAC di Capua, che pare incomprensibile e sconcertante, slegata da qualsiasi logica. Di fronte a tutto questo si resta affranti. Nulla è stato fatto dalle Istituzioni per risolvere il problema, neanche da parte del Sindaco, Dott. Antropoli, che oltre a ricoprire questo ruolo è anche Presidente della Struttura Museale MAC».
La domanda che sorge spontanea è proprio questa: il comune avrà pagato la bolletta? E se non l’ha pagata evidentemente della vita del DAMA non è particolarmente interessato, nonostante le apparenze, o no?  
«Resta un senso di scoramento che deriva dalle sovrumane difficoltà che chiunque voglia fare cultura incontra nel nostro Paese, ed in special modo nel sud. Sembra quasi che oscure forze si oppongano, spesso con successo, a qualsiasi iniziativa possa offrire visioni più estese del mondo, sembra che una volontà negativa agisca sempre e comunque per lasciarci quietamente vegetare nel nostro provincialismo e nella nostra arretratezza. Come è possibile tutto questo? Come è possibile che iniziative volte alla valorizzazione del territorio, che generano lavoro e che offrono, finalmente, un’immagine positiva della nostra bella Campania, spesso associata solo a episodi di criminalità, venga osteggiata e abbandonata a se stessa?» chiude D’Amato. Serve un miracolo o serve solo che qualcuno apra le casse per riaprire il rubinetto?  Quel che è certo è che forse si può già considerare il sipario calato su questa effimera esperienza, sotto certi aspetti particolarmente vicina alle esperienze al CAM di Casoria. E che di certo non fa onore al proprio territorio.

1 commento

  1. chi ancora crede di far gestire l’arte contemporanea al sud, dalla politica e dai suoi personaggi locali, o è un ingenuo, o non hà compreso onto-socialmente la realtà di questa e non solo,parte di nazione (orribile).il fare arte come il fare politica deve cercare di sganciarsi dalle istituzioni politiche di una nazione in cui un ministro afferma< con la cultura-arte non si riempie la pancia....> questa è la loro decrepita -volgare visione dell’arte e della cultura.il loro compito principale è gestire il loro potere in modo anche corrotto, naturalmente eccezioni ci sono, la puglia? ma questi sono tempi di crisi economica-sociale-morale terribili…..

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